Il tempo che passa.

                    Ci penso alle volte, ma poi, quando torno in un luogo dove sono già stato e lo trovo inalterato, ho la sensazione che non mi appartenga più, perché nel frattempo sono cambiato ed è proprio quel cambiamento che me lo fa vivere come un estraneo.

E di posti ne ho girati tanti e tanti li ho vissuti intensamente.

Mi è successo qualche anno fa, avevo deciso di fare una rimpatriata con vecchi compagni di scuola di quand’ero in Sicilia. Ero in vacanza alle Isole Eolie e quale occasione migliore per farlo e così, dopo un giro di telefonate, decidiamo d’incontrarci per pranzo. Il giorno prefissato, prendo l’aliscafo, non senza una certa emozione.

                   All’arrivo c’è un amico che mi aspetta. Baci e abbracci vari e poi salgo in macchina. Dopo alcuni momenti di inevitabile imbarazzo, incominciamo a raccontarci un po’ di cose.

Durante il tragitto per il ristorante, approfitto per guardarmi intorno. Vedo una città diversa, strade e palazzi irriconoscibili, praticamente un altro mondo. Ma c’era un’atmosfera familiare che, malgrado tutto, non riuscivo a percepire bene, insomma, in qualche modo, mi sentivo come se fossi tornato a casa, diversa, ma fondamentalmente per certi aspetti uguale.

Arriviamo al ristorante entriamo nella sala e ho la strana sensazione che tutti gli occhi dei presenti fossero puntati addosso a me. Ancora baci, ancora abbracci, gli stessi sorrisi e lo stesso modo di parlare di tanti anni fa. In effetti, gli amici non erano cambiati molto; ridevano e scherzavano tra di loro come ai vecchi tempi, qualche rughetta, qualche capello bianco che s’intravedeva, ma fondamentalmente più o meno uguali.

                     Inutile dire che ognuno aveva qualcosa da chiedermi, ma per tutto il pranzo, la sensazione che tutto fosse rimasto come prima, non mi ha abbandonato nemmeno per un attimo. Era come se lì il mondo si fosse fermato. Eppure, alcuni erano sposati con figli, per ognuno di loro, la vita era senz’altro cambiata. Eppure…

Ero io il diverso, ero io che, per tutta una serie di motivi, non per ultimo il fatto di essere andato via da quei luoghi e aver avuto il bisogno, la necessità di ricominciare daccapo, non ero più la stessa persona, né migliore né peggiore, e man mano che me ne rendevo conto, nonostante l’emozione, i ricordi, mi sentivo come un estraneo.

                    Forse è proprio vero, nulla ci appartiene per sempre, in un caso o nell’altro, è sempre meglio ricominciare.

9 pensieri su “Il tempo che passa.

  1. E’ strano, e non facile, quando si vivono realtà diverse, e non si è più né l’una né l’altra: si hanno due cuori, due anime, e in ognuna delle varie realtà ce n’è una parte familiare ed una estranea, in nessuna siamo completamente noi, ma da nessuna davvero fuori.

    Capita ai cuori nomadi… anche ai corpi nomadi… bisogna rassegnarsi ad essere “Uno, nessuno, centomila”.

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  2. Non a caso Pirandello era un essere umano, soggetto ai sentimenti, e a i turbamenti, di noi tutti.

    Io adoro Pirandello, e non perché sia siciliano ( 😛 ), ma per la sua capacità di rendere le contraddizioni dell’animo umano: conosci “La signora Morli, una e due”?

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  3. Forse dipende anche dalla persona, nulla ci appartiene per sempre, eppure ci sono casi nei quali invece si verifica l’esatto contrario, ci sono luoghi, cose, persone, che ci appartengono per sempre. Nonostante la distanza, nonostante il passare del tempo, restano inalterati in noi. Almeno per me è così…

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  4. Passano gli anni,ed una parte della nostra vita è andata via per sempre,nomi,volti che non ci sono più ma che,inconsciamente,speriamo di ritrovarne l’odore,periodi legati ad un epoca che giocoforza,non ci appartiene più,inutile tentare di ricostruire come è inutile tentare di dimenticare.Credo che queste rimpatriate collettive siano un pò difficili da gestire per tutti i partecipanti,forse i tuoi amici volevano farsi ricordare da te per come li avevi lasciati,per farti sentire più nel tuo mondo,una carineria da apprezzare!Ma in linea di massima c’è sempre qualcuno che finisce per ridere a denti stretti,forse è meglio incontrarne uno,casomai quello con il quale non hai mai perso i contatti e vedersi ad un bar,così per il tempo di un aperitivo,almeno per me,andrebbe bene così,avendo la piena consapevolezza di essere legata ad un periodo al quale delle persone hanno vissuto la stessa mia esistenza,ma non più di quello.

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  5. Io infatti alle rimpatriate del liceo non vado più: stesse battute, stesse malignità, stesse invidie. Tutti ancorati come patelle agli stessi scogli.
    Per questo non sono nemmeno su Facebook, meglio guardare avanti e fare nuove amicizie.
    Francamente, delle mie passate amicizie non c’è che Sol, e questo si spiega facilmente, perché anche lei è sempre ‘in movimento’, come me.

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  6. @ Aracne: beh, che tu abbia conservato l’amicizia solo con la nostra Sol è più che comprensibile, comunque sia, essendo ormai da anni lontano dalla Sicilia, se non altro mi sono risparmiato le cene di quel tipo, ma alle volte la nostalgia mi fa desiderare d’incontrare qualcuno di quegli amici di giochi e con alcuni, di avventure.

    Evvabè… .-)

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  7. @ Carlotta: non è tanto il passare degli anni, ma non aver più nulla in comune, perché la distanza, persino il modo di concepire la vita ci ha in qualche modo separati. E’ solo un po’ di nostalgia. Pensa che l’altro giorno ho scoperto per caso che un mio compagno di liceo di Nuoro (sono stato anche in Sardegna…), con il quale ho fatto anche qualche anno di università e che da tanto pensavo di contattare così giusto per una rimpatriata, è morto nell’agosto 2010 e sono rimasto impietrito. Era un caro amico e dopo l’università ci eravamo completamente persi di vista. Era architetto anche lui e ogni tanto seguivo delle notizie che lo riguardavano.

    Ci sono rimasto male.

    Mannaggia, il tempo che passa!!!

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