Arte di strada?

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Me ne ero quasi dimenticato, mannaggia.

Provocazione o intenzionalmente un’opera d’arte, chissà? Era per le strade di Forte dei Marmi questa estate e la cosa mi aveva fatto sorridere abbastanza, un po’ per com’era – transenne, lapide con scritta in stampatello un po’ traballante – un po’ perché sembrava così seria che non potevo non prenderla in considerazione.

E allora mi son detto: “in un’epoca così controversa, vuoi che l’arte non si rappresenti per ciò che è realmente? Cioè, nuda e cruda? “

Probabilmente in un contesto diverso – una galleria d’arte, alla Biennale – chissà quanti fiumi di parole, invece per strada era lì solitaria, quasi a chiedere scusa per esserci. Senz’altro per un sorriso o qualche distratta considerazione.

Ari_mannaggia!!!

Scolpire la luce!

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Come già accennato nel mio post precedente, non solo mare o bella compagnia questa estate, ma anche un po’ di arte.

Confesso però di sentirmi confuso di fronte all’arte moderna, qualunque sia la sua matrice. Quadri, sculture, opere che affondano la loro esistenza in un ripetersi monotono alla ricerca di un dejà-vu spesso sconfortante, che probabilmente rincorre la novità, senza per questo trovarla.

Le istallazioni, grandi o piccole che siano, sono diventate un’abitudine, una moda e in tante di queste, il nulla è di casa, o almeno questa è la mia impressione. D’altra parte un’opera, se da sola non si esprime, forse che insieme a delle altre acquista una dimensione diversa?

Ecco da cosa nasce la mia confusione, nel non sentirmi coinvolto, quella parte emozionale di me che a gran voce chiede di voler partecipare, si sente tagliata fuori e così i miei occhi scrutano senza curiosità opere una accanto all’altra, come se fossero inutili oggetti riposti su di uno scaffale di un supermercato.

Ma capita anche di leggere recensioni di artisti tra l’altro quotati che pur di “giustificare” delle scelte artistiche a dir poco discutibili, secondo me, esprimono l’inverosimile; e così un gioco di specchi sapientemente collocati in un’istallazione dentro le sale di un palazzo antico, è l’inizio, l’invito di un susseguirsi d’immagini che dovrebbero portarci a chissà quali considerazioni psicosocialfilosofiche.

Maddai!!! Continua a leggere “Scolpire la luce!”

Firenze, la mostra con Chagall…

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La Crocifissione bianca di Chagall

Se non fosse al tempo stesso ridicola e farsesca la cosa, potrei dire tranquillamente che mi veniva da ridere leggendo oggi su Repubblica la notizia con un titolo alquanto eloquente “Firenze, la mostra con Chagall e Van Gogh vietata ai bambini della scuola: “Urta i non cattolici”. Ma non è così, purtroppo, proprio perché da ridere c’è ben poco, se si considera che a volte la voglia di protagonismo mista a ignoranza ha degli effetti devastanti.

E veniamo alla cronaca.

La Crocifissione bianca di Chagall, il quadro preferito da Papa Francesco che per l’occasione della sua visita a Firenze era stato spostato da Palazzo Strozzi al Battistero, non potrà essere visitato dagli alunni della terza elementare della scuola Matteotti del capoluogo toscano. E così neanche la Pietà di Van Gogh, la Crocifissione di Guttuso, l’Angelus di Millet e le altre cento opere della mostra Divina Bellezza. Ai bambini dell’istituto così non sarebbe concesso di conoscere le sculture di Fontana, ma anche i quadri di Munch, Picasso, Matisse che, nell’esposizione fiorentina, riflettono sul rapporto tra arte e sacro avendo come filo conduttore proprio il tema della religione.

La gita per gli alunni del Matteotti è vietata. Il motivo? La visita è stata annullata per tutte le terze per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche visto il tema religioso della mostra”  (dall’articolo di Gerardo Adinolfi e Valeria Strambi su Repubblica del 12 novembre 2015 )

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Impara l’arte e mettila da parte. Oppure no?

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Non capisco, mannaggia, non capisco. Non capisco cosa c’entri l’arte con certe performance che di artistico hanno poco a che fare, secondo me. Sì, c’è l’idea, che solo a pensarla immagino debba esistere una mente a dir poco perversa, ma d’altra parte si sa, l’artista o chi si industria per apparirlo, deve essere un po’ pazzoide, fuori dalle righe, ma il troppo è troppo ari_mannaggia, deve esserci un filo conduttore, un qualcosa che chi guarda possa provare, che siano sensazioni, o emozioni, insomma, qualcosa, qualunque essa sia.

Oggi, navigando qua e là m’imbatto in un sito, dove una mia vecchia conoscenza che non vedo da almeno 15 anni e che, trasferitasi a Parigi, si è dedicata all’arte – fotografia, pittura e quant’altro beata lei – pubblicava un video di una sua performance. Con l’aiuto di un’amica, in uno spazio quadrato delimitato da linee, tirava fuori da una scatola di legno dei bastoncini appuntiti che sembravano delle grosse sottili matitone, di circa un paio di metri l’uno e dopo averli appoggiati per bene sulla parete che faceva da sfondo, indossata una maschera, li posizionava sul pavimento buttandoli a casaccio uno sopra l’altro, aspettando che rotolassero fino a fermarsi.

Avete presente lo Shangai, quel gioco che si fa con i bastoncini? Più o meno la stessa cosa, o almeno questa è stata la mia impressione. E poi, mi sono detto? Dove sta la novità? L’idea se pur simpatica, mi sembrava piuttosto uno scimmiottamento di una delle tante istallazioni anni ’70 che inneggiavano all’arte oggettuale – a questo proposito mi vengono in mente tanti trenini di legno diligentemente messi uno dietro l’altro che facevano bella mostra di sé in uno scenario fantastico di una chiesa sconsacrata – dove il significato era affidato più al pensiero di chi l’aveva immaginata, piuttosto di chi stava lì a vederla.

E già che poi di fronte a queste cose si rimane un po’ intimiditi, nessuno ha il coraggio di dire che non c’ha capito nulla e magari ci si complimenta con l’autore per l’idea geniale, come sempre succede.

L’arte, ho idea, dopo la famosa “Merda d’artista” di Piero Manzoni del 1961, credo abbia perso ogni ritegno, qualunque cosa è considerata opera artistica se solo è ben pubblicizzata e se ha la fortuna dell’appoggio e della recensione di un ben noto critico d’arte.

C’è ne tanta secondo me di arte buona al giorno d’oggi, astratta o figurativa che sia, arte che con la sua forza espressiva si pone al di sopra di opere che, caso contrario, spesso cadono nella banalità più assoluta. Non basta un’idea che sconvolga o che stupisca, serve dell’altro. Come questa estate, quando, entrato in una chiesetta Romanica ad un’unica navata, la prima cosa che ho detto ad alta voce è stata: “Che bella!”

Ecco, se un quadro, un’istallazione o una scultura mi provoca questa emozione, allora è arte, altrimenti è solo un normalissimo, banalissimo dejà-vu

*** Nella foto due opere del celebre scultore recentemente scomparso Igor Mituraj in argilla, matrici originali di successive fusioni in bronzo esposte nella chiesa di Sant’Agostino a Prietrasanta (Lu). La città di Pietrasanta ha dedicato al maestro una mostra con alcune opere monumentali nella piazza del Duomo.

Emozione pura, senz’altro da vedere.

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*** Le statue di Igor Mituraj viste da un’altra angolazione nella Chiesa di Sant’Agostino a Pietrasanta, edificata nel XIV secolo. Oggi nella chiesa il culto è sospeso e viene utilizzata soprattutto nei mesi estivi per delle mostre.

L’opera che non c’è!

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“L’arte è immaginazione e questo è quello che chiedo alla gente di fare. Devi immaginare il dipinto o la scultura che stai ammirando”

E in effetti l’opera non c’è, e la gente fissa, a quanto pare con interesse, le pareti completamente vuote e… bianche della galleria.

No, non sto scherzando, la mostra è stata fatta alla Schulbert Gallery di New York da Lana Newstrom, una giovane artista di 27 anni che candidamente dichiara che è solo una questione di immaginazione e di libertà di espressione.

Partendo dal presupposto che l’arte, qualsiasi sia il modo di rappresentarla, è comunque frutto dell’immaginazione, mi sembra un po’ azzardato ritenerla tale se l’opera manca. Cos’è che immaginiamo allora?

Se mi metto davanti ad una parete e sono “costretto” a immaginare qualcosa che non c’è, sono io l’artista oppure lo è chi mi ha costretto a farlo?

No, non ci siamo. Personalmente mi sentirei preso in giro. Trovo piuttosto che sia una delle solite trovate pubblicitarie per sponsorizzare il nulla a quanto pare.

Provocazione o mancanza di idee?

Probabilmente né l’uno né l’altro, soltanto il bisogno di stupire, cosa che oggi va molto di moda.

‘nnagg…!!!

L’omologazione e l’arte.

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Capita alle volte di andare in giro soprattutto in vacanza, rendendosi conto che ciò che ci offre questo mondo sempre più globalizzato è tutta una serie di “prodotti”, nel consumo, nella cultura, nei costumi e perfino nel pensiero, che nella loro essenza più propria ha totalmente perso unicità.

Volendo banalizzare, basta fare un giro tra le bancarelle che si trovano nei centri turistici, sempre meno turisti che si accalcano per curiosare e sempre più gingilli tutti uguali tra di loro.

Un prodotto omologato dunque, probabilmente frutto di stranissime ricerche di mercato. Qualcuno pensa ai nostri bisogni per renderli ogni giorno sempre più simili e uguali agli altri. Appunto!

Che meraviglia. E non solo.

Girando per gallerie d’arte questa estate ho avuto la stessa sensazione; quadri, sculture, piccole istallazioni che non comunicavano ahimè nulla di nuovo, anzi, un déjà-vu per certi aspetti sconcertante. Oggetti belli – alcuni – giusto adatti per stare in bella vista in un soggiorno, un elemento d’arredo dunque che con l’arte, intesa come l’espressione di un’emozione pura e unica, non ha nulla a che vedere.

Forse stiamo vivendo un momento storico un po’ confuso, tanto fermento, nell’arte in genere, nel design, nell’architettura, nella musica, complice la comunicazione che grazie alla rete è immediata, ma allo stesso tempo una carenza di idee che proprio nell’omologazione trova tristemente riscontro.

Tanti mezzi espressivi utilizzati per comunicare, video, film, istallazioni, una narrativa dove spesso l’opera stessa non esiste, perché è più importante stupire, ci si affida all’evento piuttosto che ai contenuti, dove alla fine anche l’emozione è un vago ricordo.

Forse sono io che non mi accontento più, vorrei vorrei vorrei, tanta energia dentro di me, ma anche tanta noia per ciò che incontro.

Evvabè, tiriamoci su le maniche, chissa!

La foto.

                    Ieri sono andato a vedere la mostra fotografica di un giovane autore, una donna, e una delle cose che mi ha colpito di più, era la sua disinvoltura nel rappresentare la realtà come se fosse tutt’altro.

Nessuna tecnica strana; le foto non mostravano segni di elaborazioni a computer, anzi, sembravano appena uscite da una camera oscura, fresche di stampa e quindi nessuna pretesa di apparire diverse da quelle che erano, se non per come l’immagine era stata vista, o forse è meglio dire, vissuta dall’autore e, credetemi, l’effetto era magnifico. Continua a leggere “La foto.”

Emozionarsi con l’arte.

Leggendo il bell’articolo di Solindue “Identità Virtuali”, sulle istallazioni contemporanee, mi sono chiesto quale fosse il mio approccio emotivo nei confronti dell’arte e partendo dal presupposto che per apprezzarla la conoscenza è fondamentale, ho ripercorso alcuni momenti della mia vita che per certi versi mi sono rimasti dentro, tanto da non riuscire a dimenticarli. Il primo è stato la prima volta che sono stato a Parigi, una visita “d’obbligo” da fare al Museo del Louvre e l’impatto con la Gioconda di Leonardo da Vinci. Continua a leggere “Emozionarsi con l’arte.”