Oops!!!

Penso che la cosa più difficile sia entrare nella vita delle persone, che non vuol dire conoscerle, ma farne interamente parte, dividere con loro tutto ciò che c’era “prima”, per poi farlo diventare “dopo”.

Così, un pensiero, giusto per dire!

*** Beh, di là – nel blog fotografico – ho riproposto una vecchia foto e qui, insomma, un vecchio pensiero con un mio “graffio” – come l’ha chiamato il mio caro nipotino Dino – Il tempo, mannaggia, il tempo!

Sorrido? Ma sì, dai, sorrido!

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BuonGiorno, con tutte le vocali e consonanti, e sapete perché? Perché oggi non voglio farmi mancare nulla.

Ieri sentivo alla televisione di questi nuovi poveri che non si ha voglia di guardare. Sono quelli silenziosi, quelli che girano senza porgere nessuna mano, quelli che vanno a mangiare alla Caritas e ci dormono se non trovano posto per strada, quelli che per una sorta di strana alchimia non solo non guardiamo ma al solo pensiero di scambiarci due parole ci viene l’orticaria; ma anche quei vecchietti che di sera stanno con la luce in casa spenta per risparmiare sulla bolletta, gli stessi che il Natale lo passano da soli e il panettone che non c’è sarebbe il male minore, visto che non c’è neanche un sorriso, una buona parola o un bacio sulla guancia. Gli stessi che magari al supermercato rubano una barretta di cioccolata e che se scoperti diventano di tutti i colori sentendosi per la vergogna anche male.

Non voglio fare la solita filippica del tutto schifo e del tutto sbagliato, però alle volte mi rendo conto di quanta ingiustizia ci sia in questo mondo.

Ricordo che alcuni anni fa girando di sera per le strade di Londra, mi aveva colpito una cosa che oggi sempre più spesso vediamo anche nelle nostre grandi città, alcuni clochard che dormivano coperti da cartoni al riparo nelle rientranze dei negozi.

Ma quanti erano mannaggia!!

Tutte le mattine venendo in ufficio vedo all’angolo di un semaforo sempre la stessa persona che cammina con il piede tutto storto e chiede l’elemosina. Qualche volta mi è capitato di vederlo correre in bicicletta o camminare veloce a piede senza alcun problema! Non gli ho mai dato nulla. Lui ormai mi conosce e ogni mattina capita anche che ci si guarda ognuno con i suoi pensieri, io pensando alla pena che mi fa nel vedere questo suo lucrare su una menomazione che non ha e lui probabilmente pensando a quanto io sia stronzo per non aver mai nemmeno provato a lasciargli qualcosa. Sono sguardi silenziosi, ma con una carica di intolleranza che non passa inosservata.

Il fatto è che lui rappresenta ciò che altri, con giacca e cravatta fanno ugualmente, il raggiro per un suo tornaconto personale, che siano pochi spiccioli o che siano milioni di euro è la stessa identica cosa.
Ecco cosa dovrebbe cambiare, l’idea che ognuno di noi sia un’isola felice e tutti gli altri, buona notte al suonatore.

Evvabè, sorrido, perché sorridere è certamente un’alternativa positiva, quindi… BuonGiorno!

* Come eravamo…

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Come eravamo…

L’altra sera in una trasmissione su Rai1 c’erano alcuni ragazzini che cantavano delle canzoni e a sentirli, bravissimi, mi chiedevo cosa sarebbe stato di loro da grandi. E allora, mi è venuta in mente la mia storia, anzi devo dire l’intrecciarsi di storie che in qualche modo hanno caratterizzato la mia vita, i desideri, i sogni, le aspettative, magari anche soltanto abbozzate.

Ricordo che da piccolo mio nonno voleva che facessi il cantante, e infatti, organizzava le occasioni perché potessi dimostrare la mia bravura. Come poteva essere diversamente, visto che in famiglia eravamo tutti un po’ canterini; mia nonna con una bella voce da soprano, mio zio un tenore, serate durante le feste passate con mia madre al pianoforte e mio padre a cantare con i miei zii e con gli amici. In effetti, mi capita tuttora di farlo con gli amici accompagnandomi con la chitarra, cantando canzoni, passando serate, ma tutto son diventato tranne che cantante.

Che altro avrei voluto fare, boh, non mi ricordo in effetti, so che fin da piccolo giocavo con i colori, tant’è che i miei genitori a un certo punto tornando da un viaggio, mi regalarono una bellissima scatola di colori a olio tutta di legno che ho tuttora ed io a imbrattare tele su tele. Beh, avrei potuto fare il pittore, e mi ci vedevo anche chiuso in una soffitta con grandi vetrate, una sigaretta dopo l’altra, la barba lunga, la faccia scavata dalla sofferenza, e in effetti, ho anche passato un momento della mia vita a dipingere come un matto, la mia casa è piena di quadri, di disegni, di opere incompiute, ma tutto son diventato tranne che pittore.

Un’altra cosa che mi piaceva fare, era mettermi seduto nella mia poltrona preferita a occhi chiusi e immaginare di scrivere delle storie. Personaggi, intrecci complicati, persino dialoghi, tutto scorreva nella mia mente come in un film, dove ero sceneggiatore, regista e interprete, ma tutto son diventato tranne che scrittore.

E poi, e poi mi piaceva sognare ad occhi aperti, ma qualcuno mi aveva detto che sognare non si poteva fare come lavoro. Ma io niente, continuavo a farlo incurante di ciò che gli altri mi dicevano. In effetti, tutto son diventato nel frattempo, e intanto, non ho mai smesso di sognare.

E voi, voi come eravate?

Buon Compleanno Blog!

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Certo, non è facile parlare oggi a cuor sereno di feste e compleanni, il pensiero va inevitabilmente a chi dopo il terremoto ha perso ogni cosa, speranze comprese. In una casa ognuno di noi conserva una parte di sé che non sempre è visibile agli altri, affetti, ricordi, stati d’animo, quelle quattro mura offrono riparo e danno sicurezza, perderle è drammatico.

Ma comunque sia, la vita continua, detto non senza una certa amarezza.

Come ogni anno, il primo novembre festeggio un doppio compleanno, il mio e quello del mio blogghino, ormai tanti in entrambi i casi, mammaggia, ma anche l’onomastico di mio Papà Santi, che tanti di voi conoscono per le sue poesie. 

E ogni anno che passa mi rendo conto di quanta Meravigliosa Umanità sia passata tra queste pagine e di ciò che nel frattempo ho imparato.

E allora, grazie davvero ad ognuno di Voi.

Ma senza volermi dilungare più di tanto, vi lascio con un mio scritto di qualche anno fa, Gita al Mare, che parla di quel camminare insieme a me tanto caro che dovrebbe essere di ognuno di noi, se solo riuscissimo a capire quanto sia importante guardarsi intorno.

Buona lettura e… Buon Compleanno Blog!My beautiful picture

Gita al mare!

  Occhi verdi, capelli cortissimi tra il castano e il biondo rossiccio, un viso bellissimo, avrà avuto circa sei anni; seduto su di una carrozzina con due supporti che gli tenevano ferma la testa ed una cinghia che lo cingeva probabilmente per non farlo cadere, era proprio lì in riva al mare.

Il padre chino davanti a lui, tentava di fare un pupazzo con la sabbia bagnata e intanto parlava raccontandogli delle cose, sempre con un sorriso. Poco più in là, c’erano tre bambini che giocavano sul bagnasciuga a pallone, ridendo e rincorrendosi ogni volta che qualcuno di loro sbagliava bersaglio.

Nessun sorriso, nemmeno l’ombra che s’accorgesse di cosa ci fosse intorno a lui ma, lo sguardo era fisso lì, come se il rumore di quelle piccole onde, fosse un pensiero rivolto verso il mare.

Un momento vissuto; il ricordo di una gita al mare.

Un sorriso! Aspettami che arrivo.

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La scena sempre la stessa. Passano gli anni, cambiano le abitudini, la tecnologia imperversa ma le speranze e gli approcci in amore non cambiano mai.

Oggi – solita pausa pranzo, solito centro commerciale – ero a mangiare qualcosa e, tanto per non cambiare abitudine (…), tra un boccone e l’altro mi guardavo intorno. Accanto al mio tavolo c’erano tre ragazze e due ragazzi; loro, le ragazze, molto carine, spigliate, loro, i due ragazzi, insomma, che dire, due bortolotti senza arte ne parte, giusto per parafrasare un famoso detto che non passa mai di moda.

E così, battute e risate, mani che si sfiorano, occhi ammiccanti come per dire… sì, sì, mi piaci, non te ne sei accorto?

Loro, le ragazze, lanciatisime, loro, i ragazzi, beh, come sopra.

Guardandoli mi venivano in mente quei tempi fatti di speranze che cambiavano nell’arco di un mattino. Allora eravamo un po’ meno sicuri forse, ma la voglia di provare a confrontarsi uguale, uguale. Emozioni allo stato puro che, proprio perché tali, erano in balia di se stesse.

Che bello!

Ho continuato a guardarli, augurandomi in cuor mio che quei sorrisi e quella spensieratezza riuscisse a rimanere così com’era. Per loro, una speranza, dove nessuno si sveglia al mattino con una pistola o un macete in mano.

E magari, dopo, uno di loro che come me guarda sorridendo con tenerezza altre risate, altre mani che si sfiorano, occhi ammiccanti come per dire… sì, sì, mi piaci, non te ne sei accorto?

Tra un ferro del 12 e l’altro…

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Ieri WhatsAppando un po’ e un po’, ho sentito un’amica blogger con la quale in passato, poi non tanto remoto, ho scambiato un pezzetto di vita.

In effetti, lei mi ha visto nascere tra queste pagine ed era sempre un vero piacere leggere i suoi commenti, alcuni davvero profondi, incisivi e attenti, tant’è che più di una volta, dopo, mi sono stati d’ispirazione per scriverci dei pezzi, ai quali sono particolarmente legato.

Se dovessi fare un’analisi attenta di questi ormai sette lunghi anni di blog, verrebbe fuori un bilancio positivo, sia per tutte le persone che ho conosciuto e le belle amicizie nate nel frattempo, ma soprattutto per quella carica di umanità che loro hanno avuto la capacità di comunicarmi, rendendomi consapevole e ricco al tempo stesso.

Ma navigando, le sorprese non finiscono mai, e magari s’incontra qualcuno che parla di cose che non conosci, e che per tutta una serie di motivi, non sarà mai il caso di approfondire. Ma il suo modo di porle le rende così appetibili che non si può fare a meno di leggerle. Continua a leggere “Tra un ferro del 12 e l’altro…”

Potrebbe bastare un fiocco?

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Forse viviamo in un mondo che è pieno di solitudine?

E’ una domanda che mi pongo ormai da un po’, ma alla quale non so dare una risposta, ahimè.

Ieri ho saputo che una persona che conoscevo era morta in modo accidentale e malgrado non l’avessi mai frequentato, pur conoscendo la sua storia, mi è dispiaciuto molto. Separato dalla moglie da circa vent’anni, aveva poi rotto anche con il figlio che, ad un certo punto, non ne aveva più voluto sapere nulla. In tutto questo tempo, ha vissuto senza più rifarsi una vita – un’altra donna, un altro figlio – e tranne i genitori, frequentava pochissima gente. Niente amici dunque.

E malgrado siano passati diversi anni, non ha mai provato a riprendere il rapporto con il figlio e allo stesso modo, anche il figlio non lo ha mai cercato. Non l’ho mai capita questa cosa, non era successo nulla di irreparabile, ma l’orgoglio forse, senz’altro la paura di un rifiuto, aveva messo fine ad un rapporto che magari provandoci, quando ce n’era l’opportunità, si sarebbe potuto ricomporre.

In effetti, era successa la stessa cosa tra lui e il padre, che andato via di casa, aveva rotto con tutta la famiglia, figli compresi. Come è strana la vita!

E’ una storia triste, soprattutto perché la sua morte si è portata con sé un fardello difficilmente risanabile per un figlio che, allo stesso modo, non ha mai avuto il coraggio di affrontare un confronto con il padre, lasciando che il rancore, e quel che è peggio, l’odio e l’indifferenza, calasse inesorabilmente tra di loro.

Una storia come tante a dire il vero, con una costante, l’incomunicabilità, che secondo me è il vero male di questo nostro secolo controverso, con profonde radici sulla mancanza di valori veri, anche i più elementari, i ruoli, il rispetto, la condivisione, e non per ultimo l’amore e l’affetto, lasciando spazio all’indifferenza e al rancore, pur vivendo la vita con sofferenza.

E sì, penso che Lui abbia vissuto nel dolore tutti questi anni, così come il figlio immagino. Ma cos’è che impedisce alle persone di fare un semplicissimo gesto, magari porgere una mano?

Meglio soffrire. Piuttosto la solitudine.

Ma che enorme tristezza è mai questa!

Evvabè, potrebbe bastare un bel fiocco per fare pace con il mondo intero?

*** Camminare insieme.

Giusto oggi ho scritto una e-mail ad una cara amica con la quale ci siamo persi di vista, e pensando a lei, mi è venuto in mente questa pezzo che avevo scritto per Nonno Archimede nel lontano 2009, dove parlavo di quel “camminare insieme” tante volte da me blaterato.

Lo dedico a lei. 

L’altro ieri, ero seduto nell’autobus che mi porta a casa, e chi ti vedo? Un caro vecchio amico che non vedevo da tanto tempo, mi avvicino, gli do un tocchettino sulla spalla e gli faccio: “ Ciao Nino, che combinazione, come stai?” Lui si gira, mi guarda, inarca la sopracciglia e, tirandosi un po’ indietro, mi dice: “ Scusi, come sa il mio nome?” “Ma come” gli dico “non ti ricordi di me?” Sono Archimede, eravamo a scuola insieme e tu mi aiutavi sempre a fare i compiti, eri così bravo!“

“Ah si” mi risponde “ boh, può darsi, ma, sei sicuro? Guarda che non ricordo la tua faccia ed io non dimentico facilmente le facce“

“Ma si” incalzo io “ eravamo seduti allo stesso banco e tante volte mi hai anche salvato dalle interrogazioni ed io, in compenso, ti scrivevo le lettere per la tua morosina, che mi sembra si chiamasse Sarina, si, Sarina Calderoni, che bella ragazza che era. “

Ancora indeciso, continua a guardarmi e due piccolissime lacrime gli spuntano negli occhi.
Mi prende il braccio, continua a guardarmi senza dire nulla e poi: “ Sai” mi dice “ mi sono successe tante cose in quest’ultimi anni, non ricordo più bene chi ero, ho dei vuoti improvvisi e infatti, alle volte perdo anche la strada di casa mia. “

Mi commuove sentirlo parlare in quel modo, gli metto la mano sulla spalla e: “ Ma no, dai, non preoccuparti, anch’io sai, prima guardandoti non riuscivo a capire chi fossi veramente e allora sai, ho escogitato un sistema, porto con me una piccola agendina, con tutti i nomi delle persone che ho conosciuto, la guardo, sbircio il probabile che mi sta davanti e mi tuffo a pesce, sperando che sia quello giusto.“

Lui mi guarda, sorride un po’ e, tirando fuori dalla tasca un fogliettino assai malandato, mi dice: “ Scrivimi qui il tuo nome, così la prossima volta anch’io ti riconosco.“ E mentre lo diceva, stringe la sua mano sul mio braccio, come per dirmi qualcos’altro ma…

In quel mentre, l’autobus si ferma, l’autista grida il nome della fermata e allora lui mi riprende il foglietto e guardando ciò che c’era scritto, mi fa: “Scusa, sono arrivato, grazie per le tue gentilezze, è stato un piacere averti rivisto.“ Scende di corsa e s’incammina senza girarsi.

Che giornata!

Durante tutto il tragitto ho pensato sempre al mio amico Nino, a come era cambiato.
Mi aveva fatto tenerezza, sembrava così indifeso, quasi fosse nudo in mezzo a tanta gente, mannaggia, come era cambiato.

ft: nonno Archimede

* E già, e poi?

Alessi

“Oggi non te l’ho detto, è vero, perché abbiamo parlato di altro ma,  maglioncino a V abbottonato sul davanti color zafferano e pantaloni di velluto borgogna, dentro agli stivali color castoro. Oggi niente collana ma una sciarpetta nera attorno al collo per non sentir freddo sulla scollatura a V.

E poi, diresti adesso… “

   “E già, e poi?”

E’ vero, non ho mai fatto mistero della mia curiosità, anzi, perché essere curiosi, di quel tipo di curiosità, stimola la fantasia e la rende creativa, crea un contatto che in un gioco iniziato non si sa come può diventare una miscela esplosiva, dove anche i suoni, i colori, i particolari più insignificanti, fanno a gara in un primato di seduzione che come premio finale ha un solo obiettivo: emozionarsi, sentirsi complici, stare bene insieme. Continua a leggere “* E già, e poi?”

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Simo_da

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, famoso e strausato detto che trae le sue origini da una frase di Seneca sull’influenza negativa che la lontananza esercita sui ricordi di una persona.

Ebbene, cosa c’è di vero in tutto questo?

Se dovessi dare una risposta in base alla mia esperienza, direi che di vero c’è ben poco, visto che i ricordi che mi legano ad una persona, in positivo, li relego in una parte di me che difficilmente si dissolve come neve al sole. Quando in genere si affronta quest’argomento, io faccio sempre l’esempio di una mia cara amica che ho conosciuto ai tempi dell’università a Firenze, e che dopo varie peripezie di entrambi, ci siamo persi completamente di vista. Ci sentiamo raramente e raramente ci scambiamo qualche e-mail, eppure io ho la sensazione che malgrado tutto, quando la sento, mi sembra di averla lasciata il giorno prima. Continua a leggere “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.”