* Ricordi!

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Si può vivere anche di ricordi?

Ogni tanto me lo domando, perché alcuni sono così belli che mi dispiacerebbe perderli per strada. Ricordi d’infanzia, ricordi di nonni meravigliosi, ricordi che entrano ed escono dalla mia mente magari se solo vedo una foto, ricordi dimenticati che fanno capolino senza essere invitati, ma che poi lasciano una tenera impronta del loro passaggio.

Ricordi di una vita ormai vissuta, ma non per questo cancellata, ricordi che mi ricordano di come sono cambiato, di come sono cresciuto, ricordi senza i quali non sarei, ahimè, più lo stesso.

Ricordi di persone che non ci sono più, anche se poi mi chiedo dove son finiti, se guardano, se ridono, se piangono insieme a me, ricordi di una ragazzina che amava la vita assai, assai, ricordi di fatiche, di gioie e di dolori, ricordi.

Forse solo per questo che non vorrei dimenticare i miei ricordi, per continuare a pensare a ciò che è stato senza rimpianto, così, solo come ricordi.

Ieri, oggi…

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Mannaggia come passano i mesi!!!

Siamo a giugno, ad un passo dalle vacanze estive e, come tutti gli anni, malgrado tutto ancora lontane.

Oggi, per le vie del centro guardavo i ragazzi che gironzolavano con lo zaino in spalla – l’ultimo giorno di scuola? – e così ho ripercorso con un sorriso, gli anni della spensieratezza.

Mi ci vedevo in giro con gli amici di sempre, quelli intimi, quelli fidati, parlare delle solite cose, magari con il pensiero d’incontrare la ragazza che mi aveva sorriso, così, senza tempo o cose importanti da fare.

Il liceo, la fine dell’anno scolastico, felicità da un lato, ma anche un po’ di nostalgia per i giorni passati divertendosi tra un’ora di lezione e l’altra.

Sì, sorridevo pensando alle aspettative che allora erano davvero tante, agli ideali che smuovevano la nostra voglia di fare, urlando a tutto il mondo che noi avremmo cambiato il mondo, con la forza della verità di quando si hanno sedici anni, con quell’incoscienza che faceva vedere tutto e il contrario di tutto.

Ci sono momenti che ricordo come se fossero ieri, altri che invece probabilmente ho rimosso; in ogni caso, i momenti della riscossa, perché credere era il verbo che ci faceva vivere da protagonisti, lontano dai grandi e senza tanta voglia di essere come loro, ma sempre rincorrendoli, così come è normale che sia.

Cosa è rimasto di allora? Forse quel “verbo”, un po’ di disincanto, aspettative perse strada facendo e altre raggiunte senza nemmeno volerlo. Un altro mondo, costruito un passo per volta, la vita che nel frattempo mi ha fatto conoscere la sua verità.

Nessun bilancio però, solo un sorriso, e una tenera pacca sulle spalle.

Le mie!

Le nostre radici.

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Sono ormai parecchi anni che sono andato via dalla Sicilia, giovanissimo, a sedici anni, non mi rendevo conto di ciò che lasciavo e neanche di ciò che avrei trovato in un altro posto, anzi, ero abbastanza eccitato all’idea di fare nuove conoscenze, con parecchio spirito di adattabilità quindi, dispiaciuto comunque di abbandonare gli amici di sempre, gli affetti che per tanto e da sempre erano stati un riferimento, ma quando si è giovani certe cose passano in secondo piano, attratto più dalla novità che da altro.

Ieri ho avuto una bellissima conversazione al telefono con una mia cugina che non vedo praticamente da una vita, abbiamo parlato come se ci fossimo lasciati il giorno prima, mi ha raccontato di sé, persino di una ricetta tipica Siciliana, lo stoccafisso a ghiotta, che nella mia famiglia andava alla grande, delle sue belle nipotine che tra l’altro non ho mai conosciuto, dispiaciuti entrambi di tutto questo tempo passato e per non aver più condiviso come un tempo dei pezzetti di vita e alla fine ho avuto la sensazione di essermi perso qualcosa, pensavo che se li rivedessi, tranne lei, il marito e la figlia più grande, inevitabilmente sarei stato un estraneo per loro, il cugino del quale si era sempre sentito parlare ma, uno sconosciuto a tutti gli effetti.

Noi Siciliani abbiamo con la famiglia, in senso allargato, un rapporto quasi viscerale, con i miei cugini materni ci sono praticamente cresciuto ed è difficile dimenticare certi momenti, ma quando si va via qualcosa si rompe, è vero, i ricordi rimangono intatti, anche se nel tempo sbiadiscono a poco a poco, si cerca di ricostruirli, ma mancano troppi pezzi importanti, manca quella vita vissuta giorno dopo giorno che in rapporto, qualunque esso sia, è fondamentale, manca quel crescere insieme che è fatto di gioie e di dolori.

Nulla è perduto, ma quanta fatica ci vuole per riconquistarlo.

“Ciao, ma tu sei per caso… “

Forse è il rumore del mare che aiuta certi pensieri, o forse è il buio della sera seduto sulla spiaggia ad ascoltare il mare con gli occhi fissi nel cielo, chissà, per un attimo e non solo, mi lascio cullare dai ricordi.

E magari sono ricordi di cose che non sono mai accadute, rimaste lì in un angolino ad aspettare l’occasione buona, mai arrivata, di quando si guardava la vita con gli occhi di chi vuole scoprirla, ma senza chiedersi tanti perché.

E così penso a quelle mani che si sfiorano senza neanche volerlo, oppure sì, che forse abbiamo dimenticato come; e così penso agli sguardi che s’incrociano per poi arrossire anche soltanto per un attimo, che abbiamo forse dimenticato come; pensieri che sono quindi come ricordi che, proprio perché fanno parte di noi, vogliamo custodire gelosamente o forse abbiamo dimenticato come. Continua a leggere ““Ciao, ma tu sei per caso… “”

La casa e l’anima.

Visione

Che la casa avesse un’anima lo sapevo, ne ero consapevole, ma che vederla spoglia di quell’anima fosse in qualche modo doloroso me ne sono reso conto ultimamente e la scusa, la casa di mia madre che, dopo morta, abbiamo un po’ per volta svuotato.

Oggi sono andato a prendere le ultime cose, mercoledì porterò via il pianoforte, un suo regalo, ho fatto spazio in casa e sono eccitato al pensiero di rimettermi a suonare.

Quel soggiorno vuoto sembrava ancora più grande di quel che era, con la mente ho rivisto tutti i mobili, gli oggetti che per anni l’hanno reso accogliente; mia madre poi amava i soprammobili, ogni angolo di quella stanza, di tutta la casa, era un ricordo, un quadro, un vaso, un piccolissimo oggetto, mai insignificante, ogni cosa aveva il suo spazio creato con amore, quasi fosse stato lì da sempre. Continua a leggere “La casa e l’anima.”

Concerto sublime.

Visioni

E così la neve è arrivata, tant’è che questa mattina pensavo: “Sto davanti alla finestra a guardarla, oppure vado a fare le solite cose?”

Beh, ovviamente sono andato a fare le solite cose.

E nell’augurarvi un buon inizio di settimana, vi lascio con una breve poesia di mio padre.

Concerto sublime

Dal fondovalle
giunge l’eco d’un rivo
fino a me che, vagabondo,
in solitudine sbando
sciogliendo i miei pensieri.
Qui l’ombra dei castagni
attenua la calura,
stridio di cicale
s’ode nell’aria, trilli
di merli s’intrecciano, lieti.
Ed io, guardando, m’inebrio
di dolcezze, cantore
tra gli altri
in un concerto sublime.

Santi

©_Copyright

Buon Anno!

BuonAnno2012_a

Non posso finire il 2012 senza dire il mio tanto amato ‘nnagg…, mi sentirei come se mi mancasse qualcosa e per chi non avesse più voglia di sentirlo, prometto che con l’anno nuovo m’inventerò qualcos’altro, giurin giuretto.

Forse! 🙂

Ma cosa c’entra la foto di un piatto con tutto questo, qualcuno si starà chiedendo?

C’entra, c’entra, fidatevi e il motivo è molto semplice, è un piatto un po’ datato, nel senso di vecchiotto, che ho comprato in uno dei miei viaggi, già quelli che facevo un tempo e che da un bel po’ faccio molto meno ( ‘nnagg… 🙂 ), il ricordo di un momento sereno che mi è rimasto impresso nel cuore.

Ed è proprio con questo ricordo che voglio augurarvi un 2013 che sia pieno di tanta serenità, magari con qualche fuoco d’artificio che, se ci fosse sarebbe ancora meglio e con la voglia di star bene con le persone che amate.

Buon Anno, Buon 2013!

Sicilia.

La Vucciria – Dipinto di Renato Guttuso realizzato nel 1974

” Vardati com’è beddu, comu parra, pari vivu, avanti, chi aspettati, u pisci, u pisci, u pisci spadaaaaa… “

Se penso alla mia Sicilia, una delle prime cose che mi viene in mente è la gente. Da piccolo andavo spesso a casa dei miei nonni a Messina e mio zio, scapolaccio impenitente che viveva con loro, quando c’era da andare in giro, mi portava sempre con lui. Avrò avuto sei, sette anni e andare in giro con lui era uno spasso; mia Nonna, che fin dalle prime ore del mattino era già in cucina, aveva sempre qualcosa da fargli comprare e il pesce, era ovviamente il nostro piatto preferito. Andavamo prima sul lungo mare, dove i pescatori, verso le nove del mattino, erano lì a vendere il pesce pescato durante la notte e iniziava così una specie di processione, c’era di tutto, soprattutto pesce piccolo, sarde, acciughe, qualche scorfano, totani, se si trovavano le costardelle, era una festa, mia nonna le friggeva e poi si mangiavano accompagnate con la cipolla rossa di Tropea tagliata sottile e fatta macerare prima nell’aceto per un po’. Continua a leggere “Sicilia.”

E poi ancora… Alto, affusolato, morbide curve ondulate

Alto, affusolato, morbide curve ondulate, come il ritmo scandito da una melodia andalusa, fatto apposta per essere riempito da rami profumati di lavanda, che dalle sue trasparenze trovano slancio.

Difficile decidere dove poggiarlo, difficile pensare che ogni centimetro guadagnato possa in qualche modo farlo sembrare diverso da quello che ognuno di noi vorrebbe che fosse, ma poi…

… no, nessun piedistallo, no, neanche a pensarlo, lì, forse lì potrebbe andar bene, sì, l’angolo tra il mobile e il muro è l’ideale, lo racchiude e al tempo stesso lo protegge, lontano da sguardi indiscreti ma ugualmente in vista; riuscire a vederlo per non dimenticare; una parete verde, l’altra bianca, verde e bianco che si mischiano se un raggio di luce l’attraversa, e fanno a gara per trattenere tonalità chiare, sfumate, dai colori brillanti, nettamente più luminose rispetto alle cromie scure che dagli angoli bui fanno capolino, in un gioco che trova pace soltanto quando si smette di guardarlo.

Ma lo sguardo non lo abbandona mai, anzi, cerca una scusa, immagina qualcosa per coprirlo, per far sì che nulla possa fuggire da lì dentro; che poi è solamente un vaso, neanche di cristallo, è vetro soffiato, neanche colorato, è trasparente, alto affusolato, con morbide curve ondulate, come il ritmo scandito da una melodia che le percorre dolcemente, niente più rami ma solo desideri, che s’intrufolano, uno a uno, tra maglie strette avvolte in un abbraccio che non li lascia scappare via.

Alto, affusolato, morbide curve ondulate  3 novembre 2009

Parigi.

© arthur

                    Parigi è forse una delle città che amo di più, e tra l’altro, anche se non è paragonabile, mi ricorda molto Firenze, altra città che amo tantissimo, sarà per l’atmosfera, sarà per la gente, sarà per quella magia che sprigiona e che entra dentro, sarà, non lo so perché, ma io la vivo così.

Si pensa a Parigi come la città degli innamorati, e forse in un certo senso lo è anche, la Senna, i suoi grandi boulevard, le stradine lastricate, i bistrot, la musica degli organetti, gli artisti di strada; l’ho “conosciuta” tanti anni fa, ero andato a trovare una mia fidanzata americana incontrata, guarda caso, a Firenze, dove, tra una cosa e l’altra, facevo l’università. Avevo avuto una discussione con mio padre che voleva tornassi a casa per le vacanze estive, invece, visto che volevo cavarmela da solo, tutto il mese di luglio l’avevo passato a lavorare in uno studio per racimolare i soldi per andare a Parigi. E così, il primo d’agosto, dopo una telefonata a casa per avvertirli della mia partenza, con zaino in spalla e sacco a pelo, direttamente da Firenze mi sono ritrovato sul treno, pronto per la grande avventura. A Torino ho corso un bel rischio, dormivo e svegliandomi di soprassalto, visto il silenzio assoluto che regnava nella carrozza, mi sono accorto che stavano staccando le vetture che proseguivano per la Francia.

                    Mannaggia che corsa!!! Continua a leggere “Parigi.”