Recensioni

– La centesima Finestra

Il tempo in rete passa così velocemente che anche i mesi, quando nasce un’amicizia, sembrano anni. Lei, Morena Fanti, la conosco forse da quattro anni, ma la sensazione è di averla sempre conosciuta. Non c’è stato mai bisogno di tante parole tra di noi, ci siamo intesi subito pur non avendo avuto una frequentazione assidua nei nostri rispettivi blog. Probabilmente è vera la teoria che un’amicizia, quando è sincera, non ha bisogno di tanto scalpore.

Oggi, per lei, è un giorno importante, il suo primo romanzo, il romanzone come lo chiama lei, è stato finalmente pubblicato. Dopo varie peripezie, lei ha scelto la strada del “self-publisher”, un’auto produzione che vede la nascita di un libro in formato digitale, l’ebook, da leggere sul computer oppure su qualsiasi Reader.

E… poteva mancare il mio zampino? Mai più. Lei me lo ha chiesto ed io, che amo fare queste cose, ho subito accettato.

Insomma, ho pensato alla copertina del libro, utilizzando una foto (una parte…)  che avevo scattato qualche anno fa in Spagna.

Il libro, “La Centesima Finestra” è molto bello, una storia avvincente che, per certi versi, ci appartiene, perché è vita vissuta, per cui v’invito a leggerlo. E’ in vendita su Ultima Books e Book Republic e a breve, su tutte le principali librerie online.

WoW, Morena, che cosa bellissima questa!

* su Ultima Books l’ebook è disponibile anche in formato Mobi per chi ha il Kindle, e pure per il noleggio: due giorni a 0,99 euro

La centesima finestra
di Morena Fanti

Narcissus Self Publishing
4,49 euro – DRM free

Progetto grafico e immagine di copertina © Arthur
foto: Cento finestre a Cordova

– Il blog (nuovo…) del mese

The Best Magazine_0 Genn. 2010 

Eppifemili (la normalità fatta eccezione)

 “Questo blog illustra le quotidiane vicende tragicomiche che pervadono la vita della mia neonata Eppifemili. Io, Homo sapiens e Eppi-dog cerchiamo di affrontare con ironia e a testa alta i giorni, le settimane, gli anni (spero)”

ronica, un po’ pazzerellona, sempre e solo fuori dagli schemi, divertente, delicata, in una parola sola, una figata… così potrei definirla, se non avessi timore che Homo Sapiens, il suo neo marito, venisse a pretendere spiegazioni da me, povero malcapitato, magari con un duello all’ultimo sangue e perché no, con cappa e spada, per l’ultimo aggettivo che ho, in maniera così maldestra usato, ma che fa bella mostra di se, nel momento in cui, leggendo i suoi articoli, qualcuno vorrebbe definirli, appunto, una figata…

L’ho conosciuta su WordPress, ma lei, Eppifemili, sempre alla ricerca di cose nuove da inventare, le stava troppo stretto, emigrata su blogspot, si è subito reinventata un blog nuovo, fresco, ricco di cose da leggere, e soprattutto di aneddoti che sviscera con la disinvoltura di chi è cosciente di essere un po’… diciamolo… ” f u o r i “, d’altronde basta leggere i titoli dei suoi articoli e il quadro si compone con una logica difficile da poter smentire:“Nuncesecrede”… “Circa gli inaspettati attimi di inconsapevolezza”“Circa le sorprese e la ventata di vita che portano con se”… “Conta alla rovescia, manco fosse JOEY TEMPEST”… che già da soli sono un racconto e che potrebbero tranquillamente comparire in una filmografia di Lina Wertmüller.

Ovviamente nel suo blog non poteva mancare uno spazio con su scritto:

SE PER CASO VUOI CAPIRCI QUALCOSA…

  • – HOMO SAPIENS: mio neo marito
  • – EPPI-DOG: cane (femmina) detentrice di numero due neuroni
  • – UBY: amico gay (ex drag queen)
  • – S. : una delle amiche del cuore
  • – ALDONSA: simpatica signora rassettacasa e rassettavita
  • – MASTER: amicone storico nonchè Master of Ceremony
  • – MDG (Macchina Da Guerra) ovvero la mia novella suocera

Insomma, “per non sapè né leggere né scrive”, come giustamente dice lei, vi consiglio di andare a legger Eppifemili, che trovate tranquillamente anche suTWITTER e FACEBOOK, (e te pareva…), una blogger che coniuga intelligenza con ironia e credetemi, ai tempi d’oggi, non è cosa del tutto facile e… lei, ‘nnagg… ci riesce benissimo

http://eppifemili.blogspot.com/

– Il blog del mese: Morena Fanti

The Best Magazine_#3 Aprile 2010

“Non ho mai amato scrivere.”

E’ accolto con questa premessa chi, leggendo la pagina dell’about (io), va a visitare il blog di Morena Fanti, dove lei si descrive o forse è meglio dire, dove lei descrive ciò che non avrebbe voluto essere e che poi è diventata.         

L’ho conosciuta casualmente, prima ancora che aprissi il mio blog e, mi aveva colpito la sua storia, la crudezza delle sue parole mentre racconta il suo calvario dopo la morte della giovane figlia nelle pagine del suo libro “Orfana di mia figlia”…

“Un libro forte e violento come un pugno sullo stomaco. Violento, come violenta è la mano crudele che cala a ghermirti una figlia di ventiquattro anni prossima alla laurea…” (Salvo Zappulla)

           …e in qualche modo mi ero sentito vicino a lei, io che avevo vissuto una storia simile, ma consapevole che difficilmente avrei potuto anche minimamente provare il suo dolore, il dolore di una madre.

Che dire… di lei so che è una donna meravigliosa, generosa, disponibile ad ascoltare, a mettersi in gioco, una donna che ha trovato la sua “strada”, quella della scrittrice, (è la mia scrittrice preferita…) impegnandosi, nello stesso tempo, a reinventarsi in mille situazioni, ma che hanno tutte a che fare con le parole scritte, urlate, recitate, parole che raccontano una storia.

          “… all’improvviso ho sentito che volevo scrivere e che avrei scritto (questo non significa ‘pubblicare’. Molti pensano che scrivere significhi ‘pubblicare libri’ ma non è così).

… allora, ho sentito che volevo scrivere e non ho preso in mano la penna ma dei libri. Anche se ho letto molto da sempre, non vuol dire che avessi gli strumenti per scrivere e perciò li ho cercati. Ho letto libri sulla scrittura e anche su altri argomenti, e romanzi. Poi ho fatto alcuni tentativi, non di racconti completi ma di immagini e sensazioni.

…nella mia immaginazione scrivere significava ‘romanzo’. Non avevo preso in considerazione altre modalità ma mi sono dovuta arrendere subito: tutti dicevano che si deve iniziare dai racconti.

          Così, quando Stephen King pubblicò il suo On writing (uno dei miei libri cult) e lo lessi, all’interno c’era la sfida di King per scrivere un racconto che avrebbe partecipato ad un concorso online. Questa fu la scusa per scrivere il mio primo racconto.”

E sono felice che lei abbia deciso di scrivere quel racconto, perché altrimenti, come avrei potuto conoscerla?

Il suo blog, “Solo io e il silenzio”, lo definisco in una parola sola, Intimo, nel senso che con molto garbo, cosa che le è molto congeniale, lei parla del “raccontare scrivendo”, di libri, di poesie, di recensioni, di incontri con autori, divisa, con passione, in altre mille attività, “Viadellebelledonne”, “Scriveregiocando”, le sue interviste sul quindicinale “La voce dell’isola” e in vari siti web, senza alcuna pretesa, con la consapevole umiltà delle persone che sanno guardarsi intorno, in un percorso che non può prescindere dall’essere condiviso insieme ai suoi lettori.

Un blog da gustare un po’ per volta, e con una padrona di casa come Morena Fanti, sicuri di essere sempre a proprio agio.

Link dove è possibile incontrarla:

Il blog di Morena Fanti

Viadellebelledonne     Scriveregiocando

Le mie interviste         La voce dell’Isola

– Il Blog del mese: Melodia del silenzio

Tempo d’estate e tempo di Remember e così, sfogliando The Best Magazine, mi è capitato sotto gli occhi un articolo che avevo scritto per il n. 2 del marzo/aprile 2011, un numero interamente dedicato ai Colori, nella rubrica che allora tenevo nel magazine, cioè, “Il Blog del mese”

E indovinate quale era il blog in questione? Quello di Patrizia, che allora conoscevo appena, e che avevo visitato giusto per scrivere un articolo su di lei.

Eccolo:

E questo è quello che avevo scritto allora:

L’impressione che si ha entrando nel suo blog è di estrema pulizia, intesa ovviamente come mancanza di orpelli inutili. Pochi collegamenti quindi, solo delle pagine che ci aiutano a fare la conoscenza dell’autore.

“Melodia del Silenzio”, un titolo che si sposa con quanto ho appena detto e Patrizia, la protagonista.

Le foto, le sue, colpiscono subito per l’estrema sensibilità che vi traspare; un occhio attento ai particolari, un gusto tutto femminile di raccontare con una buona dose di tecnica e d’ironia, come se ogni volta fosse qualcosa di nuovo, una nuova conoscenza. Diversi i soggetti, dagli animali alla natura, spesso silenziosa e solitaria, dai tramonti alle piante e ai fiori, quest’ultimi fotografati come fossero delicate pennellate.

Molti i racconti fotografici di luoghi visitati in giro per l’Italia e per l’Europa, molte le occasioni per soffermarsi su usi e costumi. Ma Patrizia è anche una poetessa, che sogna e racconta le sue emozioni con parole semplici, che invitano all’ascolto e colpiscono per l’estrema delicatezza.

Scrive racconti, come anche recensioni di libri, usa il suo spazio per dare voce ad associazioni no-profit che operano nel sociale, magari sponsorizzando la vendita di un libro di fiabe e poesie, per l’adozione a distanza di una bambina del reparto di pediatria oncologica dell’Ospedale Budimex di Bucarest.

“Melodia del Silenzio”, che dire… un blog, una piacevole scoperta, la mia, che ancora una volta mi fa capire che sono sempre tanti i modi per comunicare, se solo ne abbiamo la voglia e la sensibilità, ovviamente.

E parlando di colori…

 – Fabian Perez 

(Qualche idea per il tempo libero… gennaio 2013. )

© Fabian Perez
© Fabian Perez

E’ tanto che non scrivo per la mia rubrica del tempo libero, l’ho un po’ trascurata e mi scuso per questo con chi mi ha seguito in questo percorso alternativo all’interno di questo mio mondo, e allora, quale occasione migliore, visto che l’anno nuovo è appena iniziato, per riprenderla, come auspicio di buoni propositi?

In effetti l’idea me l’ha fatta venire Sonia (Sys) che mi scrive: ”…ero qui che pensavo al tango, dovresti vedere i quadri di Fabian Perez, sono disegni che vibrano, ecco sì, la prima parola che mi viene é questa, vibrano. Perez mi piace, amo i suoi giochi di luce tra chiaro e scuro. Mi piacciono le sue donne pensose e sexy senza essere volgari. E poi le scene di ballo sono davvero fatte in tensione. C’é un primo piano di due ballerini, vado a memoria, il viso di lei é parzialmente nascosto da quello di lui. Sono vicini e sembra si stiano dicendo qualcosa a bassa voce. O che sia l’esatto momento prima di un bacio. Dove l’idea c’é ma é sospesa nell’aria.”

Sono andato a vedere e confesso che è stato amore a prima vista. Adoro questo tipo di pittura, un misto tra iperrealismo e impressionismo, dove le emozioni, per usare una parola di Sonia, vibrano così tanto che, è quasi impossibile non sentirsi coinvolti, come degli spettatori silenziosi che nella penombra di un locale fumoso, guardano immobili per paura di perdere ogni minimo movimento.

Non ho idea di come l’artista impressioni le sue figure, i suoi personaggi, se da un lato sembrano delle copie fedeli di scatti fotografici, dall’altro si percepisce il segno della matita che lascia sul foglio immagini appena abbozzate per poi rielaborarle in un secondo momento. E non è un caso che a Perez piaccia lavorare con colori acrilici, perché asciugandosi velocemente, senza quindi vivere i limiti del colore bagnato, gli consentono di seguire i suoi impulsi, rielaborando nuovi segni, nuovi tratti.

Molto belle le “immagini” del tango che, pur vivendo e proprio per questo, il contrasto dello sfondo sfumato con tratti di pennello sapientemente abbozzati, ci fanno percepire i sapori, gli odori, l’atmosfera, l’intensità di una vita vissuta, in un primo piano di passione.

Ma questo vale anche per i primi piani di uomini e donne perfettamente figli del loro tempo, la fotografia di un’epoca che per nessun motivo si sottrae ad una rappresentazione sincera oltre che efficace di se stessa, pur conservano e lo si intuisce in ogni “rappresentazione”, un alito di passato che sa di nostalgia.

Credo che le parole a questo punto siano soltanto riduttive, per cui v’invito a fare la conoscenza di quest’artista, sono sicuro che non vi pentirete. Gustatevi le sue opere centellinandole una per una, e sarà subito magia.

Poche note biografiche:

Fabian Perez nasce a Buenos Aires il 2 novembre 1967 è un pittore argentino.

A 22 anni, lascia l’Argentina e viene a vivere in Italia per 7 anni. Qui la sua carriera – sia come pittore che come scrittore – subisce una forte impennata: è in Italia che riceve l’ispirazione per il suo libro “Reflections of a Dream”, che poi pubblicherà negli Stati Uniti.

Dopo i 7 anni trascorsi in Italia,Fabian Perez decide di trasferirsi in Giappone. Vive lì per un anno, giusto il tempo di dipingere “The Japanese Flag” e “A Meditating Man”, entrambe oggi esposte al Palazzo del Governo. Poi decide di recarsi a Los Angeles, dove vive dal 2007, impiegando la propria vita nel tentativo di inspirare gli altri con i suoi scritti e le sue opere pittoriche.

Il sito dell’artista: Fabian Perez

 – Mostra Bigio l’Oster

(Qualche idea per il tempo libero… ottobre 2013)

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Non è mai facile parlare di arte e men che meno raccontare una mostra, se la prima cosa che colpisce dell’artista è la sua capacità di giocare con le emozioni; se questo gioco riesce a rimbalzare dagli occhi al cuore, poco resta da dire con le parole.

Sabato scorso sono stato invitato all’inaugurazione di una mostra, non le solite cose, quello che in genere ci si aspetta, paesaggi, ritratti, figurativi, astratti, ma solo dei disegni su dei semplicissimi fogli A4, alcuni persino quadrettati e colorati, ordinati uno accanto all’altro quasi come se si volesse dare un senso cronologico a un racconto fatto per immagini con l’aiuto di parole scritte, di momenti vissuti, immaginati o anche soltanto sognati, “un tentativo dialettico di mettere ordine al disordine” come ha scritto intuendone le intenzioni Vittorino Balini nella sua bella presentazione dell’artista nella locandina della mostra.

Caso strano, pochi giorni prima la mia amica Martina commentava un mio post sui sogni dedicandomi un suo disegno, pochi tratti mescolati con le parole, un modo del tutto nuovo d’interpretare un commento che, per certi aspetti, si riallaccia a ciò che Roberto Omizzolo (Bigio l’Oster) l’artista della mostra, propone con i suoi disegni.

Se da un lato avvertivo, spaziando da un foglio all’altro non senza una certa inquietudine, il disagio di vedere rappresentate figure che alla rinfusa si mescolavano con le parole scritte, dall’altro avevo la sensazione di trovarmi di fronte a qualcosa d’indefinito, come se l’artista sentisse il bisogno di raccontare a se stesso i suoi sogni, per poi riviverli guardandoli con gli occhi disincantati di chi ha voglia d’intrecciare un’immagine stravolta dai contorni sfocati e irreali, con una realtà che alle volte è altrettanto sfocata e irreale.

Non a caso lui disegna prevalentemente di notte, complice l’insonnia.

Confesso che non sono stato lì a leggere ciò che c’era scritto, non era quello che mi interessava, guardavo i disegni nell’insieme, affascinato da quella confusione di tratti scomposti, facce, corpi di donne, maschere, figure indefinite, e poi note, scritte buttate lì per caso, alcune in bella scrittura, quasi fosse un dovere di cronaca, un modo per spiegare, grafica e grafia, due forme distinte ma in simbiosi tra di loro, il tutto senza ordine e logica, come fossero bozzetti pronti per qualcos’altro, un progetto più ambizioso forse, ma era un prepotente ritorno alle origini che ci vedevo, un po’ come quando da bambini non avendo ancora imparato a scrivere, con i disegni coloravamo la nostra fantasia e allo stesso tempo il mondo che ci circondava.

Per certi aspetti un modo un po’ naïf di esprimersi, un sentimento semplice e complesso allo stesso tempo, e nell’epoca della condivisione globale, malgrado tutto inutile e faziosa, fatta di parole vuote e di indifferenza, senz’altro un bel modo per comunicare.

Scrivere disegnando, non importa cosa e perché, il bisogno di esserci, per riprendere, senza paura di ammetterlo, un percorso comune, o come mi piace pensare, a camminare insieme.

 Alcune notizie utili per la mostra:

  •  Evento curato da Cristiana e Vittorino Balini
  • “Museo” per un’estetica del disordine.
  • Opere da camera di Roberto Omizzolo (Bigio l’Oster)
  • Bergamo dal 5 al 26 ottobre 2013. Visite su appuntamento.

– Un nuovo libro di Morena Fanti

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Lavorare con un’amica che è anche brava a scrivere gratifica senz’altro molto, stimola la voglia di fare sempre meglio ed è quello che mi accade ogni volta che Morena mi chiama dicendomi: “Ho scritto un libro che vorrei pubblicare, vuoi pensarci tu per la copertina?”

E’ il classico invito a nozze come si sul dire, senza contare che io mi diverto tantissimo a fare queste cose, la mia creatività sempre pronta a spuntar fuori, fa capolino con tanta voglia di mettersi in gioco, per cui accetto senza alcun indugio.

E così, come potete vedere, ho “disegnato” la copertina del nuovo libro diMorena Fanti, “Un uomo mi ha chiamata Tesoro”, un libro di racconti, uno più bello dell’altro, scritti con stile e semplicità, caratteristica che secondo me contraddistingue Morena Fanti, lei ha il dono di farci entrare subito dentro la storia, dentro al personaggio e non è cosa da poco.

Ma non mi voglio dilungare più del necessario, vi rimando alla sua pagina, il modo migliore per saperne di più.

Un uomo mi ha chiamata Tesoro – un libro di racconti

Buona lettura!

– Il Blog!

dsc_0292ridPhoto di Ivana (Semprevento)

E cambiando discorso, così giusto per sorridere un po’, volevo oggi parlarvi di un’amica blogger, Ivana, Semprevento, (per gli amici Venticello&Ventolino).

Ci siamo conosciuti tra queste pagine mi sembra ormai un secolo fa e foto dopo foto, quelle da lei pubblicate nel suo blog fotografico, l’ho vista crescere, in un percorso insolito, visto che è diventata quasi da subito davvero brava.

Wow!!!

E sì, lei fotografa con il cuore, ma soprattutto ha quel che si dice, l’occhio fotografico, sa cogliere i dettagli, mai banalizzandoli, con una ricerca accurata, anche se l’impressione è di trovarsi davanti ad una foto estemporanea, quasi casuale. Insomma, il posto giusto nel momento giusto, e lei c’è sempre a quel che sembra.

Oggi scorrendo le pagine della rete, di foto belle se ne vedono tante, un po’ complice le nuove tecnologie -macchine fotografiche sempre più perfette e performanti -un po’ la voglia di sana competizione per fare sempre meglio, ma foto con l’anima, così come le chiamo io, non ce ne sono tante.

Una foto esprime emozioni e chi sa renderle al meglio, ha una marcia in più.

Ecco lei, Ivana, nelle foto la sua anima la mostra senza alcun ritegno, con semplicità, con l’umiltà di chi magari non se ne rende veramente conto, di chi non ha chiaro cosa voglia dire aver talento.

A lei piace fotografare, le piace perché in quel modo vive la vita, con i suoi colori, i chiari e gli scuri, con i suoi odori, e clic dopo clic ce ne regala un pezzettino, ricordandoci che anche così si può comunicare.

Un cuore e un’ anima in perfetta unione.

E questo è il magazine che le avevo dedicato per il suo compleanno…

ps: scusa Ivana, ti ho rubato una foto, potevo?  🙂

– Tra un ferro del 12 e l’altro…

Cassetto_a

Ieri WhatsAppando un po’ e un po’, ho sentito un’amica blogger con la quale in passato, poi non tanto remoto, ho scambiato un pezzetto di vita.

In effetti, lei mi ha visto nascere tra queste pagine ed era sempre un vero piacere leggere i suoi commenti, alcuni davvero profondi, incisivi e attenti, tant’è che più di una volta, dopo, mi sono stati d’ispirazione per scriverci dei pezzi, ai quali sono particolarmente legato.

Se dovessi fare un’analisi attenta di questi ormai sette lunghi anni di blog, verrebbe fuori un bilancio positivo, sia per tutte le persone che ho conosciuto e le belle amicizie nate nel frattempo, ma soprattutto per quella carica di umanità che loro hanno avuto la capacità di comunicarmi, rendendomi consapevole e ricco al tempo stesso.

Ma navigando, le sorprese non finiscono mai, e magari s’incontra qualcuno che parla di cose che non conosci, e che per tutta una serie di motivi, non sarà mai il caso di approfondire. Ma il suo modo di porle le rende così appetibili che non si può fare a meno di leggerle.

Klava and the wool_ab

E’ di Claudia che sto parlando, in russo diminutivo Klava, e del suo blog “Klava and the wool”, dove per sua ammissione, “ La mia storia d’amore con i ferri e un gomitolo ”, lei parla appassionatamente di Tricot (tutt’ora non ho ancora capito di cosa si tratti…) di maglia e di sferruzzamenti vari in terra di Francia. E sì, perché è un’Italiana trapiantata a Parigi, dove, beate lei aggiungo, vive e lavora, i suoi post sono in Francese e in Italiano e ovviamente sono rivolti a tutto quell’universo che come lei ama parlare di lana.

L’ho scoperta per caso, o forse è stata lei a scoprirmi, dopo aver visto una mia foto con i ferri da maglia pubblicata nel mio blog fotografico. Sono andato a trovarla e, sebbene l’argomento fosse a me del tutto sconosciuto, anzi, dippiù, dippiù, – si sa, sono un curioso oltre che un giocherellone – mi è piaciuto molto il suo modo di raccontare: con simpatia, con una buona dose di ironia, ma soprattutto, pronta e aperta al dialogo con chiunque avesse voglia di dire qualcosa.

Beh, io ci ho provato, magari parlando d’altro, senza sentirmi mai inopportuno per questo. E’ quel che si dice un’ottima padrona di casa, qualità che da buon Siculo apprezzo molto , dopo avermi fatto accomodare, con un sorriso mi ha messo subito a mio agio, come non approfittare quindi di così tanta ospitalità?

D’altra parte, chi l’ha detto che l’arte della lana non sia paragonabile ad un bel quadro o a un bel paesaggio o a un ottimo bicchiere di vino opportunamente prodotto da vitigni selezionati e conservato nelle barriques allo scopo di ottenere un fine gusto “boisè” equilibrato?

Sarà vero quel detto che chi trova un amico trova un tesoro?

E allora, ben trovata Claudia, e chissà che magari un giorno non mi venga la voglia d’imparare a sferruzzare anch’io.

– Impara l’Arte e mettila da parte. Oppure no?

Igor

Non capisco, mannaggia, non capisco. Non capisco cosa c’entri l’arte con certe performance che di artistico hanno poco a che fare, secondo me. Sì, c’è l’idea, che solo a pensarla immagino debba esistere una mente a dir poco perversa, ma d’altra parte si sa, l’artista o chi si industria per apparirlo, deve essere un po’ pazzoide, fuori dalle righe, ma il troppo è troppo ari_mannaggia, deve esserci un filo conduttore, un qualcosa che chi guarda possa provare, che siano sensazioni, o emozioni, insomma, qualcosa, qualunque essa sia.

Oggi, navigando qua e là m’imbatto in un sito, dove una mia vecchia conoscenza che non vedo da almeno 15 anni e che, trasferitasi a Parigi, si è dedicata all’arte – fotografia, pittura e quant’altro beata lei – pubblicava un video di una sua performance. Con l’aiuto di un’amica, in uno spazio quadrato delimitato da linee, tirava fuori da una scatola di legno dei bastoncini appuntiti che sembravano delle grosse sottili matitone, di circa un paio di metri l’uno e dopo averli appoggiati per bene sulla parete che faceva da sfondo, indossata una maschera, li posizionava sul pavimento buttandoli a casaccio uno sopra l’altro, aspettando che rotolassero fino a fermarsi.

Avete presente lo Shangai, quel gioco che si fa con i bastoncini? Più o meno la stessa cosa, o almeno questa è stata la mia impressione. E poi, mi sono detto? Dove sta la novità? L’idea se pur simpatica, mi sembrava piuttosto uno scimmiottamento di una delle tante istallazioni anni ’70 che inneggiavano all’arte oggettuale – a questo proposito mi vengono in mente tanti trenini di legno diligentemente messi uno dietro l’altro che facevano bella mostra di sé in uno scenario fantastico di una chiesa sconsacrata – dove il significato era affidato più al pensiero di chi l’aveva immaginata, piuttosto di chi stava lì a vederla.

E già che poi di fronte a queste cose si rimane un po’ intimiditi, nessuno ha il coraggio di dire che non c’ha capito nulla e magari ci si complimenta con l’autore per l’idea geniale, come sempre succede.

L’arte, ho idea, dopo la famosa “Merda d’artista” di Piero Manzoni del 1961, credo abbia perso ogni ritegno, qualunque cosa è considerata opera artistica se solo è ben pubblicizzata e se ha la fortuna dell’appoggio e della recensione di un ben noto critico d’arte.

C’è ne tanta secondo me di arte buona al giorno d’oggi, astratta o figurativa che sia, arte che con la sua forza espressiva si pone al di sopra di opere che, caso contrario, spesso cadono nella banalità più assoluta. Non basta un’idea che sconvolga o che stupisca, serve dell’altro. Come questa estate, quando, entrato in una chiesetta Romanica ad un’unica navata, la prima cosa che ho detto ad alta voce è stata: “Che bella!”

Ecco, se un quadro, un’istallazione o una scultura mi provoca questa emozione, allora è arte, altrimenti è solo un normalissimo, banalissimo dejà-vu

*** Nella foto due opere del celebre scultore recentemente scomparso Igor Mituraj in argilla, matrici originali di successive fusioni in bronzo esposte nella chiesa di Sant’Agostino a Prietrasanta (Lu). La città di Pietrasanta ha dedicato al maestro una mostra con alcune opere monumentali nella piazza del Duomo.

Emozione pura, senz’altro da vedere.

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*** Le statue di Igor Mituraj viste da un’altra angolazione nella Chiesa di Sant’Agostino a Pietrasanta, edificata nel XIV secolo. Oggi nella chiesa il culto è sospeso e viene utilizzata soprattutto nei mesi estivi per delle mostre.

– Diemme: Ladra di tenerezza

"Volo di gabbiani a Capo Caccia" dipintoad olio di Luisa Lamberti (particolare)
“Volo di gabbiani a Capo Caccia” dipinto ad olio di Luisa Lamberti (particolare)

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Parlare di poesie se non addirittura di poeti non è cosa facile, presuppone una profonda conoscenza dell’autore e di tutto il suo percorso artistico, ma provarci è stimolante, per un attimo si ha la sensazione di entrare in un mondo sconosciuto che, un po’ per volta, mette a nudo la sua anima.

Lei, Diemme, è da un bel po’ che la conosco, è stata praticamente la prima “voce” che ho scoperto in rete, in questo universo per certi versi controverso che è il mondo dei blog. Ed è proprio il 30 settembre 2007, quasi appena conosciuta, che lei scrive un post sull’amore, chiedendosi: “Cos’è l’amore, ci ha chiesto Arthur. E io ho cercato dentro di me una risposta… “.

Parole che ha poi ripreso nel suo bel libro di poesie “Ladra di tenerezza”, pubblicato circa un anno fa.

E’ di amore e di vita che parlano le sue poesie, spesso in un sussurro, mai malgrado certi versi crudi, urlando, consapevole delle sue scelte e per questo coraggiosa nel portale avanti, ma sempre con quella vena malinconica e romantica di una donna sempre alla ricerca di una via che la faccia sentire serenamente, almeno per una volta, non di corsa.

Amore e vita, che in simbiosi ci accompagnano regalandoci momenti difficili da dimenticare, amore e vita che nei versi di Diemme a volte si scontrano, per poi lasciare spazio al bisogno di ritrovarli ancora uniti per camminare insieme alla ricerca l’uno dell’altra: amore e vita!

Conoscevo già alcune sue poesie e di lei ho sempre ammirato la sua sottile ironia, il saper ridere senza condizione anche di se stessa – “Languida sui miei fianchi, a me avvinghiata, tu, cellulite, tanto vituperata, sei invece parte di me, e quanto t’amo, e di perderti e schiacciarti via non bramo… “ – e dopo la nascita di sua figlia, “non più poesie piene di dolore, ma parole più leggere, odi scherzose, che siano al formaggio, alla nutella…”

 Ed è così che io l’ho conosciuta, gli anni del sorriso, dove spesso nel suo blog ci si sfidava a colpi di versi e, credetemi, era una bella lotta, sempre e comunque all’insegna del sorriso.

Ho aspettato l’8 marzo, la festa delle donne, per pubblicare queste mie parole in tuo onore cara Diemme, spero di aver fatto una cosa a te gradita e allora, buon festa delle Donne quindi, a te e a tutte le Donne.

– Martina Buzio: “Come è il panorama?”

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E’ la prima volta che mi cimento nella recensione di un romanzo e, lo faccio con un po’ di emozione. Il libro è di una cara amica, Martina, che tanti di voi conoscono, compagna di una bellissima avventura, quella di “The Best Magazine”.

“Come è il panorama?”

Il suo primo romanzo, un esordio fatto in punta di piedi che nessuno si aspettava; scritto l’estate scorsa d’impeto, come se quelle parole fossero state da fin troppo tempo chiuse in un cantuccio e la voglia di spuntar fuori, un bisogno che purifica, un sollievo per l’anima.

Non voglio entrare nel merito del racconto, toccante per certi versi, forse autobiografico o forse no, vorrei parlare piuttosto del suo modo inconfondibile di raccontare con leggerezza, che già conoscevo e che da sempre ho ammirato, parole semplici che l’autrice ci regala in pagine belle che ci accompagnano dalla prima all’ultima, in un battito di ali.

Leggo e così l’ascolto.

E’ un po’ come star lì seduti in un comodo divano uno accanto all’altro, un locale accogliente con le sue luci soffuse e l’ombra tenue e profonda, lei che senza esitazione, con un sorriso, prendendomi per mano mi porta in quel suo mondo fatto di emozioni a me sconosciuto. Parla della vita, e riesce a dipingerla in tutta la sua vera, gioiosa e tragica umana realtà.

Tante scene sovrapposte come in un quadro, fatto di visioni limpide e sfumate allo stesso tempo, tenera e a volte ironica come può esserlo una Fiorentina purosangue, ci mostra l’anima di donna sensibile e di fotografa attenta, coglie il particolare nell’attimo in cui si rappresenta, senza incertezze, sfarzo o costruzione alcuna, così come è, semplice come lo è un tramonto, dove l’unico bagliore è di un sole che gioca a nascondino tra montagne scure che disegnano nel cielo linee nette e sicure.

“Come è il panorama?”

La bella copertina del libro parla di quel tramonto, nel libro se ne parla, in una purezza senza equivoci, che a guardarlo mette un po’ di brividi, per la sua bellezza, forse solo perché è vero.

Un bel libro, davvero, da leggere.

Il suo sito: Martina Buzio

Potete acquistare il libro nelle migliori librerie on line e non solo.

Evvai!!!

– Scolpire la luce!

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Come già accennato nel mio post precedente, non solo mare o bella compagnia questa estate, ma anche un po’ di arte.

Confesso però di sentirmi confuso di fronte all’arte moderna, qualunque sia la sua matrice. Quadri, sculture, opere che affondano la loro esistenza in un ripetersi monotono alla ricerca di un dejà-vu spesso sconfortante, che probabilmente rincorre la novità, senza per questo trovarla.

Le istallazioni, grandi o piccole che siano, sono diventate un’abitudine, una moda e in tante di queste, il nulla è di casa, o almeno questa è la mia impressione. D’altra parte un’opera, se da sola non si esprime, forse che insieme a delle altre acquista una dimensione diversa?

Ecco da cosa nasce la mia confusione, nel non sentirmi coinvolto, quella parte emozionale di me che a gran voce chiede di voler partecipare, si sente tagliata fuori e così i miei occhi scrutano senza curiosità opere una accanto all’altra, come se fossero inutili oggetti riposti su di uno scaffale di un supermercato.

Ma capita anche di leggere recensioni di artisti tra l’altro quotati che pur di “giustificare” delle scelte artistiche a dir poco discutibili, secondo me, esprimono l’inverosimile; e così un gioco di specchi sapientemente collocati in un’istallazione dentro le sale di un palazzo antico, è l’inizio, l’invito di un susseguirsi d’immagini che dovrebbero portarci a chissà quali considerazioni psicosocialfilosofiche.

Maddai!!!

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Evvabè, non tutto è così per fortuna. D’estate vado spesso a Pietrasanta, cittadina meravigliosa, capoluogo della Versilia, centro per la lavorazione del marmo e del bronzo d’importanza internazionale, con le strade, le piazze, le chiese piene di opere di artisti.. E’ bella l’atmosfera che si respira, mai banale o scontata, l’arte è lì da vivere, non importa se guardandola non ci si chiede di chi sia o cosa abbia voluto dire. E’ un modo intelligente di rendere l’arte alla portata di chiunque, persino dei bambini che magari si rincorrono giocando intorno a una statua.

Le statue esposte, alcune grandi – esposizione dall’11 giugno al 25 settembre 2016; Piazza Duomo, Chiesa e Chiostro di S. Agostino, Pontile di Marina di Pietrasanta e Capezzano Monte a Pietrasanta; Piazza Garibaldi a Forte dei Marmi; Pontile Bellavista Vittoria a Lido di Camaiore – sono di Helidon Xhixha, un’artista Albanese che nelle sue sculture utilizza con delle tecniche innovative e specializzate l’acciaio inox, incluse alcune opere in vetro di Murano e in marmo statuario.

“Io non scolpisco materiali; Io uso materiali per scolpire la luce”. Le sue parole. Così che l’acciaio diventa lo strumento per manipolare la luce, con un impatto alle volte davvero straordinario, non tanto per gli effetti di distorsione che se ne ricavano, ma quanto per le innumerevoli variazioni che la luce o gli oggetti riflessi, rimandano a chi le guarda.

Non è come trovarsi di fronte ad uno specchio o superficie riflessa, le sue sculture con delle forme discontinue se non addirittura distorte, sono l’espressione di una forza che a stento riesce a trattenersi, come se la materia in esse contenuta abbia voglia di urlare al mondo intero della sua esistenza.

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E’ questa l’impressione che ne ho ricavato; in alcuni casi, come in quelle esposte nella Chiesa di S. Agostino, in assoluto silenzio, immobile a scrutare l’insieme di quelle linee che nella luce prendevano forma, in altri – le statue esposte nella Piazza del Duomo di Pietrasanta – affascinato da quei vuoti e da quei pieni, che somigliavano al respiro affannoso di chi aveva scalato frettolosamente una scarpata in salita.

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Da vedere, da gustare, uno spettacolo per certi versi straordinario.

Un modo come un altro per passare le vacanze portandosi dietro e dentro qualcosa che rimane.

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