E così prima di sera lei prese lo scialle di seta nero e se lo mise sopra le spalle, adagiata in silenzio contro il muro, senza nessuna voglia di risposte.
Mi piacerebbe intrufolarmi tra quelle parole non dette per far parte di quei silenzi così non diventano più tali e poi, offrirgli l’appiglio per aggrapparsi, per non restare più in bilico, per ritrovare la strada, dove ci sono spazi, idee e cieli, dove lo sguardo si perde, dove ci sono le emozioni, dove quel battito in più che va cercando, possa tornare ad esserci.
Cos’è che rende la sua voce simile ad un’emozione che attraversa l’anima, fino a sentirla dentro nelle ossa, e ci resta tutto il tempo che passa, per riviverla, poi, la volta successiva?
Una domanda che trova risposta mentre la guardo camminare incurante della mia presenza, capelli bagnati, collant e maglione largo un po’ slabbrato, una leggera sbavatura nera che fa da cornice a due occhi scuri e profondi come il mare, l’andatura lenta di chi sa di essere osservata, forse anche appositamente lenta, quasi svogliata, l’esibizione di un corpo che, senza curarsi più di tanto, seduce e incanta.