Una storia.

                    Una storia Italiana, come tante direte, ma abbastanza singolare per tanti aspetti, che vede coinvolte due sorelle che, dopo la morte del padre per un tumore, e dopo uno sfratto esecutivo, sono costrette a vivere da otto mesi dentro ad una vecchia auto.

Prese dallo sconforto, hanno sfasciato i mobili di casa a colpi di martello, hanno messo le loro poche cose personali dentro a delle scatole e poi giorno dopo giorno, alla ricerca di un lavoro anche precario, pur di non dividersi, una tragedia che ad oggi non ha ancora visto la parola fine. Continua a leggere “Una storia.”

Gli altri, che non siamo noi!

© arthur

                    In testa una coppola e addosso una giacca una taglia più grande tipo Principe di Galles. Mangiava tranquillo la sua mela, senza curarsi più di tanto della gente che passava. Per terra il suo banchetto, con maschere, occhiali da sole e una scatola di accendini.

A vederlo, lineamenti e corporatura, sembrava Senegalese, un viso paffutello, con la barba appena incolta un po’ bianca, che contrastava con la sua pelle nera. Il suo “negozio” è sempre lì, vicino ad un supermercato, probabilmente ormai un posto fisso e più di una volta, vedendolo, mi sono chiesto cosa guadagnasse realmente, visto che, ogni volta, lo vedevo sempre da solo. Continua a leggere “Gli altri, che non siamo noi!”

Incontrarsi e innamorarsi…

Incontrarsi-Innamorarsi

Prendendo spunto da un bellissimo articolo molto ironico ” Single or not?” scritto da VforValentina, voglio riproporvi un articolo che avevo scritto per la rubrica “l’opinione” nel secondo numero di The Best Magazine, che secondo me merita un po’ di attenzione…

STATISTICHE A PARTE, sembra che ci siano sempre di più uomini e donne single; discutendo qualche giorno fa con degli amici di uomini e donne che non hanno mai vissuto una vera e propria vita di coppia (matrimonio, convivenza…), quindi senza un partner, mi è venuto in mente un articolo che avevo letto su Dweb Repubblica, dal titolo molto emblematico “Adulti (non) Innamorati”.

Lo psicanalista Sergio Benvenuto, Continua a leggere “Incontrarsi e innamorarsi…”

Guardo…

Raggio
© arthur

          Che cielo che c’è oggi, ragazzi, un cielo davvero bello, di quelli che, quando li guardi, ti sembra di andare oltre, limpido, sereno, di un azzurro così intenso che se dovessi dipingerlo, avrei senz’altro mille difficoltà.

Già, direte voi, come al solito nonno Archimede non ci ha capito nulla, ma questa volta non è così, credetemi, questa volta il cielo e il mio cuore li sento battere allo stesso modo, quasi fossero accovacciati l’uno accanto all’altro.

          E allora mi guardo intorno e cerco di cogliere ogni minimo movimento di ciò che mi circonda e magari mi sento dire, guardami, esisto anch’io, sono un pulviscolo, è vero, ogni alito di vento mi porta via, di qua, di là e stanco di tanto correre, mi appoggio, assaporo il morbido e il duro, sento l’odore che mi circonda, piango e rido dei pianti e delle risate di chi mi ospita per un po’, fino a quando un altro alito mi sposta e allora ricomincio, sempre, comunque ricomincio, senza stancarmi mai…

E magari penso a Nino, a Germano, chiusi in quella stanzetta sorda e stanca come loro, quel pulviscolo lo guardano appena, mentre si muove dentro ad un raggio di luce che attraversa i vetri opachi della finestra, ma in realtà non lo vedono, non lo sentono neanche parlare, perché i loro occhi umidi e sbiaditi, fissano un cielo che non c’è… un sorriso sulle labbra e il ticchettio di due dita che giocano con il bracciolo della poltrona, nell’attesa che minuti, ore, giornate passino senza lasciare traccia, perché dimenticate.

          Ecco… è vero, la vita io l’ho un po’ vissuta, ma quel pulviscolo ho ancora voglia di guardarlo, magari discuterne anche con qualcuno, se il suo riesce a raccontargli qualcosa e magari cosa, vorrei trovare qualcuno che come me ha voglia di guardarlo quel pulviscolo, che come me ha voglia di percorrere un pezzetto di vita, sorvolando, come lui, sulle cose inutili, perché un raggio di sole a modo suo sa raccontare ed anche tanto.

 Evvabè, ci avete capito qualcosa? Come al solito, io ben poco, ma questo è ormai assodato… e già… !

 Fr. vostro nonno Archimede, un tempo detto anche Archi…

Dov’è che stiamo andando?

Picchiato per aver difeso una donna.
Disabile ricoverato in gravi condizioni!

          A leggere una notizia del genere, mi vendono i brividi, notizia che si aggiunge ad altre dello stesso genere e che mi da l’esatta dimensione di come si stia sempre di più perdendo il senso della misura, dei valori, di ciò che è lecito, di quello che dovrebbe essere il vivere civile.

E d’altra parte, come potrebbe essere diversamente, quando anche i dibattiti che dovrebbero servire per capire sono pieni di violenza?

          Come potrebbe essere diversamente, quando chi è eletto per essere al di sopra delle parti, inneggia alla discordia, all’odio e alla divisione?

Come potrebbe essere diversamente, quando il colore della pelle è sempre più sinonimo di discriminazione, quando chi cerca aiuto è considerato al pari di un delinquente, siano uomini, donne o bambini?

          Come potrebbe essere diversamente, quando chiuso nel suo piccolo mondo, ognuno è cieco e sordo a tutto ciò che lo circonda?

Egoismo, individualismo, egocentrismo e soprattutto indifferenza, sono le patologie che parlano di una solitudine sociale che sempre di più fa parte di un nuovo modo di essere o forse anche di esistere, a cui ognuno di noi nega l’appartenenza, fino a che diventa normale picchiare un disabile, solo perché diverso e indifeso… rabbia che nasce, cresce e si alimenta di violenza dall’aspetto patinato, farcita di belle parole…

Camminare insieme.

Cari amici, così giusto per cambiare argomento, vi ripropongo due parole di nonno Archimede, che con la sua saggezza, ci darà senz’altro modo per riflettere un po’…

L’altro ieri, ero seduto nell’autobus che mi porta a casa, e chi ti vedo? Un caro vecchio amico che non vedevo da tanto tempo, mi avvicino, gli do un tocchettino sulla spalla e gli faccio: “ Ciao Nino, che combinazione, come stai?” Lui si gira, mi guarda, inarca la sopracciglia e, tirandosi un po’ indietro, mi dice: “ Scusi, come sa il mio nome?” “Ma come” gli dico “non ti ricordi di me?” Sono Archimede, eravamo a scuola insieme e tu mi aiutavi sempre a fare i compiti, eri così bravo!“

“Ah si” mi risponde “ boh, può darsi, ma, sei sicuro? Guarda che non ricordo la tua faccia ed io non dimentico facilmente le facce“

“Ma si” incalzo io “ eravamo seduti allo stesso banco e tante volte mi hai anche salvato dalle interrogazioni ed io, in compenso, ti scrivevo le lettere per la tua morosina, che mi sembra si chiamasse Sarina, si, Sarina Calderoni, che bella ragazza che era. “

Ancora indeciso, continua a guardarmi e due piccolissime lacrime gli spuntano negli occhi.
Mi prende il braccio, continua a guardarmi senza dire nulla e poi: “ Sai” mi dice “ mi sono successe tante cose in quest’ultimi anni, non ricordo più bene chi ero, ho dei vuoti improvvisi e infatti, alle volte perdo anche la strada di casa mia. “

Mi commuove sentirlo parlare in quel modo, gli metto la mano sulla spalla e: “ Ma no, dai, non preoccuparti, anch’io sai, prima guardandoti non riuscivo a capire chi fossi veramente e allora sai, ho escogitato un sistema, porto con me una piccola agendina, con tutti i nomi delle persone che ho conosciuto, la guardo, sbircio il probabile che mi sta davanti e mi tuffo a pesce, sperando che sia quello giusto.“

Lui mi guarda, sorride un po’ e, tirando fuori dalla tasca un fogliettino assai malandato, mi dice: “ Scrivimi qui il tuo nome, così la prossima volta anch’io ti riconosco.“ E mentre lo diceva, stringe la sua mano sul mio braccio, come per dirmi qualcos’altro ma…

In quel mentre, l’autobus si ferma, l’autista grida il nome della fermata e allora lui mi riprende il foglietto e guardando ciò che c’era scritto, mi fa: “Scusa, sono arrivato, grazie per le tue gentilezze, è stato un piacere averti rivisto.“ Scende di corsa e s’incammina senza girarsi.

Che giornata!

Durante tutto il tragitto ho pensato sempre al mio amico Nino, a come era cambiato.
Mi aveva fatto tenerezza, sembrava così indifeso, quasi fosse nudo in mezzo a tanta gente, mannaggia, come era cambiato.

ft: nonno Archimede

E poi…

Mannaggia, e siamo arrivati anche al giorno dopo Natale… che poi, non ho capito bene, ma bisogna dire anche Buon Santo Stefano?

 

E poi…

 

… mi viene in mente con “e poi… ” quello dei bambini, quando racconti loro una storiella… ieri ero con la mia nipotina di tre anni e mezzo appena, e seduta accanto a me, tenendo il mio pollicione nella sua manina, mi raccontava della festa che avevano fatto all’asilo nido, dove le femminucce facevano la parte delle caprette e i maschietti quella del lupo ed io le chiedevo: “ma come, il lupo non mangia le caprette?” e lei sbarrando gli occhi: “ Ma no, che dici mai… pensare che il lupo è cattivo significa essere prevenuti, e siccome noi non lo siamo, le caprette non hanno paura del lupo e il lupo non ha voglia di mangiare le caprette… “

 

Che tenera… magari fosse così nella vita reale… e allora le ho raccontato del Piccolo Principe, di quando aveva chiesto di disegnare una pecora… e mentre parlavo, lei mi guardava con i suoi occhioni e appena mi fermavo, subito pronta “e poi…?”

 

E poi… come quando c’era ancora “lei” , ed io la guardavo per come era bella e le dicevo che l’amavo… lei, chinando la testa da un lato, con un sorriso biricchino subito pronta rispondeva: “E poi?”… soltanto voglia di sentirselo dire ancora… soltanto voglia di sentirselo dire ancora, e poi …

 

Chissà come mai oggi riesce difficile dirlo quel “e poi”, ma anche sentirlo a dire il vero, tanta poca è la voglia di dire due parole, di raccontarsela un po’ come si faceva un tempo, senza problemi, così semplicemente… incontri un vicino, con un sorriso lo saluti e poi… finisce tutto lì.

 

Forse mi sento anch’io un po’ bambino, comunicare, sognare sulle cose un po’… ma, secondo voi, i grandi se lo ricordano di essere stati anche loro dei bambini?

 

Uhm… non ci ho mai capito molto in queste cose… evvabè, dal vostro Archi… Buon Santo Stefano e Buon tutto quanto.

 

psss… e poi… se qualcuno s’azzarda a dire che la foto non c’azzecca, peste lo colga…

 

ft: nonno Archimede.

Ho tutto il tempo che vuoi.

Tempo di Natale, quanta gente per strada, quante rincorse tra negozi che vendono e gente che compra.

Tra l’altro alle volte mi rendo conto che il tempo passa più velocemente di quello che sembri, i giorni, i mesi, gli anni me li sento scappare di mano e così ieri eri giovane con tante cose da fare e oggi ti ritrovi a non sapere più cosa hai voglia di fare.

Giorni fa incontro una mia cara amica e dopo i soliti affettuosi convenevoli le chiedo di Luciano, il papà e lei: “Come, non lo sai?”

La guardo con meraviglia e le faccio un cenno come per dire no, perché?

“Luciano è caduto giocando con il nipotino e si è rotto il femore e adesso è al San Pancrazio a fare riabilitazione “

“Maddai “ le faccio e nel frattempo penso che Luciano deve essere già vecchietto e una frattura del genere…

Sabato non avevo niente da fare e così decido di andare a trovarlo. Arrivo al San Pancrazio e alla reception chiedo di lui e la signorina gentilmente: “ Si trova nella camera n. 145 al quarto piano.“ Prendo le scale e mio Dio che tristezza, quanta gente in carrozzina, quanta gente con lo sguardo perso nel nulla!

Arrivo alla camera n. 145, busso, e sento una vocina roca che dice: “ aiuto… aiuto… “

Entro, mi guardo in giro e vedo un uomo di spalle in carrozzina incastrato sulla porta finestra della camera, mi avvicino e lui sentendomi arrivare dice ancora: “aiuto, sono rimasto bloccato.“

Prendo la carrozzina, piano piano la sposto e chinandomi a guardarlo, gli faccio: “ Ciao Luciano, cosa fai mezzo fuori e mezzo dentro alla stanza?”

Lui mi guarda e solo allora vedo un vecchietto magro, magro, con un cappellino in testa, un cappotto sopra le spalle, gli occhi verdi sbiaditi e lo sguardo un po’ perso.

“Ciao “ mi fa, “ma sai, ero uscito a fumarmi una sigaretta e sono rimasto incastrato. “

Mi guarda ancora e nel frattempo lo porto dentro la stanza e mi siedo accanto a lui.

“ Maddai… “ dice guardandomi “che bella sorpresa, quanti anni che non ti vedo“ lo dice inarcando le sopracciglia e abbozza anche un sorriso. “Ma no “ gli dico “ l’ultima volta ci siamo visti l’anno scorso, ricordi?“

E così, parliamo del più e del meno, mi racconta della sua avventura, di come era stato stupido per essere caduto giocando con il nipotino, che stupido che era stato; gli ho chiesto quanti anni avesse e lui: “ Ottantatre, però me ne sento venti di meno, mi sento un giovanottino, mannaggia questo piede mi fa un male, poi da quando mi hanno operato non lo muovo più bene, mi devono aver toccato un nervo e scusa, avrei bisogno di andare in bagno, tu, scusa, puoi suonare all’infermiera?”

La chiamo e vedendolo un po’ imbarazzato, lo saluto promettendogli di venirlo a trovare ancora e lui: “ Sì, ciao, grazie della visita, ma, ma tu sei?”

E me lo dice tenendomi la mano tra le sue, con un dolce e tenero sorriso.

“Sono Arthur“ gli faccio, “ricordi? Ho sistemato la casa a tua nipote Luisa“

“Già“ mi fa, senza lasciarmi finire di parlare senza neanche ascoltarmi e stringendomi di più la mano: “ Già che stupido, volevo dire Arthur, che sciocco e già, sei il medico che mi ha visitato quando sono arrivato qua, mi sembrava di averti visto ieri mentre andavo a fare ginnastica.“

A quel punto non lo contraddico neanche e poi mi guarda ancora dritto negli occhi e ancora con un sorriso: “Ciao carissimo, Buon Natale, grazie ancora della visita, vienimi a trovare se hai voglia, se mi dici in quale stanza sei magari lo faccio anch’io, ho tutto il tempo che vuoi. Che sciocco che sono stato!“

Sono uscito pensando a come fosse cambiato, a quello sguardo perso, a quegli occhi profondi, a quella voglia di essere lasciato da solo con il suo mondo.