Il coraggio di lottare.

Non sempre chi ama ha anche il coraggio di lottare.

L’amore non da fiducia in se stessi, anzi, a volte la sottrae, la rende instabile e, alla prima occasione, ecco che si crolla, che si abbandona tutto per paura dell’imponderabile.

L’amore può creare delle illusioni momentanee, può farci credere di voler tutto, ma poi al momento della resa dei conti, di non volere più niente, di non credere più in quel che si era creduto e tutto questo anche per vigliaccheria, certamente.

Investire negli altri, prima ancora che in noi stessi, è cosa assai difficile se pensata non solo con il cuore; è cosa che può renderci fragili e al tempo stesso coscienti d’aver vissuto qualcosa più grande di noi.

E tutto questo non è solo una spiegazione, è l’eterno conflitto che ci rende partecipi di scelte fatte o da fare, o soltanto di scelte accuratamente evitate e che possono fare del male.

Una semplice riflessione, che credo abbia molto di vero. L’ho fatta tanto tempo fa rispondendo in un blog e oggi guardandomi intorno, la trovo molto attuale, o forse non ha mai smesso di esserlo.

Noi, oggi!

Stupro di gruppo su due minorenni: «Sono due puttane, tanto ci stanno»

Studentesse napoletane di 16 e 17 anni in balìa di tre diciannovenni a Frattamaggiore. Violentatori ai domiciliari.

“Il Messaggero”

                    Non voglio trasformare il mio blog in cronaca nera, ma una riflessione credo sia giusto farla e incomincio dicendo: cosa succede ai giovani oggi? Cosa fa si che delle persone normali, dei giovani con una casa, una famiglia normale, un lavoro normale, diventino delle bestie incuranti degli effetti che una violenza inutile, brutale possa avere su delle ragazze che per il resto di tutta la loro vita ne porteranno pesantemente le conseguenze?

Scusate questa mia digressione, ma credo sia giusto farla, altrimenti questo spazio non avrebbe motivo di esistere; per non essere anche noi delle bestie che girano lo sguardo dall’altra parte per paura di vedere.

                    Buon sabato e buona domenica.

Lei e lui…

Sono circa le 13.30, di un venerdì che preannuncia un fine settimana alquanto incerto; aria freddina, cielo coperto, una mattinata in studio alquanto “nervosa”, qualche contrattempo che, per carità, ci sta sempre bene, altrimenti chissà che noia, gente tanta gente che, direte voi, in un centro commerciale è la norma, (e già, dimenticavo, sono in un centro commerciale… ) tant’è che alle volte mi domando: se in tanti sono a spasso, chi ci resta negli uffici a lavorare?

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Cronaca…

E’ cronaca di un paio di giorni fa.

Londra… un centro commerciale pubblicizza la svendita totale della merce esposta, con capi di abbigliamento che possono essere acquistati anche ad una sola sterlina.

Unica condizione, arrivare in tempo per accaparrarsi la merce migliore.

In pochissimo tempo, la notizia di diffonde e la via antistante al centro commerciale si riempie di gente che aspetta l’apertura del locale.

All’ora stabilita, la folla si accalca davanti all’ingresso, dapprima in silenzio, ma poi, forse l’ansia dell’attesa, fa improvvisamente perdere la calma a qualcuno; incominciano le urla, gli insulti, s’incomincia a spingere, viene chiamata la polizia per mettere un po’ d’ordine e scongiurare il peggio ma, al suo arrivo, la gente, come impazzita, si scatena, e inizia una vera e propria guerriglia urbana, che dopo poco tempo si conclude tristemente con un bilancio inevitabile: tanti feriti e parecchi arresti.

Zimbabwe… nello Zimbabwe si muore di fame, e si magia l’elefante morto.

Il fotografo inglese David Chancellor, che era nello Zimbabwe per fotografare gli elefanti nel loro habitat naturale, racconta di avere assistito ad una scena di una crudeltà inimmaginabile: “Poco dopo l’alba, un abitante della zona ha visto la carcassa di un elefante mentre passava in bicicletta. Sembrava in mezzo al nulla, ma dopo appena un quarto d’ora sono arrivati centinaia di disperati da ogni direzione, le donne hanno formato un cerchio attorno all’animale e gli uomini stavano all’interno. Ho visto gente litigare e accoltellarsi a vicenda, pur di accaparrarsi più carne possibile per la famiglia. Carne che è stata poi portata a casa per essere lavata, essiccata e, quindi, messa da parte, ma c’è anche chi l’ha mangiata lì, al momento. E nei villaggi circostanti hanno fatto poi festa per due giorni, per celebrare la fortuna che era loro capitata”.

In entrambi i casi, tanta violenza, e se si muore di fame, la si può anche comprendere, ma per una maglietta dal costo di una sterlina?

Nessuna dignità!

Dolore

(AP Photo/The Day, Abigail Pheiffer)

Duecentododicimila le vittime, più di trecentomila i feriti, Haiti distrutta, interamente ricoperta di macerie, un tappeto di sassi, polvere e… cadaveri, una tragedia paragonabile allo tsunami che ha coinvolto più di 3 milioni di persone, aiuti umanitari che tardano ad arrivare e quelli che ci sono, faticano ad intervenire… cento bambini sepolti sotto le macerie di una scuola, saccheggi, razzie, la disperazione degli haitiani…

Questo elenco di cose potrebbe continuare all’infinito, ma per pudore lo faccio finire qui.

Il pudore chi, come me, non capisce, non riesce a spiegarsi del perché certe tragedie debbano colpire popolazioni che la tragedia l’hanno già conosciuta, perché è un male che condividono giorno dopo giorno, per la sopravvivenza, che consumano in baracche che del provvisorio non hanno più nulla, degrado, povertà… la povertà degradante di chi vive con meno di un dollaro al giorno.

Ecco, ritengo che sia ingiusto, per carità, non auguro ad altri tragedie di questa portata, ma perché questo accanimento con chi forse merita un po’ di pace, senza cercarla, merita un po’ di tregua, per un dolore compagno di tutta una vita?

Guardo…

Raggio
© arthur

          Che cielo che c’è oggi, ragazzi, un cielo davvero bello, di quelli che, quando li guardi, ti sembra di andare oltre, limpido, sereno, di un azzurro così intenso che se dovessi dipingerlo, avrei senz’altro mille difficoltà.

Già, direte voi, come al solito nonno Archimede non ci ha capito nulla, ma questa volta non è così, credetemi, questa volta il cielo e il mio cuore li sento battere allo stesso modo, quasi fossero accovacciati l’uno accanto all’altro.

          E allora mi guardo intorno e cerco di cogliere ogni minimo movimento di ciò che mi circonda e magari mi sento dire, guardami, esisto anch’io, sono un pulviscolo, è vero, ogni alito di vento mi porta via, di qua, di là e stanco di tanto correre, mi appoggio, assaporo il morbido e il duro, sento l’odore che mi circonda, piango e rido dei pianti e delle risate di chi mi ospita per un po’, fino a quando un altro alito mi sposta e allora ricomincio, sempre, comunque ricomincio, senza stancarmi mai…

E magari penso a Nino, a Germano, chiusi in quella stanzetta sorda e stanca come loro, quel pulviscolo lo guardano appena, mentre si muove dentro ad un raggio di luce che attraversa i vetri opachi della finestra, ma in realtà non lo vedono, non lo sentono neanche parlare, perché i loro occhi umidi e sbiaditi, fissano un cielo che non c’è… un sorriso sulle labbra e il ticchettio di due dita che giocano con il bracciolo della poltrona, nell’attesa che minuti, ore, giornate passino senza lasciare traccia, perché dimenticate.

          Ecco… è vero, la vita io l’ho un po’ vissuta, ma quel pulviscolo ho ancora voglia di guardarlo, magari discuterne anche con qualcuno, se il suo riesce a raccontargli qualcosa e magari cosa, vorrei trovare qualcuno che come me ha voglia di guardarlo quel pulviscolo, che come me ha voglia di percorrere un pezzetto di vita, sorvolando, come lui, sulle cose inutili, perché un raggio di sole a modo suo sa raccontare ed anche tanto.

 Evvabè, ci avete capito qualcosa? Come al solito, io ben poco, ma questo è ormai assodato… e già… !

 Fr. vostro nonno Archimede, un tempo detto anche Archi…

Antonio, il mio portiere…

Parlando di portieri… Solindue ha avuto l’idea, che io ho accolto subito con entusiasmo, di scrivere dei racconti sui portieri, non quelli di calcio ovviamente, ma di quei signori che generalmente stanno seduti dietro una guardiola, smistano la posta per i condomini, danno informazione e così via.

 Aprirò una pagina intitolata “Antologia del Portiere”  (‘nnagg… già fatto… 😉 ) e se avete voglia di scrivere anche voi qualcosa sull’argomento, mandatemi il racconto con una  e-mail ed io sarò felice di pubblicarlo.

 Per il momento… vi presento Antonio…

           “’giorno Antonio”

 “ Buon giorno dottò, ha visto che tempo da schifo oggi?”

           “Uhmmm… non dirmelo, che ogni volta che apro le persiane la mattina, mi viene il magone al pensiero che non ci sia il sole… “

 “ Beh, fosse solo per questo… sa cosa mi fa più specie, che se fossimo in una città di mare, anche un cielo nuvoloso sarebbe una bella cornice al paesaggio circostante, invece qui, c’è un grigiore che mette tristezza… “

           “ Evvabè, cosa ci vuoi fare…  “

 “ E no, caro dottò, il problema è anche questo, pensi che la mia Carmelina, che soffre di dolori artritici, mi rinfaccia sempre che non siamo andati a vivere in una città di mare ed io, mannaggia alla miseria, a spiegarle che non è poi così facile cambiare città, ci sono le abitudini, i figli che hanno ormai tanti amici, i parenti no, quelli sono in Calabria, ad Amantea, dove siamo nati e cresciuti e andiamo a trovarli d’estate, che magari mi porto a casa anche i cullurielli e il salame piccante … “

          “Sì, sì, hai ragione, che ore sono… orco…”

 “ Eh, sembra facile, ma come si fa a vivere con questo tarlo… e sì, perché la mia Carmelina, un giorno sì e un giorno pure, me la mena ed io a tranquillizzarla, che tanto tra un po’ di anni i figli sono grandi, andiamo in pensione e ci prendiamo una casetta al mare e così, chi s’è visto s’è visto e poi, se lo immagina Antonio che la mattina si alza e aprendo la finestra vede il mare… “

          “ Beh sarebbe bello Antonio, piacerebbe anche a me ma… mannagg… devo and… “

 “ Dottò, bello? Sarebbe fantastico, lo ammetta, potrei anche prendermi una barchettina piccola piccola, sa di quelle in plastica e la mattina uscire per andare a pescare, così farei felice la mia Carmelina, perché a lei piace molto il pesce pescato fresco e magari me lo cucina inventandosi uno dei suoi manicaretti che a me piacciono tanto… uhmmm, se lo immagina dottò, che so, un bel saraghetto, un calamaro e con un po’ di fortuna, anche un polipino… basterebbero pochi, perché la mia Carmelina mangia come un uccellino e, in effetti, è piccola, mingherlina e c’ha uno stomachino che sta dentro ad una mano… “

           “ Sarebbe bello Antonio, ma ora devo proprio… “

 “ Ma se lo immagina dottò… potrebbe trasferirsi anche lei, che è così gentile con me e con la mia Carmelina, le ritirerei la posta, potrei fare ancora il portiere a tempo perso, visto che lo so fare bene e poi ogni tanto, le porterei anche qualche calamaro e magari viene a mangiare da noi, che la mia Carmelina sarebbe felicissima e me lo dice sempre, ma come è carino quel dottò, gentile, premuroso, che alla fine dell’anno ci regala sempre le bottiglie e il panettone, un signore veramente carino… “

           “Grazie, Antonio, grazie, anche voi siete carini e gentili, e stai tranquillo che se potessi, sarei già al mare… ma adesso scusami che ho un appuntamento, devo proprio andare… “

 “Dottò, ma le pare? Il dovere prima di tutto… a proposito, c’ho un roncolo in montagna che volevo sistemare e pensavo di farglielo vedere così mi dava un consiglio… vabbè la prossima volta… e magari la prossima volta le racconto anche quello che potrei fare al mare… uhmmmm, il mare… uhmmm… chissà come sarebbe contenta la mia Carmelina, ma se la immagina… a dopo dottò, e mi raccomando, se vede la mia Carmelina non le dica che voglio portarla al mare, perchè deve essere una sorpresa… vabbè, tra dieci o dodici anni… “

          “Sì, sì, stai tranquillo… tra dieci o dodici anni…  “

Dov’è che stiamo andando?

Picchiato per aver difeso una donna.
Disabile ricoverato in gravi condizioni!

          A leggere una notizia del genere, mi vendono i brividi, notizia che si aggiunge ad altre dello stesso genere e che mi da l’esatta dimensione di come si stia sempre di più perdendo il senso della misura, dei valori, di ciò che è lecito, di quello che dovrebbe essere il vivere civile.

E d’altra parte, come potrebbe essere diversamente, quando anche i dibattiti che dovrebbero servire per capire sono pieni di violenza?

          Come potrebbe essere diversamente, quando chi è eletto per essere al di sopra delle parti, inneggia alla discordia, all’odio e alla divisione?

Come potrebbe essere diversamente, quando il colore della pelle è sempre più sinonimo di discriminazione, quando chi cerca aiuto è considerato al pari di un delinquente, siano uomini, donne o bambini?

          Come potrebbe essere diversamente, quando chiuso nel suo piccolo mondo, ognuno è cieco e sordo a tutto ciò che lo circonda?

Egoismo, individualismo, egocentrismo e soprattutto indifferenza, sono le patologie che parlano di una solitudine sociale che sempre di più fa parte di un nuovo modo di essere o forse anche di esistere, a cui ognuno di noi nega l’appartenenza, fino a che diventa normale picchiare un disabile, solo perché diverso e indifeso… rabbia che nasce, cresce e si alimenta di violenza dall’aspetto patinato, farcita di belle parole…

Pensieri…

           Una strana accozzaglia di pensieri oggi m’invade, tanto che non riesco neanche a pensare, sono così fulminei che non ho il tempo di leggerli per come vorrei.

          Mi capita alle volte di essere così frastornato, penso a delle cose ed altre prepotentemente s’affacciano, fanno capolino tutto d’un tratto, magari cercando risposte, magari urlando che erano lì prima degli altri, ma tutto è inutile, l’attesa è lunga e alla fine rimane delusa.

           Ora mi viene in mente lo sguardo di quella bambina che, su di una sedia a rotelle, scuote la testa e osserva qualcosa che sembra essere lontano, così lontano che anche seguendolo con gli occhi, non si riesce a vederlo.

          Ora è seduta sulle gambe del padre, che con la mano, tiene quella testolina che sembra stia per cadere, e lei la scuote ancora, poi lui canta una canzoncina e ogni due parole, la bacia sulla fronte e ogni volta che lo fa, lei smette di scuotere la testa e in un soffio dice: eh…

          Ricomincio a pensare… ricomincio a pensare a quella vita, a tutto l’amore che bisogna dare per farla sentire meno sola, ma che non è mai abbastanza per colmare un vuoto che sarà, purtroppo, sempre uguale.

          Ricomincio a pensare e di nuovo mi sento frastornato, una strana accozzaglia di pensieri m’invade, ma solo perché riesco a leggerli come non vorrei…

Camminare insieme.

Cari amici, così giusto per cambiare argomento, vi ripropongo due parole di nonno Archimede, che con la sua saggezza, ci darà senz’altro modo per riflettere un po’…

L’altro ieri, ero seduto nell’autobus che mi porta a casa, e chi ti vedo? Un caro vecchio amico che non vedevo da tanto tempo, mi avvicino, gli do un tocchettino sulla spalla e gli faccio: “ Ciao Nino, che combinazione, come stai?” Lui si gira, mi guarda, inarca la sopracciglia e, tirandosi un po’ indietro, mi dice: “ Scusi, come sa il mio nome?” “Ma come” gli dico “non ti ricordi di me?” Sono Archimede, eravamo a scuola insieme e tu mi aiutavi sempre a fare i compiti, eri così bravo!“

“Ah si” mi risponde “ boh, può darsi, ma, sei sicuro? Guarda che non ricordo la tua faccia ed io non dimentico facilmente le facce“

“Ma si” incalzo io “ eravamo seduti allo stesso banco e tante volte mi hai anche salvato dalle interrogazioni ed io, in compenso, ti scrivevo le lettere per la tua morosina, che mi sembra si chiamasse Sarina, si, Sarina Calderoni, che bella ragazza che era. “

Ancora indeciso, continua a guardarmi e due piccolissime lacrime gli spuntano negli occhi.
Mi prende il braccio, continua a guardarmi senza dire nulla e poi: “ Sai” mi dice “ mi sono successe tante cose in quest’ultimi anni, non ricordo più bene chi ero, ho dei vuoti improvvisi e infatti, alle volte perdo anche la strada di casa mia. “

Mi commuove sentirlo parlare in quel modo, gli metto la mano sulla spalla e: “ Ma no, dai, non preoccuparti, anch’io sai, prima guardandoti non riuscivo a capire chi fossi veramente e allora sai, ho escogitato un sistema, porto con me una piccola agendina, con tutti i nomi delle persone che ho conosciuto, la guardo, sbircio il probabile che mi sta davanti e mi tuffo a pesce, sperando che sia quello giusto.“

Lui mi guarda, sorride un po’ e, tirando fuori dalla tasca un fogliettino assai malandato, mi dice: “ Scrivimi qui il tuo nome, così la prossima volta anch’io ti riconosco.“ E mentre lo diceva, stringe la sua mano sul mio braccio, come per dirmi qualcos’altro ma…

In quel mentre, l’autobus si ferma, l’autista grida il nome della fermata e allora lui mi riprende il foglietto e guardando ciò che c’era scritto, mi fa: “Scusa, sono arrivato, grazie per le tue gentilezze, è stato un piacere averti rivisto.“ Scende di corsa e s’incammina senza girarsi.

Che giornata!

Durante tutto il tragitto ho pensato sempre al mio amico Nino, a come era cambiato.
Mi aveva fatto tenerezza, sembrava così indifeso, quasi fosse nudo in mezzo a tanta gente, mannaggia, come era cambiato.

ft: nonno Archimede