Erzicovina della contrada delle Valli Ruspanti… che nostalgia!

Così, giusto per accontentare i nottambuli o forse i mattinieri, che dico, i pomeridiani o fors’anche i serali, quelli insomma che una volta tanto non si prendono troppo sul serio(domani alle 11, può darsi alle 13, evvabè, domani ad una certa ora, di questo post non ci sarà più traccia, si autodistruggerà… forse…), è venuta a trovarmi Erzicovina della contrada delle Valli Ruspanti, la sorellastra (bella… ) di Armide da Rotterdam, e non per dire, ma ci ha una classe che, come dice il detto, non fa acqua da nessuna parte… si proprio lei, e mi fa… Continua a leggere “Erzicovina della contrada delle Valli Ruspanti… che nostalgia!”

Stamattina…

Stamattina, mentre mi avviavo verso lo studio, vedo seduto ai tavolini di un bar un signore che alla prima impressione, ho creduto fosse finto.

Era vestito di beige, aveva un baschetto beige sulla testa, barba bianca tendente al beige e carnagione bianca tendente al beige… adesso, voi penserete che io stia esagerando, ma appena l’ho visto, ho subito pensato: ma… è finto? E’ una statua? (l’ho anche detto ad alta voce e poi mi sono guardato in giro per vedere se qualcuno avesse sentito…)

Metteteci pure il fatto che era immobile con lo sguardo perso nel vuoto e il gioco era fatto.

Evvabè… mi capita spesso di soffermarmi sulle persone, la curiosità alle volte è tanta, cosa fanno, o cosa potrebbero fare, se sono felici oppure no, insomma è forse un modo per sentirmi più partecipe, il mio mondo che corre passo passo, insieme al mondo degli altri.

Oggi è così… scussate (ss=s)… 🙂

Voglia di scarpe…

photo © Arthur

Sabato pomeriggio ho la felice idea di andare a comprarmi un paio di scarpe.

          “Buongiorno, posso esserle utile?”

Mi viene incontro una signorina alta e slanciata, maglioncino nero con logo del negozio, camicia bianca, gonna nera e corta, calze collant e scarpe da tennis, camminata professionale e sorriso a trentadue denti, età, circa ventidue, ventitre anni.

“’giorno, grazie, do un’occhiata e nel caso la chiamo. “

          “ ma certo, faccia pure con calma, ci sono anche delle occasioni, un nuovissimo modello con una pelle morbidissima, però sono rimasti solo alcuni numeri, il 39, il 42 e il 45”

“ Sì, sì, do un attimino un’occhiata.”

Giro, nel negozio, guardo un paio di modelli esposti e, trovandone uno che mi piaceva, lo prendo in mano e lo faccio vedere alla signorina

“vorrei provarle, posso?”

          “ma certo, che numero porta?”

“il 41! “

Sparisce sul retro negozio e intanto mi siedo. Poi arriva con delle scatole e le posa per terra.

          “Il modello che ha scelto, del suo numero, c’è solo di questo colore ed è anche in offerta.“

“beh, in effetti mi piaceva di più l’altro ma, vabbè, lo provo lo stesso.”

Prendo la scarpa, l’indosso e… “ mi sembra troppo grande, che strano, mi porta un numero più piccolo?”

          “Perché“ risponde la signorina “che numero porta lei?”

“Il 41!“ le rispondo.

          “Ah, questo è il 42, aspetti che le porto il suo numero.“

Ritorna con un’altra scatola e me la porge, colore e numero corrispondono, provo la scarpa e… “Aggiudicato.” le faccio, “visto che ci sono, mi potrebbe far provare anche quel paio di scarpe?” e le indico un paio di scarpe da ginnastica “bellissime”

Mi guarda, e…

          “ certamente, molto belle, all’ultima moda” e mi fa un sorriso“ tra l’altro sono in offerta, dunque, gliele porto subito, va bene il 42?”

‘nnagg… !

Dolore

(AP Photo/The Day, Abigail Pheiffer)

Duecentododicimila le vittime, più di trecentomila i feriti, Haiti distrutta, interamente ricoperta di macerie, un tappeto di sassi, polvere e… cadaveri, una tragedia paragonabile allo tsunami che ha coinvolto più di 3 milioni di persone, aiuti umanitari che tardano ad arrivare e quelli che ci sono, faticano ad intervenire… cento bambini sepolti sotto le macerie di una scuola, saccheggi, razzie, la disperazione degli haitiani…

Questo elenco di cose potrebbe continuare all’infinito, ma per pudore lo faccio finire qui.

Il pudore chi, come me, non capisce, non riesce a spiegarsi del perché certe tragedie debbano colpire popolazioni che la tragedia l’hanno già conosciuta, perché è un male che condividono giorno dopo giorno, per la sopravvivenza, che consumano in baracche che del provvisorio non hanno più nulla, degrado, povertà… la povertà degradante di chi vive con meno di un dollaro al giorno.

Ecco, ritengo che sia ingiusto, per carità, non auguro ad altri tragedie di questa portata, ma perché questo accanimento con chi forse merita un po’ di pace, senza cercarla, merita un po’ di tregua, per un dolore compagno di tutta una vita?

Alto, affusolato, morbide curve ondulate.

Alto, affusolato, morbide curve ondulate, come il ritmo scandito da una melodia andalusa, fatto apposta per essere riempito da rami profumati di lavanda che, dalle sue trasparenze, trovano slancio.

Difficile decidere dove poggiarlo, difficile pensare che ogni centimetro guadagnato possa in qualche modo farlo sembrare diverso da quello che ognuno di noi vorrebbe che fosse, ma poi…

No, nessun piedistallo, no, neanche a pensarlo, lì, forse lì potrebbe andar bene, sì, l’angolo tra il mobile e il muro è l’ideale, lo racchiude e al tempo stesso lo protegge, lontano da sguardi indiscreti ma ugualmente in vista, riuscire a vederlo per non dimenticare, una parete verde, l’altra bianca, verde e bianco che si mischiano se un raggio di luce l’attraversa e fanno a gara per trattenere tonalità chiare, sfumate, dai colori brillanti, nettamente più luminose rispetto alle cromie scure che dagli angoli bui fanno capolino, in un gioco che trova pace soltanto quando si smette di guardarlo.

Ma lo sguardo non lo abbandona mai, anzi, cerca una scusa, immagina qualcosa per coprirlo, per far sì che nulla possa fuggire da lì dentro; che poi è solamente un vaso, neanche di cristallo, è vetro soffiato, neanche colorato, è trasparente, alto affusolato, con morbide curve ondulate, come il ritmo scandito da una melodia che le percorre dolcemente, niente più rami ma solo desideri, che s’intrufolano, uno a uno, tra maglie strette avvolte in un abbraccio che non le lascia scappare via.

Sole, mare, mare, sole…

          Sole, mare, mare, sole… parole che mi rimbombano in testa, perché questo weekend di metà luglio si prospetta davvero interessante… come quella volta a Lido di Camaiore, stazione balneare all’avanguardia, con oltre quattro chilometri di spiaggia dalla sabbia finissima, quando Marco, originario della Valcamonica, di professione rappresentante di piccoli elettrodomestici d’asporto, sceso dalla sua FORD Mustang CABRIO V8 GT PREMIUM del ’67, per un totale di 2800 cavalli, per prima cosa, tira fuori dalla tasca dei pantaloni il pettinino nero,  incomincia a rifarsi la “piega”, specchiandosi con disinvoltura nella vetrina di lato i suoi bei capelli biondi sfrangiati, e passandosi poi il dito sulle labbra, un’aggiustatina alle sopracciglia gli era sembrata una cosa sacrosanta e giusta, non senza, dopo, aver sistemato i “gioielli” che, per sua sventura, si erano improvvisamente appisolati tra una piega e l’altra dei suoi bellissimi pantaloni bianchi, modello stile impero taglio jeans con pens, ampi, trattenuti in vita dalla coulisse, che mettevano in bella mostra una maglia stretta sul torace, color porpora con righe gialle e blu, regalo a lui tanto caro della sua nonna Giuseppina, che diceva sempre: “Marco, Marco, mi raccomando, fai il bravo… “

          Passato il tempo dell’aggiustaggio, si guardò intorno e presa una sigaretta dal taschino della sua morbida e soffice giacca in cardigan color biscotto, l’accese e con passo felpato s’incamminò lungo il litorale, dandosi nel frattempo un’aria disinvolta e truce.

          Arrivato al negozio dell’angolo, buttò la sigaretta per terra, non senza averla, dopo, spenta con le sue meravigliose scarpe bianche, in tela originale canvas, con morbida suola in gomma, afferra la maniglia della porta, l’apre e, sporgendosi per metà dentro: “Posso? C’è spazio per un povero viandante in cerca di fresche, chiare, dolci e voluttuose parole?”

         La signorina che stava rassettando le scatole di scarpe sugli scaffali, si gira, lo guarda (non senza aver fatto prima un bel sospiro…) e…. : Oh, Marco, che ci fai da queste parti?” Lui finalmente si decide ad entrare e camminando un po’ come se fosse sui carboni ardenti, fa un guizzo con la voce e le risponde: “Ehiiii… slapp, slpappss… babbebbibobb… sai com’è, avevo un paio di cosetta da fare e così, visto che c’ero…”

         Senza aspettare risposta, si siede sulla poltrona che c’è nell’angolo, la Chester anni ‘40, di seduta morbida, un molleggio ottenuto con molle biconiche in acciaio, posizionate a mano in una struttura portante in faggio stagionato, poggiando le braccia sul plissé dei braccioli che chiudono degnamente la ricca lavorazione a capitonnée del manto, anch’essa interamente fatta a mano,

 Secondo voi, cosa farà d’ora in poi il nostro Marco?

Come eravamo…

Come eravamo…

L’altra sera in una trasmissione su Rai1 c’erano alcuni ragazzini che cantavano delle canzoni e a sentirli, bravissimi, mi chiedevo cosa sarebbe stato di loro da grandi. E allora, mi è venuta in mente la mia storia, anzi devo dire l’intrecciarsi di storie che in qualche modo hanno caratterizzato la mia vita, i desideri, i sogni, le aspettative, magari anche soltanto abbozzate.

Ricordo che da piccolo mio nonno voleva che facessi il cantante, e infatti, organizzava le occasioni perché potessi dimostrare la mia bravura. Persino con il mago Zurlì allo Zecchino d’Oro ho cantato, d’altronde, come poteva essere diversamente, visto che in famiglia eravamo tutti un po’ canterini; mia nonna con una bella voce da soprano, mio zio un tenore, serate durante le feste passate con mia madre al pianoforte e mio padre a cantare con i miei zii e con gli amici. In effetti, mi capita tuttora di farlo con gli amici accompagnandomi con la chitarra, cantando canzoni, passando serate, ma tutto son diventato tranne che cantante.

Che altro avrei voluto fare, boh, non mi ricordo in effetti, so che fin da piccolo giocavo con i colori, tant’è che i miei genitori a un certo punto tornando da un viaggio, mi regalarono una bellissima scatola di colori a olio tutta di legno che ho tuttora ed io a imbrattare tele su tele. Beh, avrei potuto fare il pittore, e mi ci vedevo anche chiuso in una soffitta con grandi vetrate, una sigaretta dopo l’altra, la barba lunga, la faccia scavata dalla sofferenza, e in effetti, ho anche passato un momento della mia vita a dipingere come un matto, la mia casa è piena di quadri, di disegni, di opere incompiute, ma tutto son diventato tranne che pittore.

Un’altra cosa che mi piaceva fare, era mettermi seduto nella mia poltrona preferita a occhi chiusi e immaginare di scrivere delle storie. Personaggi, intrecci complicati, persino dialoghi, tutto scorreva nella mia mente come in un film, dove ero sceneggiatore, regista e interprete, ma tutto son diventato tranne che scrittore.

E poi, e poi mi piaceva sognare ad occhi aperti, ma qualcuno mi aveva detto che sognare non si poteva fare come lavoro, ma io niente, continuavo a farlo incurante di ciò che gli altri mi dicevano. In effetti, tutto son diventato nel frattempo, e intanto, non ho mai smesso di sognare.

E voi, voi come eravate?

… e finalmente, un raggio di sole.

Sfogliando l’altra sera il 1° angolo delle chiacchiere del 13 novembre 2007.

Allora, generalmente vado il giovedì (quasi sempre…) da McDonald’s, perché, pur amando la buona cucina – sono siculo d’origine –  mi piace mangiare ogni tanto delle sane porcate e inoltre, ritengo le patatine fritte di McDonald’s le migliori in assoluto.

…e sul cioccolato… sul fatto che la voglia di cioccolato si identifica con mancanza di coccole, credo sia un’enorme bugia, inventata ovviamente dalle donne che, per ottenere l’uno e l’altro, ci hanno per “secoli” buggerato bellamente.

… e sulla primavera, che bella storia…

In effetti, tutto dipende da come si dicono le cose.

Giorni fa, ricevo da un mio caro amico due foto, scattate da lui in un appartamento al mare appena acquistato (60 mq…) e che era costato una follia (per pudore evito di dirlo…). In una delle foto, era raffigurato un bellissimo tramonto e sullo sfondo l’isola Palmaria, con una didascalia molto esplicita “… e finalmente abbiamo pure il nostro tramonto !!!!!”… e la seconda, raffigurava due piedi in primo piano, con sotto un mare verde e cristallino con scritto: “Les piéds dans l’eau …”

Sentendomi, in quel momento, in vena di ironica creatività, prendo la mia macchina fotografica, che per fortuna ho sempre a portata di mano, esco dallo studio, attraverso la strada ed entro in un’azienda che si occupa di meccanica (conosco ovviamente i proprietari…), scatto, a mia volta due foto, dove in una s’intravede in penombra l’officina, con una porta aperta, e un fascio di luce che l’attraversa, intitolata “…e finalmente, un raggio di sole…” e la seconda, in primo piano due piedi, dall’alto di un mezzanino, con sotto tubi, carrelli e quant’altro, intitolata “…chi pedi ‘ntu carreddu…”, ovviamente in siciliano (con i piedi nel carrello… ).

Pregustavo l’idea che alla vista di tanta spiritosaggine, (la mia ovviamente… ), il mio amico si scompisciasse dalle risate e invece…tanta malinconia. Lui vive una vita agiata, senza il bisogno di preoccuparsi del domani, diverso quindi da chi, di quel domani cercherà delle risposte che, purtroppo, non sempre è in grado di dare. Aveva capito questa “cosa” e…

E’ vero, c’è modo e modo di dire le cose.

 

Il mio migliore amico.

… e, continuando a parlare di amicizia, ho visto tempo fa alla televisione un film, “ Il mio miglior amico”… e il protagonista si accorge all’improvviso che, di tutti gli amici che frequentava, nessuno era realmente il suo migliore amico, perché nessuno era veramente in grado di fare qualcosa di speciale per lui, indipendentemente dagli interessi, o dalle convenienze reciproche.

Quando poi scopre di averlo finalmente trovato, delude profondamente le sue aspettative.

 

Non aveva capito che l’amicizia era tutt’altra cosa.

 

L’amicizia…e, discutendo tempo fa con un mio caro amico, gli dicevo:


…si puoi dire, onestamente, di provare un sentimento di amicizia uguale nei confronti di tutti?
L’amico mio del cuore è sempre nei mie pensieri, nel bene e nel male, accetto di lui le sue prerogative negative, apprezzo di lui la sua parte migliore, con lui condivido alcuni miei pensieri nascosti, alcune delle pene che mi affliggono, momenti gioiosi e spensierati, litigo, discuto, mi arrabbio, ma allo stesso tempo, rido con lui e ci sto bene.


Gli altri amici, sono ugualmente amici, provo dei sentimenti diversi nei loro confronti, anche con loro condivido molto ma, solo in maniera “più spicciola”, meno profonda e, non potrebbe essere diversamente, o per lo meno non è sempre possibile il contrario.
Forse siamo inclini a trasformare le nostre necessità di dare ma soprattutto di avere affetto, in moneta sonante, però mi concedo un forse grande quanto…


Forse, forse, forse…


Per quanto mi riguarda, non do disponibilità per pretenderla, non do comprensione e amore per riceverlo. No, non lo credo assolutamente.

Sono disponibile indipendentemente da tutto questo; gli altri… è un loro problema.


Nell’amore c’è egoismo, può darsi, ma allora, vogliamo ammettere che un po’ di sano egoismo non fa poi tanto male?
L’unica cosa che chiedo è chiarezza e, quando non l’ottengo, ne traggo le dovute conclusioni.
Ho imparato ad accettare le persone per come sono e, se decido di “viverci” insieme, vuol dire che va tutto bene. Ho avuto tanti amici nella mia vita, ma, sono solo pochi che ricordo veramente con affetto.


Vogliamoci tutti bene…che grande fesseria!!!

 

Ripeto… rispetto e considerazione, lo dono a tutto il mio prossimo, rispetto, amore, devozione, lo dono, ahimè, solo a pochi.
E tutto questo non c’entra nulla con la meritocrazia…

 

Caro AMICO, (ho concluso…) del cuore, dell’anima, di quello che vuoi tu, per te, per voi, Annamaria e Francesco, non riuscirei a provare dei sentimenti uguali a tutti gli altri… non siete diversi, né migliori né peggiori, siete voi e nei miei pensieri c’è un cantuccio riservato che vi appartiene.

Impariamo a comunicare, anche a dirci come stanno realmente le cose, senza paura e senza pudore, se per te è diverso, pazienza; quel cantuccio rimarrà sempre e nulla potrà portarlo via.


Io sarò per te, una volpe uguale alle altre. Ma, se tu mi addomesticherai, noi avremo bisogno l’uno dell’altra. Tu sarai per me unico al mondo, io sarò per te unica al mondo.” (Il piccolo Principe
di Antoine de Saint-Exupéry)

 

Ed è poi così che finisce la storia di quel film.