Buon Compleanno Blog!

ann_setteanni

Certo, non è facile parlare oggi a cuor sereno di feste e compleanni, il pensiero va inevitabilmente a chi dopo il terremoto ha perso ogni cosa, speranze comprese. In una casa ognuno di noi conserva una parte di sé che non sempre è visibile agli altri, affetti, ricordi, stati d’animo, quelle quattro mura offrono riparo e danno sicurezza, perderle è drammatico.

Ma comunque sia, la vita continua, detto non senza una certa amarezza.

Come ogni anno, il primo novembre festeggio un doppio compleanno, il mio e quello del mio blogghino, ormai tanti in entrambi i casi, mammaggia, ma anche l’onomastico di mio Papà Santi, che tanti di voi conoscono per le sue poesie. 

E ogni anno che passa mi rendo conto di quanta Meravigliosa Umanità sia passata tra queste pagine e di ciò che nel frattempo ho imparato.

E allora, grazie davvero ad ognuno di Voi.

Ma senza volermi dilungare più di tanto, vi lascio con un mio scritto di qualche anno fa, Gita al Mare, che parla di quel camminare insieme a me tanto caro che dovrebbe essere di ognuno di noi, se solo riuscissimo a capire quanto sia importante guardarsi intorno.

Buona lettura e… Buon Compleanno Blog!My beautiful picture

Gita al mare!

  Occhi verdi, capelli cortissimi tra il castano e il biondo rossiccio, un viso bellissimo, avrà avuto circa sei anni; seduto su di una carrozzina con due supporti che gli tenevano ferma la testa ed una cinghia che lo cingeva probabilmente per non farlo cadere, era proprio lì in riva al mare.

Il padre chino davanti a lui, tentava di fare un pupazzo con la sabbia bagnata e intanto parlava raccontandogli delle cose, sempre con un sorriso. Poco più in là, c’erano tre bambini che giocavano sul bagnasciuga a pallone, ridendo e rincorrendosi ogni volta che qualcuno di loro sbagliava bersaglio.

Nessun sorriso, nemmeno l’ombra che s’accorgesse di cosa ci fosse intorno a lui ma, lo sguardo era fisso lì, come se il rumore di quelle piccole onde, fosse un pensiero rivolto verso il mare.

Un momento vissuto; il ricordo di una gita al mare.

La foto che sconvolge il mondo.

Quanta pietà farcita di falso buonismo e ipocrisia c’è in questo ennesimo dibattito sulle morti di questa povera gente!

E da uomo, provo ribrezzo per tutto questo.

Oggi la foto di un bimbo senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia portato in braccio da un soldato Turco riaccende le solite polemiche e dichiarazioni; si tratta di un bambino Siriano di circa due anni trovato morto sul bagnasciuga. Ma allora mi domando, basta una foto per scuotere le coscienze di chi per troppo tempo ha fatto finta di non guardare o, che è peggio, di tutto per non volersene occupare?

Quanto rumore all’improvviso!

E tutte le altre centinaia di migliaia di morti, compresi tanti bambini – e sì, c’erano anche loro purtroppo – anonimi solo perché una foto non li ha immortalati, per quale male oscuro e quale colpa sono morti e quale sciagurato destino li ha relegati nell’indifferenza?

E’ frebbile in queste ore l’impegno da parte dei “Grandi” per trovare soluzioni che lascino spazio al rispetto per una condizione di vita che merita, qualunque sia e da qualunque parte arrivi, una giusta ricompensa.

Non lascio ad una foto il compito di scuotere la mia coscienza e quanto meno per provare pietà; la vita è un bene prezioso e nulla e nessuno può esimersi dal considerarlo.

Capire e farsi capire.

Uhmmm

Ieri ho avuto una conversazione che mi ha fatto riflettere molto, in contrapposizione al mio “camminare insieme”, cioè a quella voglia di sentirmi sempre e comunque partecipe della mia vita anche insieme agli altri, mi si poneva l’enigma dell’uomo che invece, malgrado cerchi o si illuda di non essere da solo, viva la sua vita in solitudine, perché, per esempio, nei momenti più bui, quale può essere la morte, malgrado abbia vicino a sé chi gli vuol bene, l’affronta comunque da solo.

E’ vero da un lato, ma non del tutto secondo me e la risposta sta in quel bisogno che ognuno di noi ha, malgrado viva la sua solitudine, di sentirsi parte di qualcosa, di qualcuno.

E’ forse un attimo, impercettibile, una sensazione che comunque non lascia spazio ad equivoci; il calore di una mano, o lo sguardo di chi ti ama vuol dire che non c’è l’abbandono, vuol dire che malgrado tutto, non si è da soli ad affrontare l’imponderabile.

La condivisione è un atto di fiducia, non importa se avviene subito o un po’ per volta, ma perché ci sia deve esserci la volontà di capire e di farsi capire, proprio perché noi non siamo un’isola felice e solitaria, ma qualcosa che fa parte di qualcosa più grande, l’insieme di tutti noi. Nessuna realtà può essere scardinata o violata, indubbiamente, ma per fare parte di altre realtà, deve esserci uno sforzo comune, altrimenti è tempo perso.

Così, giusto per dire.

Buon 25 Aprile!

* E già, e poi?

Alessi

“Oggi non te l’ho detto, è vero, perché abbiamo parlato di altro ma,  maglioncino a V abbottonato sul davanti color zafferano e pantaloni di velluto borgogna, dentro agli stivali color castoro. Oggi niente collana ma una sciarpetta nera attorno al collo per non sentir freddo sulla scollatura a V.

E poi, diresti adesso… “

   “E già, e poi?”

E’ vero, non ho mai fatto mistero della mia curiosità, anzi, perché essere curiosi, di quel tipo di curiosità, stimola la fantasia e la rende creativa, crea un contatto che in un gioco iniziato non si sa come può diventare una miscela esplosiva, dove anche i suoni, i colori, i particolari più insignificanti, fanno a gara in un primato di seduzione che come premio finale ha un solo obiettivo: emozionarsi, sentirsi complici, stare bene insieme. Continua a leggere “* E già, e poi?”

Se stessi!

Ficodindia

“Fai attenzione alla tua ombra… E’ con te da quando sei nato. Quando perderai la tua vita, la perderà con te, senza averla mai vissuta. Cerca di essere te stesso e non la tua ombra, o te ne andrai senza sapere che cos’è la vita.”

Queste parole le ha scritte Giorgio Faletti il 24 giugno in uno dei suoi ultimi messaggi sul web.

Ho voluto riprenderle perché credo dicano una gran bella verità, della quale ognuno di noi dovrebbe averne coscienza.

Quante volte cerchiamo di consumare la nostra esistenza senza una vera consapevolezza, nelle scelte, nelle decisioni, arrancando tra mille e più di un compromesso, pur di adeguarci a schemi per raggiungere vere e proprie scorciatoie, dove impegno, dovere e professionalità lasciano il posto all’obiettivo a tutti i costi e, costi quel che costi.

Quante volte temiamo di apparire quel che siamo, la paura di non essere mai troppo ci fa vivere una doppia dimensione, dove forse neanche “quell’ombra” ha chiaro dove è meglio posizionarsi.

E allora perché dannarsi, la certezza di se stessi nasce dalla voglia di non rincorrere mete impossibili, o quanto meno, meglio fermarsi al momento giusto; è l’occasione per riprendere fiato, magari con un sorriso.

Caro amico.

La grinta sempre la solita, lo sguardo ironico un po’ da presa per i fondelli, neanche quello lo abbandona mai, pur conoscendolo da diversi anni, non sono mai riuscito a dargli una collocazione certa nei miei pensieri, tra di noi c’è sempre stata considerazione e stima reciproca, ma non siamo mai riusciti a diventare dei grandi amici, credo dipendesse dal fatto che entrambi avevamo dell’amicizia un’idea diversa; d’altronde è proprio per questo che alle volte ci s’intende.

Perennemente attivo al di fuori da ogni logica normale, ho sempre ammirato la sua voglia di rimettersi in gioco, di cambiare vestito, d’altronde chi l’ha detto che le nostre esperienze nel campo lavorativo non possano tornare utili se applicate in altri ambiti non necessariamente in sintonia con la nostra professione? Beh, lui questa teoria l’ha sempre messa in pratica e devo dire con ottimi risultati.

Non era smania o ricerca di guadagni diversi, forse anche, ci sono persone che rincorrono sempre tutto ciò che vedono passare davanti ai loro occhi e lui è uno di questi.

Oggi è ammalato, gravemente ammalato, un bel giorno un “amico invisibile” ha deciso di fargli compagnia e dopo alcune operazioni e varie vicissitudini, è praticamente arrivato quasi alla fine del suo percorso.

Ne ha coscienza e non ne fa un dramma, o quanto meno non lo dà a vedere. Non per questo se ne sta con le mani in mano, urla, sbraita, comanda, organizza, come sempre d’altronde, porta avanti progetti che potrebbero anche finire senza di lui, ma sembra che non gl’importi più di tanto, anzi, quella carica che lo ha sempre spronato sembra quintuplicata, ponendo tra l’altro per certi versi chi gli sta accanto in difficoltà, perché vive la concezione del tempo come una risorsa da consumare che, proprio per questo contrasta con l’idea che ne hanno gli altri.

Non abbiamo mai parlato di questa sua malattia, forse proprio per quel feeling che è sempre mancato tra di noi, quando ci si vede un bel sorriso e una pacca sulle spalle, lui non si lascia andare ed io non insisto, anche in questo siamo diversi, per me la parola se usata nel modo giusto può solo fare bene, malgrado tutto non riesco a rimanere inerme, conosco molto bene la sua famiglia, ho con loro un legame che anch’io non saprei come definire, d’affetto senz’altro, e poi immagino quel travaglio interiore, quei pensieri che si accavallano per non rimanere mai da soli, lo immagino come di chi non vive questa scadenza improrogabile e proprio per questo nell’impossibilità di capire quello che lui provi realmente, e allora mi domando se è proprio questo il punto o piuttosto l’idea che noi abbiamo della vita non ci condizioni a tal punto da ritenere che tutto, un bel giorno, possa finire con essa, senza considerare che quel che rimane è comunque un segno marchiato a fuoco per nulla cancellabile o, che è peggio, da dimenticare.

Sì, quando viene a mancare qualcuno che c’è caro, man mano che passa il tempo il ricordo di quel viso, di quello sguardo, di quel sorriso si attenua, non sentiamo più la sua voce  o il rumore dei suoi passi, ciò che di materiale gli è appartenuto non esiste più, ma c’è pur sempre l’amore, quel legame che nel tempo, qualunque esso sia, rimane inviolabile e io credo possa bastare.

Non ho paura di quel battere di ciglio che non ci sarà più, ma come si suol dire la speranza è l’ultima a morire ed io spero, caro amico, che tu rimanga ancora un po’ con noi, con quella tua solita grinta e con quello sguardo ironico un po’ da presa per i fondelli, sì proprio quello che non ti ha abbandonato mai.

Il dottore.

Marzapane

Il vantaggio di andare a pranzare sempre nello stesso posto è che dopo un po’ ci si sente come a casa propria; i proprietari della trattoria e i ragazzi che servono, ti “dedicano” un occhio di riguardo che, magari dopo una mattinata burrascosa fa senz’altro piacere.

Ma al di là dalle coccole gratuite e bene accette, credo che la cosa più bella sia incontrare le stesse persone, un sorriso, un saluto e due parole, l’occasione per sentirsi coinvolti, una sorta di comunità nata dal nulla che, per un attimo, lascia da parte le formalità, per sentirsi complici lo spazio di una mezz’ora. Continua a leggere “Il dottore.”

Così…

                    Cosa fareste se per caso foste presi da improvvisa nostalgia?

E’ quello che mi è successo oggi, dopo aver saputo che una mia cara amica era stata ricoverata in ospedale per un controllo a dei problemi che erano sorti in questi ultimi mesi.

E allora è stato come se una parte dei miei ricordi, così gelosamente custoditi dentro ad uno scrigno ben risposto e inaccessibile anche per me, fossero come per incanto esplosi da tutte le parti, invadendo ogni singolo mio pensiero, per cui mi sono attaccato al telefono e così, tra la sorpresa prima, l’imbarazzo poi e alla fine un bel sorriso, ho incominciato a riprendere fiato, promettendo e ripromettendomi, ahimé, di non far passare più così tanto tempo, perché l’amore così come l’amicizia, un bel “Ciao…”, ha bisogno di sentirselo dire ogni tanto, così giusto per non dimenticare che è bello sapere di essere nei pensieri di qualcuno.

Tra l’altro, oggi non era nata bene la giornata ma, l’epilogo, l’ha giustamente riscattata.

                    Ed ancora con il sorriso sulle labbra, vi auguro un buon fine settimana.

A presto.

                    Ciao… !!!

Saper vedere, è ancora possibile?

                    Ieri Solindue nel suo ultimo post “ C’è sempre un perché” spiega i motivi della sua latitanza dal blog. Dice che quella figura che fino adesso l’ha rappresentata come Solindue, le va un po’ stretta, che è disposta a rinunciarci e così dice: “Chiunque si presenti con il proprio volto  avrà le mie coordinate.”

In effetti, tanti di noi si “nascondono” (detto molto tra virgolette…) dietro ad un nickname e di tanti non si conosce nemmeno il viso. Quando ho aperto il blog, nel mio primo avatar c’era la mia faccia, con gli occhiali scuri, è vero, forse di qualche anno più giovane, è vero anche questo, ma ero pur sempre io. Poi c’è stata la foto di me bambino, a quattro anni, di me a 23 anni (‘nnagg… che bel fiulet… 🙂 ), poi l’evoluzione della specie (…) mi ha portato ad indossare una polo con in mano un mazzo di peperoncino… scherzo ovviamente, ma ciò che voglio dire è che è sempre una questione di scelte, e in questo senso, non ho nulla da aggiungere, ne quanto meno da recriminare. Comunque sia, pur non avendo avuto mai delle curiosità in proposito –conoscere la faccia, il nome e cognome delle persone con le quali chiacchiero – capisco e condivido il pensiero di Solindue. Continua a leggere “Saper vedere, è ancora possibile?”

Capitava alle volte…

E così, di cose ne abbiamo dette tante, sul corteggiamento, sui tradimenti e forse è il caso di fare una piccola pausa, in attesa di altre storie, di altre cose da dire. Vi lascio nelle mani di Nonno Archimede che, come sempre, ha qualcosa da dire…

Sai cosa c’è, miei cari, che oggi non si ha più il tempo per dedicare a se stessi quel quarto d’ora che magari risolverebbe tante cose.

Si corre e al tempo stesso ci si rincorre, alla ricerca di domande che sempre più spesso non trovano risposte e allora, Giove, Marte, Saturno magari se ne approfittano e ci fanno stare male. Continua a leggere “Capitava alle volte…”