Pittura fresca!

‘nnagg… sentite per caso odore di pittura?

E già, ci vuole ogni tanto una tinta nuova alle pareti. Ma (…), sento una vocina che dice:  non dovevi parlare della mostra di Andy?

‘nnagg… avete ragione, ma dopo tanto pensare – si sa che se si pensa troppo poi non si conclude nulla – ho pensato, appunto, di rimandare ogni discussione che comportasse un aggravio di pensiero  che, con il caldo che c’è, ci sta alla grande.

Ma siate fiduciosi. Come ho scritto una volta, “intanto penso, rifletto, nel farlo, vedo scorrere immagini che cambiano colore, come su di una girandola che luccica, mossa dal soffio di un alito, più per inerzia che per altro, alla ricerca di un motivo o solamente per capire.”

Già, alle volte le lattine di pittura aiutano.

Appunto!

Riflessi!

Tempo fa parlando di arte, dicevo che mi sentivo confuso di fronte a certe performance che con l’arte non c’entravano nulla, oggi, cambiando completamente prospettiva, parlo di questa mia crescente inadeguatezza che provo di fronte a un mondo che non riesce a trovare una via d’uscita.

Egoismo, individualismo, egocentrismo e soprattutto indifferenza, sono le patologie che parlano di una solitudine sociale che sempre di più fa parte di un nuovo modo di essere, di esistere, a cui ognuno di noi nega l’appartenenza, fino a che la rabbia nasce, cresce e si alimenta di violenza dall’aspetto patinato, farcita di belle parole.

L’indifferenza è pericolosa, è una malattia contagiosa che inaridisce gli animi; si vive accettando il meno peggio, perché lo si considera il male minore e in questo, politica e sociale vanno di pari passo. La paura è il coinvolgimento, dover perdere del tempo per interessarsi di cose che riguardano altre persone, perché in caso contrario, diventa tutto una seccatura, che non soddisfa nessun interesse personale.

Oggi è tutto un litigio, in televisione si litiga per fare audience, per strada si litiga per un posto al parcheggio, i politici litigano per il loro predominio, sembra che litigare sia diventato uno sport nazionale e chi riesce a fare la voce più grossa, ha il sopravvento sugli altri.

Si insegna l’odio e la maldicenza, invece che la tolleranza, si predica il rispetto delle regole, che immancabilmente vengono disattese e allora, cosa possiamo aspettarci di buono se l’esempio ci porta da tutt’altra parte?

Forse solo la speranza che chi genera violenza, prima o poi venga emarginato. Ma non con altra violenza. Mai!

Sono mesi che sentiamo parlare di cattivi menzogneri, di cattivi Italiani, sono mesi che assistiamo ad una campagna politica rancorosa e ingiuriosa, dove non si discute più delle idee, ma si attacca la persona solo perché sta dall’altra parte; tutto questo, può mai portare a qualcosa di buono?

Bisognerebbe recuperare i valori che, alla prevaricazione contrappongono il rispetto della vita umana, qualsiasi sia il colore della pelle. L’uomo, oggi, è sempre più ostaggio di una realtà annacquata che pone le sue basi sull’effimero. Tante promesse che non sempre trovano riscontro. Ideali e prospettive concrete si contrappongono al bisogno di percorrere la strada più facile, millantata da un business che non guarda in faccia nessuno, il cui vero scopo è di creare illusioni, perché è più difficile dire che la fatica, l’impegno, la professionalità, il rispetto siano i presupposti essenziali per andare avanti.

Personalmente più che provare pessimismo, provo paura per ciò che può accadere e la paura non è mai una buona compagnia.

Poesia!

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Soffre

Soffre il bimbo che varca
la soglia della vita,
soffre la mamma
mentre che lo crea,
soffre il nonno
in un letto d’ospedale,
soffre pure l’anziana donna
che invano attende
la figlia che non viene.
E il Cristo soffre in cima alla sua croce.
E soffrono i bambini violentati
e pure quelli che non hanno fame.
Tutti han di che soffrire a questo mondo;
pure la vita soffre quando muore.

Santi

Questa poesia,  mio padre Santi l’ha scritta d’impulso il 12 maggio 1996 in ospedale, dove era stato ricoverato per un infarto, il giorno prima della sua morte, quasi lo sentisse. In suo onore, nel progetto della tomba, ho previsto uno spazio ben visibile, dove ho trascritto la poesia, in modo tale che queste semplici parole potessero far riflettere , anche solo per un attimo, chi andava a trovarlo. L’ho voluta condividere con voi, perché è della vita che ho voglia di parlare, di questa vita che spesso consumiamo senza uno scopo e senza troppe regole.

In effetti, se ci pensate, tutto si svolge come in un film: si nasce, si cresce, per crescere bene, è importante conoscere e imparare e dopo aver imparato, crearsi degli obiettivi, e per realizzare gli obiettivi, combattere per vincere, e una volta che hai combattuto e vinto, diventare qualcuno, altrimenti non sei nessuno e, tutto ciò che hai fatto, non è servito a niente. (… ). Esagero, può darsi, anzi, senz’altro, ma quando apro i giornali del mattino è di storie simili che leggo. Leggo di gente che si affanna alla conquista del potere senza cercare compromessi, senza creare alternative, leggo di giovani che per la fama di un giorno entrano in un supermercato, sparano all’impazzata e ammazzano gente innocente.

Leggo di soprusi, d’ingiustizie, di prevaricazioni, di maldicenze, di malinconiche cronache locali e di queste cose banchettano i giornali, sanno che la gente non n’è mai sazia; sembra quasi che non esista più niente di normale. Una volta si diceva che la famiglia ti trasmette dei valori importanti e che per tutta una vita te li porti dentro. Oggi, dove sono questi valori? A quali valori diamo importanza? Ai valori del profitto, ai valori della prevaricazione, ai valori dell’inutile, del fatuo, dell’apparire, del virtuale. Continua a leggere “Poesia!”

Buon Natale e Buon fine Anno 2016.

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Ma siamo già a Natale? Mannaggia, come passa in fretta il tempo!

Quest’anno gli auguri ve li faccio con un articolo che avevo scritto nel 2010 per The Best Magazine. Bei momenti che non dimenticherò mai e che amo ricordare insieme a voi.

Ho dei ricordi sereni del Natale, da piccolo ci si riuniva a casa dei miei nonni e la sera si giocava a carte, sette e mezzo, tombola, e per noi piccini era uno spasso. Ovviamente ad ogni vincita, quelle poche lirette guadagnate le mettevamo una sull’altra, ed era con orgoglio che le rimiravamo.

S’iniziava a giocare i primi di dicembre, una scusa per trovarsi tutti davanti ad una grande tavolata, con un bel panno verde, imbandita con frutta secca d’ogni genere.

La parte “riservata” agli uomini era una ciminiera, giocavano a briscola chiamata o a scopone scientifico, l’occhio socchiuso, la sigaretta pendente dalle labbra e, mannaggia, quante discussioni accanite, quante urla e ogni volta, noi piccoli lì a vedere cosa era successo.

Poi, la vigilia di Natale la cena in pompa magna, i tortellini in brodo, come voleva la tradizione importata dal nord (…), il capitone, la pasta a forno, gli arancini di riso, la carne al ragù (che non è quella trita… ), olive verdi schiacciate sott’olio, acciughe salate condite con olio, aceto e prezzemolo, conserve d’ogni tipo fatte in casa, dolcetti siciliani, insomma, tante cose buone, e l’atmosfera era di gioia, d’amore, e per noi piccoli l’occasione per ritrovarci e giocare. Continua a leggere “Buon Natale e Buon fine Anno 2016.”

* Come eravamo…

finestra

Come eravamo…

L’altra sera in una trasmissione su Rai1 c’erano alcuni ragazzini che cantavano delle canzoni e a sentirli, bravissimi, mi chiedevo cosa sarebbe stato di loro da grandi. E allora, mi è venuta in mente la mia storia, anzi devo dire l’intrecciarsi di storie che in qualche modo hanno caratterizzato la mia vita, i desideri, i sogni, le aspettative, magari anche soltanto abbozzate.

Ricordo che da piccolo mio nonno voleva che facessi il cantante, e infatti, organizzava le occasioni perché potessi dimostrare la mia bravura. Come poteva essere diversamente, visto che in famiglia eravamo tutti un po’ canterini; mia nonna con una bella voce da soprano, mio zio un tenore, serate durante le feste passate con mia madre al pianoforte e mio padre a cantare con i miei zii e con gli amici. In effetti, mi capita tuttora di farlo con gli amici accompagnandomi con la chitarra, cantando canzoni, passando serate, ma tutto son diventato tranne che cantante.

Che altro avrei voluto fare, boh, non mi ricordo in effetti, so che fin da piccolo giocavo con i colori, tant’è che i miei genitori a un certo punto tornando da un viaggio, mi regalarono una bellissima scatola di colori a olio tutta di legno che ho tuttora ed io a imbrattare tele su tele. Beh, avrei potuto fare il pittore, e mi ci vedevo anche chiuso in una soffitta con grandi vetrate, una sigaretta dopo l’altra, la barba lunga, la faccia scavata dalla sofferenza, e in effetti, ho anche passato un momento della mia vita a dipingere come un matto, la mia casa è piena di quadri, di disegni, di opere incompiute, ma tutto son diventato tranne che pittore.

Un’altra cosa che mi piaceva fare, era mettermi seduto nella mia poltrona preferita a occhi chiusi e immaginare di scrivere delle storie. Personaggi, intrecci complicati, persino dialoghi, tutto scorreva nella mia mente come in un film, dove ero sceneggiatore, regista e interprete, ma tutto son diventato tranne che scrittore.

E poi, e poi mi piaceva sognare ad occhi aperti, ma qualcuno mi aveva detto che sognare non si poteva fare come lavoro. Ma io niente, continuavo a farlo incurante di ciò che gli altri mi dicevano. In effetti, tutto son diventato nel frattempo, e intanto, non ho mai smesso di sognare.

E voi, voi come eravate?

Buon Compleanno Blog!

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Certo, non è facile parlare oggi a cuor sereno di feste e compleanni, il pensiero va inevitabilmente a chi dopo il terremoto ha perso ogni cosa, speranze comprese. In una casa ognuno di noi conserva una parte di sé che non sempre è visibile agli altri, affetti, ricordi, stati d’animo, quelle quattro mura offrono riparo e danno sicurezza, perderle è drammatico.

Ma comunque sia, la vita continua, detto non senza una certa amarezza.

Come ogni anno, il primo novembre festeggio un doppio compleanno, il mio e quello del mio blogghino, ormai tanti in entrambi i casi, mammaggia, ma anche l’onomastico di mio Papà Santi, che tanti di voi conoscono per le sue poesie. 

E ogni anno che passa mi rendo conto di quanta Meravigliosa Umanità sia passata tra queste pagine e di ciò che nel frattempo ho imparato.

E allora, grazie davvero ad ognuno di Voi.

Ma senza volermi dilungare più di tanto, vi lascio con un mio scritto di qualche anno fa, Gita al Mare, che parla di quel camminare insieme a me tanto caro che dovrebbe essere di ognuno di noi, se solo riuscissimo a capire quanto sia importante guardarsi intorno.

Buona lettura e… Buon Compleanno Blog!My beautiful picture

Gita al mare!

  Occhi verdi, capelli cortissimi tra il castano e il biondo rossiccio, un viso bellissimo, avrà avuto circa sei anni; seduto su di una carrozzina con due supporti che gli tenevano ferma la testa ed una cinghia che lo cingeva probabilmente per non farlo cadere, era proprio lì in riva al mare.

Il padre chino davanti a lui, tentava di fare un pupazzo con la sabbia bagnata e intanto parlava raccontandogli delle cose, sempre con un sorriso. Poco più in là, c’erano tre bambini che giocavano sul bagnasciuga a pallone, ridendo e rincorrendosi ogni volta che qualcuno di loro sbagliava bersaglio.

Nessun sorriso, nemmeno l’ombra che s’accorgesse di cosa ci fosse intorno a lui ma, lo sguardo era fisso lì, come se il rumore di quelle piccole onde, fosse un pensiero rivolto verso il mare.

Un momento vissuto; il ricordo di una gita al mare.

Ancora il mare.

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Siamo agli sgoccioli lo so, le vacanze ormai finite sono solo un ricordo, ma come dimenticare il mare?

Una poesia di mio Padre Santi che tanti di voi conoscono già e un video d’immagini girate passeggiando  tra i paesini delle Cinque Terre alla ricerca degli spruzzi.

E’ verdeazzurro il mare.

E’ verdeazzurro il mare, fiotta l’onda
e sull’arenile
dilaga morbida schiuma.
Soffia da ponente un venticello,
le chiome sciolte ad una fanciulla bruna
mentre che ella sta con gli occhi chiusi
e al sogno inclina.
Più lontano, la carraia si perde
nella foschia, pare
un battello alla deriva,
dissipa il tempo,
come chi del suo tempo mal si cura.
E il sole brilla sul mare
e sulle sponde, sui passi montani
e sui declivi; nei sentieri frana
ove digrada l’ulivo
che sulle fratte domina sovrano.
Ora mi siedo sopra quel muretto
ad ascoltare un merlo
che, nel fogliame, spensierato trilla:
delirio al cor mi adduce, mentre attendo
di vedere un bel tramonto
ad inebriarmi ancora a quell’incanto.

Santi.

Così, giusto per ricordare il mare.

Ed è proprio dal mare che nei titoli di coda vi scrivo – un paio di giorni giusto per riprendere fiato –  lasciandovi con una foto scattata oggi pomeriggio e che mi ha fatto ridere tanto. Lui, un ragazzotto tanto tanto simpatico del Bangladesh, con il suo negozietto viaggiante… 

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Un sorriso! Aspettami che arrivo.

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La scena sempre la stessa. Passano gli anni, cambiano le abitudini, la tecnologia imperversa ma le speranze e gli approcci in amore non cambiano mai.

Oggi – solita pausa pranzo, solito centro commerciale – ero a mangiare qualcosa e, tanto per non cambiare abitudine (…), tra un boccone e l’altro mi guardavo intorno. Accanto al mio tavolo c’erano tre ragazze e due ragazzi; loro, le ragazze, molto carine, spigliate, loro, i due ragazzi, insomma, che dire, due bortolotti senza arte ne parte, giusto per parafrasare un famoso detto che non passa mai di moda.

E così, battute e risate, mani che si sfiorano, occhi ammiccanti come per dire… sì, sì, mi piaci, non te ne sei accorto?

Loro, le ragazze, lanciatisime, loro, i ragazzi, beh, come sopra.

Guardandoli mi venivano in mente quei tempi fatti di speranze che cambiavano nell’arco di un mattino. Allora eravamo un po’ meno sicuri forse, ma la voglia di provare a confrontarsi uguale, uguale. Emozioni allo stato puro che, proprio perché tali, erano in balia di se stesse.

Che bello!

Ho continuato a guardarli, augurandomi in cuor mio che quei sorrisi e quella spensieratezza riuscisse a rimanere così com’era. Per loro, una speranza, dove nessuno si sveglia al mattino con una pistola o un macete in mano.

E magari, dopo, uno di loro che come me guarda sorridendo con tenerezza altre risate, altre mani che si sfiorano, occhi ammiccanti come per dire… sì, sì, mi piaci, non te ne sei accorto?

I colori, le tinte, le sfumature…

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Estate, tempo di vacanze, ma quanto vi piace viaggiare?

La cosa più bella del viaggio, secondo me, è riuscire a sentirsi in sintonia con i posti che si vanno a visitare. Adoro girare così senza una meta fissa, prima ancora di entrare nei musei mi piace guardare, respirare l’atmosfera qualunque essa sia; entro nei portoni che trovo aperti, curioso nei giardini, negli androni, sto spesso con il naso all’insù guardando i cornicioni e i tetti dei palazzi, i balconi, i fregi, le finiture architettoniche e poi mi siedo volentieri magari in un bar all’aperto e guardo la gente passare. Le abitudini della gente cambiano da posto a posto, anche qui in Europa, tra nazione e nazione, è un po’ come cercare di farne parte, per capire in genere, per non sentirsi del tutto un estraneo. Ebbene, a me piace molto fare questa cosa, sentirmi partecipe ed è fantastico se riesco a farlo.

Certo, l’Africa è diversa, ti entra nel sangue, ci sono posti che difficilmente riesci a immaginarti per l’atmosfera e il fascino che esercitano dentro di te. Il Kenya per esempio, la linea dell’equatore l’attraversa, la latitudine è uguale a 0, il sole è praticamente perpendicolare alla terra, se guardi dal mare l’orizzonte non lo vedi, sembra che la linea continui, che non finisca mai ed è una sensazione stranissima, da un lato inquietante, ma a me fa star bene, ho la sensazione che il mio occhio, la mia immaginazione quindi, continui a vedere, ad andare sempre al di là, oltre.

Che meraviglia!!!

Del Kenya ho amato quel senso del “non esserci”, la mancanza del tempo. La gente camminava ore e ore nella savana con la cesta sulla testa per arrivare magari due o tre giorni dopo al mercato più vicino. L’idea di sapere che “non importa quando e come” è da un lato un conforto, ti senti parte di questo mondo perché lo vivi in pieno da protagonista, non come si vive da noi nella civiltà occidentale. Alle volte ho l’impressione che dopo il lunedì ci sia il sabato, che i mesi, gli anni passino così velocemente che mi sembra di essermi perso nel frattempo qualcosa, d’importante senz’altro.

Nei viaggi, dopo, lì nascono i colori, le tinte, le sfumature, riprodotti quasi fedelmente dalla mia immaginazione. E’ la contemplazione dei ricordi che, prepotentemente sono rimasti vivi dentro di me.

Evvabè, è più o meno questa la storia che volevo raccontarvi.

Chi vuol esser lieto, sia

Cabina

Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 Lorenzo de’ Medici, Canti Carnacialeschi, Canzona di Bacco

Ricordate questi versi? Mi sono venuti in mente ieri sera vedendo un film e, mannaggia, quanta malinconia!

La giovinezza, l’adolescenza, l’età più bella, quella della spensieratezza, dei batti cuori, dei primi amori che, come si dice, non si scordano mai. L’età dei sì con entusiasmo, della ricerca spasmodica del nuovo e del diverso, delle scoperte inaspettate, ma anche quella dei no ripetutamente no, soprattutto delle crisi d’identità, una lotta senza frontiere con se stessi e con gli altri.

Viverla con serenità – cosa che purtroppo non per tutti  è possibile – lascia dentro dei bei ricordi, senza incertezze, che sono poi quelli che io custodisco gelosamente in un angolino nascosto di me e alle volte mi ci tuffo non senza un sorriso o qualche piccolissimo rimpianto. Ma solo pochi, pochi.

Ma l’idea di vivere al meglio ciò che ci capita nella vita, dovrebbe accompagnarci sempre, non solo perché di doman non c’è certezza, ma anche perché diventa così l’unico modo per affrontare la vita con qualche sorriso in più.

E voi, che ricordi avete della vostra giovinezza?