Da Erzicovina

Questa è una pagina dedicata ad un personaggio nato quasi cinque anni fa e che è rimasto tutto questo tempo un po’ in stand-by, “Erzicovina della Contrada delle Valli Ruspanti” – sì, proprio lei che c’ha classe, mica acqua fresca – che prima o poi spero di riuscire a riprendere per continuare le sue storie.

11 dicembre 2008

Così, giusto per accontentare i nottambuli o forse i mattinieri (domani alle 11, può darsi alle 13, evvabè, domani ad una certa ora, di questo post non ci sarà più traccia… forse…), è venuta a trovarmi Erzicovina della contrada delle Valli Ruspanti, la sorellastra (bella… ) di Armide da Rotterdam, e non per dire, ma ci ha una classe che, come dice il detto, non fa acqua da nessuna parte, si proprio lei, e mi fa:

“Ehm… uhm… mannaggia, scusate, non so da dove incominciare… beh, sarei anche un po’ timida, ma ho solo bisogno di prendere il la, da non confondere con la ben nota nota musicale, altrimenti avrei detto che mi davo un la, beh insomma, o forse che avrei dato il la, o magari che il la si trova tra il sol e il si… do re mi fa sol la si… vuoi mettere che ho scritto anche una canzone?

Boh, non credo, e no perché in effetti se ci penso non ne sono del tutto sicura e poi…

… evvabè… oggi sono uscita presto e, indossata la mia pelliccia di volpe argentata della Groenlandia, con sotto una maglietta di pizzo San Gallo scollata al punto giusto, visto che sono una donna ecologica, mi sono incamminata verso la fermata dell’autobus, il numero 29, che passa sempre da via Duca degli Abbruzzi, gira per Largo Donati, si inerpica per Porta S. Alessandro, facendo scalo in Via San Colombano, poi prosegue per Piazza Rosate e fa capolinea in via Uccelli di Bosco, che non hanno niente a che vedere con gli uccelli scappati, tipico piatto dell’Umbria settentrionale, fatto con le bacche di mirtillo, fettine di lardo 6×8, e una foglia di salvia arrotolata tre o quattro volte sullo spiedino di legno… e, uhm, con pazienza, mi sono seduta sulla panchetta ad aspettare.

Che poi, cosa credete, lo faccio più o meno tutti i giorni, ma oggi non so perché c’avevo l’impressione che qualcosa di nuovo stesse per capitarmi e infatti, di lì a poco, arriva un signore, distinto, (‘mazza com’era distinto… ), con un cappotto color amaranto e un cappello nero a larghe falde, con una piuma di struzzo che gli spuntava dalla fascetta grigia, la barba lunga di quelle appena, appena incolta, come se non se la fosse tagliata da due o tre giorni. Arriva, mi butta l’occhio con fare disinvolto, s’appoggia al muretto, mette la mano in tasca, tira fuori il cellulare, lo guarda e poi lo rimette via e poi mi pianta gli occhi addosso che non vi dico come sono rimasta.

In un primo momento pensavo di avere qualcosa fuori posto, mi guardo, tiro giù la gonna (‘un si sa mai…) sospiro profondamente e faccio finta di nulla.

Dopo un po’, s’avvicina e mi dice: ” Che forse dovessimo conoscerci?” ‘mazza come parlava forbito, penso io… (ammetto che gli uomini che parlano così, c’hanno una marcia in più… beh, voglio esagerare, fors’anche due o tre… ), tiro su lo sguardo, cerco di fare spallucce e: “No… “ gli faccio con un filo di voce del tipo Santa Martina della Goretti Associati, e poi… “oh… perché mai me lo chiede?”

Lui s’avvicina ancora di più, quasi toccandomi china la testa, mi guarda intensamente negli occhi con lo sguardo assassino (‘mazza com’era assassino… ) e: “sse… c’avevo l’impressione d’avercela già vista e poi, ‘na bella svergolona come lei ‘un la si può certo dimenticare così facilmente, eh…. Hihihihihiiii… !”

Sono diventata rossa gialla e verde, come si dice a Trastevere, di tutti i colori, che sembravo ‘na ribollita, di quelle che si fanno cuocere a fuoco lento sulla brace di legna di pino mista a essenza di bergamotto della contrada delle Valli Ruspanti, (dalle mie parti insomma… ) e intanto, mi prende per il braccio, mi fa alzare e così c’incamminiamo come fossimo stati due fidanzatini.

“E dai” gli faccio, “sei proprio un birbante, lo sai che tutte le volte ci casco come una pera cotta.“

E lui: “ Lo faccio solo per stimolare la cortecia, così poi l’amore diventa più stuzzicherello… “

Mannaggia come è stato bello, a me ‘ste cose mi fanno sempre un certo effetto, quando ci penso divento rossa come un peperone, che poi non so perché si dica così, visto che i peperoni sono anche verdi e gialli.

E già, più che rossa, son diventata di tutti i colori, come i peperoni appunto, mannaggia, e no perché nel caso qualcuno non lo sapesse, io c’ho classe, mica acqua fresca!!!

11 dicembre 2008

E vi ricordate questa di uscita dell’Erzicovina?

Eddai Diemme, con me, Erzicovina, ti puoi confidare, lo sai che ci ho classe!!!

A proposito, il coltello va a destra, la forchetta in mezzo e il cucchiaio a sinistra. Il bicchiere del vino vicino alla mano, (per facilitare la presa… ) quello dell’acqua buttalo pure via che non serve, il tovagliolo va annodato intorno al collo e le gambe, sempre accavallate. Quando bevi, mi raccomando al dito mignolo, che deve stare sempre alzato e dopo aver bevuto un bel sorso, sciacquarsi bene la bocca, cosi ogni frammento di cibo lo porti via. Mangiare sempre con la bocca aperta, così fai vedere al padrone di casa che hai apprezzato il cibo (che ci hai in bocca… ), e se ti viene voglia di un ruttino, fai pure con comodo, che vuol dire che stai digerendo tutto quel buon cibo.
Quando finisci di mangiare, se ci hai le mani unte, puliscile pure sui pantaloni del vicino, tanto stai certa che lui capirà.
Bene cara Diemme, questo è l’estratto del galateo delle Valli Ruspanti, e se qualcuno ti dice qualcosa, non dargli retta che tu lo sai benissimo, io ci ho classe, mica acqua fresca.

A proposito, venendo da te, ho incontrato un bel figone che mi ha detto di salutarti appassionatamente.
Mi pare si chiamasse Artico, no, Arciode, no aspetta, Archimelohafattofare, no, Arthur, credo… che nome inconcludente!!!

Boh!!!

Erzicovina delle Valli Ruspanti

27 aprile 2009

Ricevo e con piacere vi rimetto questa lettera: (hihihihihihihihiiiiiiiii…. )

Uèhhh, ecchime, mi avevate per caso nominato o magari anche dimenticato?

Mi chiamo Erzicovina, della contrada delle Valli Ruspanti, la sorellastra (bella… ) di Armide da Rotterdam, e non per dire, ma ci ho una classe che, come dice er detto, non fa acqua da nessuna parte e giusto perché sono una signora, non vorrei parlare male del mio fratellastro, anche se forse è giusto che sappiate che quel maialone, quando la sera va al bar con gli amici da Luana, con la sua dolce sottana, dice sempre peste e corna della sottoscritta.

Peeeste lo coolga, diceva il Barbiere di Siviglia, mentre cantava “Quel mazzolin di fiori… “ al teatro dell’oratorio, girato l’angolo a destra dopo il vicolo dell’innamorata, e se gliene viene una anche a lui, di peste, con pustole color vinaccio, tendente al verde smeraldo, meglio ancora, Ihihihihihihihihi… credetemi, sono fin troppo buona, fischia come sono buona, anche perché mi ricordo nel 1452, quando Federico II conquistò l’Isola del Giglio, cosiddetto l’anno che verrà, avevo scritto una bella lettera accorata, (che non ha niente a che vedere con la Coratella, che è poi una mortadella fatta a forma di cuore, tagliata fine fine, come si dice, a lama di coltello… ), che iniziava così: “Caro amico ti scrivooo, così mi distraggo un po’, e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò.“

E quel cretino non aveva capito che ci stavo?

Inszomma!

Io sono una donna ecologica e vado per la città sempre a piedi e al massimo prendo l’autobus, il numero 29, che passa sempre da via Duca d’Aosta, gira per Largo Donati, si inerpica per Porta S. Alessandro, facendo scalo in Via San Colombano, poi prosegue per Piazza Rosate e fa capolinea in via Uccelli di Bosco, che non hanno niente a che vedere con gli uccelli scappati, tipico piatto dell’Umbria settentrionale, fatto con le bacche di mirtillo, fettine di lardo 6×8, e una foglia di salvia arrotolata tre o quattro volte sullo spiedino di legno, che poi a me non mi piacciono neanche un ciccinino e comunque sia, il bello dell’autobus è che tutti si fanno in quattro per te, c’è chi ti sorregge se stai per cadere, c’è chi ti mette lì una mano per non farti sbattere contro al palo e se uno c’ha il gomito appuntito, me lo fa subito sentire, così mi emoziono un po’, insomma, mi sento protetta e se anche gira Caprino n. 5, io non ci faccio per niente caso, anzi, se qualcuno si avvicina, lo ringrazio anche.

Tra le altre cose sono molto generosa, a buon intenditor…

E già, perché IO ci ho una classe che non fa acqua da nessuna parte!

*** Inszomma… ***

18 giugno 2010

Mi chiama stamane al telefono Erzicovina delle Valli Ruspanti, sì, avete capito bene, proprio quella che ci ha classe, mica acqua fresca e in lacrime mi racconta di una lite furibonda che aveva avuto con suo fratello Armide da Rotterdam, poco prima delle 8 del mattino.

Lei era intenta a fare colazione con le sue solite dieci portate di brioche, frutti di stagione, ovette sode ma con il tuorlo appena appena indurito, burro di arachidi perché più leggero e digeribile, spremute varie, dal succo di ananas, al succo di arance di Sicilia, dal succo di carota, al succo di ermellino, che non è un animale come tanti possono credere, ma è un frutto tropicale della foresta Amazzonica, girato l’Angolo a destra subito dopo le Barbados, che tra le altre cose si chiamano così perché nel 1256 dopo la caduta dell’impero Ottomano, quando Alessandro IV re di Svezia abdicò in favore di Eugenio detto il Grande dalle coste meridionali del Messico al suono di Messico sì, Messico no, alcuni naufraghi capitarono in una terra sperduta, senza un’anima viva in giro e decisero di fermarsi per fare un riposino che poi è durato un bel po’ di anni.

Ecco il perché del nome. (?)

Tra l’altro, la stessa cosa era capitata a mio cugino Giovanni, che tutti chiamavano Anni, che poi può essere scritto anche con la j lunga, Annj, come il nome della moglie del mio amico, proprio quello – evvabè non si può dire – che è una gran bella donna, alta, formosa al punto giusto, con una misura di seno intorno alla quarta coppa C, che poi somiglia ad una sesta convertita a quinta di incontrovertibile misura, dipende tutto da che parte la si guarda, inszomma una bella coppona di champagne, del tipo Don Peppino e le vacche magre, l’episodio di Mastro don Rinaldo, che nel momento in cui scese in campo, nella rustichella n. 5 del Barbiere di Siviglia, cantò urlando una filastrocca che ora non ricordo più. (inszomma, inszomma… )
E allora dicevo, Erzicovina aveva litigato con il fratellastro Armide e la ragione era che Armide era geloso come un limone cedrato, nel senso che se lo spremevi un po’ si tranquillizzava, ma non dovevi fargli vedere affatto di essere interessato alla sua sorellastra, perché altrimenti tuoni e fulmini della costellazione di Re Benedetto dai frati del convento in pizzo alla montagna che cantavano sempre: “Sul cucuzzolo della montagna, mi manca il vino, ci porto l’acqua, mangio l’erbetta, con la mia capretta…”

Porcacc… come era triste e sconsolata, sembrava persino malinconica, che come disse qualcuno, la malinconia è un sentimento simile alla tristezza che spesso si ripresenta dopo una visione “nostalgica” di qualcosa. La malinconia è una sorta di tristezza di fondo, quasi non consapevole, un desiderio dell’anima che ti porta via e chi se visto se visto.

Beh, Era passato anche nonno Archimede e come al solito, non ci aveva capito niente.

*** ‘sera! ***

21 maggio 2012

Lo so che ormai tutti la conoscono, ma è giusto che si sappia in giro che Erzicovina delle Valli Ruspanti c’ha classe, mica acqua fresca, anche perché oggi come oggi non è facile trovare donne come lei che come se nulla fosse, sanno coniugare il verbo essere così come il verbo avere senza alcun problema – anche se la sorte alle volte ci mette lo zampino e un avverbio si confonde con un verbo che fu – soprattutto dopo aver mangiato per colazione le sue solite dieci portate di brioche, frutti di stagione, ovette sode ma con il tuorlo appena appena indurito, burro di arachidi perché più leggero e digeribile, spremute varie, dal succo di ananas, al succo di arance di Sicilia, dal succo di carota, al succo di ermellino, che non è un animale come tanti possono credere, ma è un frutto tropicale della foresta Amazzonica, girato l’Angolo a destra, subito dopo le Barbados e… e… evvabè, so anche che questo lo sapete, visto che l’avevo già scritto, ma cosa ci volete fare, alle volte anche i grandi oratori come me si ripetono e così sia.

Dicevo, Erzicovina, già, Erzicovina, lei è il tipo che anche in cucina c’ha la stola di Ermellino, non il succo, ma l’animaletto proprio proprio, quello che nasce alle Falde della Rocca Sommersa, una sera sì e una sera no, solo che è sintetico, di quelli che si comprano alla fiera dell’Est nella bancarella della Norma, che non ha niente a che vedere con la Norma del Giovannoni , ma che è la terza moglie del Nori, chiamato così perché una sera d’estate al calare del sole, inciampò in una pozzanghera che proprio perché era estate non doveva essere lì dov’era, ma destino fu immondo e così scivolando tra capo e collo, si ruppe l’osso dell’alluce, per cui da quel giorno in poi, incominciò a girare con le scarpe bucate per via del fatto che gli era venuto l’alluce verso, nel senso che a seconda di dove lo si guardava, lui ammiccava facendo l’occhiolino e fallo oggi e fallo domani, il Nori fu chiamato Nori, appunto. Ma tornando a noi, orco, mi sfugge il motivo per cui vi sto raccontando queste cose e… ah, vabbè, a sì, evvabè, aspettando che Carlotta si decida a mandarmi la ricetta dedicata a Venticello, e aspettando che Carla si decida a raccontarci come è andata quella volta a Canicattì e aspettando che Antonella, mi mandi il suo pezzo su Mirò o giù di lì, e aspettando che Patrizia riesca a fotografare la Farfalla Dorisdeatramundatas, io vi racconto di Erzicovina che nel frattempo si è improvvisamente scoperta cuoca d’eccezione, e così dedica a noi e a tutti gli amici Sardi che spero non protestino, una gustosa ricettina, così giusto per la serata, anche se ogni tanto si lecca le dita, ma sapete com’è, in cucina è tutto concesso e come disse il saggio,aglio, cipolla e prezzemolo tritato, si mangia in primavera con il novello Morellato. 

Pane Frattau

Un piatto sardo che coniuga alla semplicità anche un gusto saporito, che si prepara con il pane carasau, chiamato anche “carta da musica” per il suo aspetto di pergamena, sottilissimo e friabile. E’ un piatto tipico del Nuorese ed è antico come la transumanza: durante la cottura, quando la pasta era ancora malleabile, veniva piegato nel mezzo, perché potesse entrare nella bisaccia del pastore senza rompersi. (piccole notizie storiche… )

Ingredienti per 4 persone:

  • 6 dischi di pane carasau o carta da musica
    800 g di polpa di pomodoro a tronchetti
    1 grossa cipolla
    2 spicchi di aglio
    del brodo di carne
    60 g di pecorino sardo
    4 uova
    olio extravergine di oliva
    sale e pepe

Preparare un buon brodo di carne e frattempo preparare anche un sugo semplice, con pomodoro, aglio, olio e basilico.
Bagnare il pane nel brodo (buttare le fette di pane carasau una alla volta nel brodo bollente e scolarle dopo pochi secondi). Prendere il piatto di ogni commensale, iniziare con uno strato di sugo di pomodoro e pecorino, aggiungere una fetta di pane e così via per 4/5 strati. A questo punto cuocere le uova in camicia, ossia buttare le uova, uno alla volta, in acqua bollente salata con un po’ di aceto e cuocerle per 2/3 minuti.
Guarnire ogni piatto con un uovo in camicia e spolverizzare ancora con pecorino.

Con i saluti di Erzicovina delle Valli Ruspanti, uhmmmm… perché Lei c’ha classe, mica acqua fresca. :-)

Nel Salotto di Erzicovina

E nel frattempo accomodatevi nel Salotto di Erzicovina, così giusto per fare due chiacchiere, magari tra una granita di caffè con panna ed una pasta a forno alla Siciliana… 🙂

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Un pensiero su “Da Erzicovina

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