Disorientamenti Letterari

Disorientamenti

“… Arthur… ai tuoi “disorientamenti” letterari ci siamo abituati (un po’… mica tanto) ma che adesso tu mi conosca solo il sud e non l’est… suvvia, inszomma, inszomma… Prova a guardare dove sorge il sole e se non funziona, poi portiamo ad aggiustarti ‘sta bussola, eh?!? “

E’ con questo commento che Elle ( Elle ha detto: 28 maggio 2009 alle 10:20 ) ha dato vita ad una definizione che mi è molto cara, “Disorientamenti letterari”,  parole senza senso scritte per gioco, divertendomi e soprattutto, cercando di divertire chi le legge.

Inszomma, inszomma…

 Che poi, parlando del più e del meno, chissà perché mi vengono in mente un sacco di cose da dire, per esempio che a Trastevere si mangia bene e volendo si spende anche di meno, che non bisogna dire al fruttivendolo quanto è buono il formaggio con le pere, altrimenti ti vende l’uno e l’altro facendo così un bel pastrocchio, che la notte di San Lorenzo se uno ha voglia di esprimere un desiderio deve farlo con accanto un ettolitro di birra scura di puro malto, distillata in botti di rovere invecchiate nelle cantine di Roveredo, che a nonna Giuliana gli mancano tre denti davanti e due dietro e si accettano offerte per comprarle i para spruzzi, che Fontana la prima volta che tagliò una sua tela lo fece per puro caso, perché voleva distruggere un’opera venuta male e con una rasoiata, si accorse che l’opera funzionava meglio, che se si mette il formaggio grattugiato sopra la pasta con le sarde, si rischia di passare per poco di buono, che la sera, come anche al mattino, è meglio mettersi un golfino, perché l’aria è, come dire, un po’ freddina, che gira e rigira, mescola e rimescola la solfa è sempre la stessa, che più leggo i giornali, le cronache rosa, gialle e nere e più mi viene voglia di fare un bel falò, che le corna fanno tanto male, ma solo a chi se le ritrova sulla testa improvvisamente dalla sera alla mattina, che a Filicudi c’è un mare limpido, un cielo così terso e un silenzio così intenso da fare invidia a una trasmissione di Maria de Filippi, che mi sono stufato di sentire parlare i nostri politici, perché ogni volta che lo fanno, mi sembra di essere (io) sempre più deficiente, che magari si perde un sacco di tempo dietro alle cose da fare e non ci si rende conto che a far niente si suda di meno, che sarebbe bello andare in Toscana…

bellissima la Toscana… L’ho “vissuta” tanto tempo fa, quando c’era ancora il dolce far niente, l’essere spensierati e si era solo alla ricerca di cose inutili ma, che ti facevano star bene dentro. Firenze, studiavo, cazzeggiavo, facevo finta di essere impegnato, tra barriere e bicchieri di chianti, tra sogni ad occhi aperti e realtà inaspettate. E poi, le colline del Chianti, i fegatelli e il prosciutto tagliato con il coltello ed ancora tanti, forse troppi brindisi, sempre alla salute di qualcuno. Quante volte a Montepulciano (avevo ottime referenze, una fidanzata doc), e poi il pansanto, la bruschetta con il pane abbruscato a fuoco vivo, con l’olio nuovo ed uno spicchio d’aglio strusciato sopra, i pici al sugo di carne e ovviamente conditi con un bicchiere di vino “Nobile di Montepulciano”…

…che stretta è la via, lunga è la fune, dite pure la vostra che ormai ho quasi detto la mia…

 Inszomma, inszomma… evvabè, finire una “conversazione” dicendo inszomma, inszomma, non sta poi tanto bene ma visto e considerato che fa caldo, che il tempo delle vacanze è ancora lontano, che il prossimo post tarda ad arrivare, mi sa che devo prendere in mano la situazione e raccontare qualcosa così giusto per ingannare l’attesa… oh mannaggia, mi sa che l’ho già fatto, mannaggia, fa caldo e allora…

Inszomma, inszomma… 27/05/2009

Se magari si mette a piovere.

Da dove incomincio…

…vi è mai capitato di aver voglia di scrivere, tante idee per la testa ma, anche tanta confusione, al punto che solo mettere due parole insieme diventa difficile… scrivo, poi cancello, poi riscrivo e poi… mannaggia, ri_cancello di nuovo, anzi, chiudo il mio nuovo documento di Word, sperando che nel frattempo… lasciando decantare il tutto, magari le idee si chiariscono e allora, esco a fare un giro, (camminare fa bene… ), poi torno, guardo un po’ di carte, le metto a posto, visto che ci sono pulisco anche la scrivania, m’incazzo (pardon… ) m’arrabbio come una bestia con le donne delle pulizie che non puliscono mai nulla, giro intorno alla sedia, guardo lo schermo del computer (mannaggia quant’è bello… ), mi siedo, apro un nuovo documento di Word e incomincio a scrivere… no, aspetta, da dove incomincio…

… beh oggi è una gran bella giornata e il Giacomo è uscito da casa, ma se viene via lui poi Lina si sente esclusa e quindi si accomodano anche Alessandro, Giuliettina insieme a Rocco e i suoi fratelli, non quelli del Gattopardo, Luciano, Vincenzo e Gabriele, le sorelle Vika, Ika e Katia, padre Don Salvatore, che ha salvato le popolazioni del Lago Trasimeno, quando si era inondata Firenze, nel luglio del 1947, giorno dello sbarco degli americani a Portofino, e Alessandro fa i capricci perché si è rotta la serranda, in casa sua è ancora tutto buio, ma non come quella volta a Cesenatico, quando sulla spiaggia arrivarono i vu cumprà e senza batter ciglio, Evelina si spalmò di crema protettiva, sai quella numero 5, perché c’era Vittorio che doveva arrivare ed allora si trovarono tutti sul Ponte Vecchio, a scartare quei regali che erano rimasti nel baule della macchina, in quel parcheggio di viale Gismondo da Verazzano, angolo via Paleocapa, dove fanno anche le frittelle e, nonna Pina ci passa tutte le mattine, perché la nipotina, quando viene, si ritrova tutta innervosita, con i capelli in disordine che Marco ed Emanuele si divertono a rimescolare, come fosse un mazzo di carte, si quelle carte che trovi tutte le mattine davanti al tuo portone, e quello stronzo di Giuseppe fa finta di non vedere, come se la casa non fosse anche sua, ma verrà il giorno, o forse non verrà, fatto sta che l’altra sera, mentre bevevo una birretta, mi dissero che Rosina era sotto la doccia e, tutti a guardare fuori alla finestra, che nel frattempo s’era chiusa, per non far passare tutta l’acqua, perché quel rubinetto rotto non era stato più aggiustato, e giusto per non dimenticare, volevo dire che s’inaugura una mostra, in quella galleria d’arte a Castrovillari, dove espongono i nani, tutti e sette ma senza Cenerentola, che nel frattempo è stata mangiata dal lupo cattivo, che l’aveva presa in giro dicendole quant’erano belle le sue orchidee, da non confondere con i gerani di zia Giuseppina, che bagna una sera si e una sera no, senza curarsi che Duilio ha perso i capelli, e che non stava bene dirlo al suo collega…

… forse è meglio andare a fare un altro giro, magari si mette a piovere e così mi rinfresco un po’ le idee.

Se magari si mette a piovere 10/03/2009

Sole, mare, mare, sole…

Sole, mare, mare, sole… parole che mi rimbombano in testa, perché questo weekend di metà luglio si prospetta davvero interessante… come quella volta a Lido di Camaiore, stazione balneare all’avanguardia, con oltre quattro chilometri di spiaggia dalla sabbia finissima, quando Marco, originario della Valcamonica, di professione rappresentante di piccoli elettrodomestici d’asporto, sceso dalla sua FORD Mustang CABRIO V8 GT PREMIUM del ’67, per un totale di 2800 cavalli, per prima cosa, tira fuori dalla tasca dei pantaloni il pettinino nero,  incomincia a rifarsi la “piega”, specchiandosi con disinvoltura nella vetrina di lato i suoi bei capelli biondi sfrangiati, e passandosi poi il dito sulle labbra, un’aggiustatina alle sopracciglia gli era sembrata una cosa sacrosanta e giusta, non senza, dopo, aver sistemato i “gioielli” che, per sua sventura, si erano improvvisamente appisolati tra una piega e l’altra dei suoi bellissimi pantaloni bianchi, modello stile impero taglio jeans con pens, ampi, trattenuti in vita dalla coulisse, che mettevano in bella mostra una maglia stretta sul torace, color porpora con righe gialle e blu, regalo a lui tanto caro della sua nonna Giuseppina, che diceva sempre: “Marco, Marco, mi raccomando, fai il bravo… “

Passato il tempo dell’aggiustaggio, si guardò intorno e presa una sigaretta dal taschino della sua morbida e soffice giacca in cardigan color biscotto, l’accese e con passo felpato s’incamminò lungo il litorale, dandosi nel frattempo un’aria disinvolta e truce.

 Arrivato al negozio dell’angolo, buttò la sigaretta per terra, non senza averla, dopo, spenta con le sue meravigliose scarpe bianche, in tela originale canvas, con morbida suola in gomma, afferra la maniglia della porta, l’apre e, sporgendosi per metà dentro: “Posso? C’è spazio per un povero viandante in cerca di fresche, chiare, dolci e voluttuose parole?”

 La signorina che stava rassettando le scatole di scarpe sugli scaffali, si gira, lo guarda(non senza aver fatto prima un bel sospiro…) e…. : Oh, Marco, che ci fai da queste parti?” Lui finalmente si decide ad entrare e camminando un po’ come se fosse sui carboni ardenti, fa un guizzo con la voce e le risponde: “Ehiiii… slapp, slpappss… babbebbibobb… sai com’è, avevo un paio di cosetta da fare e così, visto che c’ero…”

 Senza aspettare risposta, si siede sulla poltrona che c’è nell’angolo, la Chester anni ‘40, di seduta morbida, un molleggio ottenuto con molle biconiche in acciaio, posizionate a mano in una struttura portante in faggio stagionato, poggiando le braccia sul plissé dei braccioli che chiudono degnamente la ricca lavorazione a capitonnée del manto, anch’essa interamente fatta a mano,

 Secondo voi, cosa farà d’ora in poi il nostro Marco?

Sole, mare, mare, sole…18/07/2009

Un mio commento in Sole, mare, mare, sole… 

Il Pelide Achille, figlio di Peleo, re di Ftia in Tessaglia, il pié veloce della mitologia greca, s’intrufolò dalla porticina secondaria del palazzo del re, non senza aver prima sgranocchiato una pannocchia di granturco che aveva rubato dal paniere che si trovava in cucina, senza che Genoeffa, (la cuoca cubana fatta venire dal padre dalle Isole Cicladi, che era cresciuta a Mykonos fino all’età di tre anni e poi lo zio d’America l’aveva portata a Paros, non senza essere passato prima da Ios e Milos, lasciando Santorini e Creta lontano dal loro tragitto… ), se ne fosse accorta.

Era un ragazzo di una bellezza che ai tempi era considerata splendida splendente, per le evanescenti miriadi di raggi luminosi che da sera a mattina senza alcun premeditato intendimento di sorta, emanava, donando forza e coraggio alle popolazioni che vivevano nelle immediate vicinanze del castello principesco che il re aveva voluto costruire, copiando di sana pianta il castello di Canterbury, che si trovava nella Scozia meridionale, girato l’angolo a destra, verso i paesi Scandinavi che poi se ci pensate avevano qualcosa in comune con le popolazioni Hawaiane della Groellandia settentrionale.

La sua ira, fu destinata a fare scalpore, soprattutto quando una sera, trovandosi senza una ragione ben precisa a dover fare i conti con un portafoglio ormai vuoto, si vide recapitare un conto salatissimo, per aver mangiato soltanto due porzioni di pane carasau, una porzione abbondante di suppa cuata, insieme ai malloreddus acompagnati dai culurgionis, perché a lui i ravioli dalla forma solitamente quadrata, rettangolare o tonda, preparati con la semola, ripieni di ricotta e bietole, o di formaggio, o di patate e zafferano che si preparano con ricchi ragù accompagnati dal pecorino grattugiato piacevano tanto, e poi, visto che aveva ancora fame, si era fatto una cofanata di porceddu’, tipico maialino cotto alla brace e servito su vassoi di legno o di sughero con foglie di mirto, e una pecora in cappotto, bollita con patate e cipolle.
Per finire i is pabassinas, ovvero gli amaretti, con l’aggiunta di uvetta passa e sapa, non senza quattro o cinque bicchieri di filu’ e ferru, che a lui piaceva tanto tanto.

Liberamente tratto da Wiki_arthur.

Evvabè, torniamo a Marco.

27 luglio 2009

Com’è?

“Com’è” è un modo di dire toscano, che starebbe per…  come stai…  come ti va?
Quando telefono a mio fratello che abita da quelle parti, la prima cosa che dice quando risponde è ” ciao Arthur, com’è?”

Ed io mi rotolo per terra dalle risate ( 😆 ), perché mi viene da rispondere “Com’è? Beh, oggi piove a dirotto, perché siamo a novembre e per necessità di cose, c’è gente che si prepara ad andare in montagna, quindi, se non ci fosse la pioggia, non ci sarebbe neanche la neve, che poi l’una non è detto che si trasformi nell’altra e, così giusto per continuare il discorso, mi viene in mente quella primavera del ‘55, si quella quando lo zio di Gesualdo, Don Gioacchino Perspicace, andò all’osteria e appena fu dentro, tutti si misero a ridere, perché aveva portato con se una cesta di verdura, ma di quella che si raccoglie in primavera, che lui, come per miracolo, era riuscito a conservare, e nel mentre si senti il rombo di un motore… stava per passare un aeroplano, con uno stendardo giallo e rosso, tipici colori autunnali, forse, con su scritto in caratteri cubitali  torno subito… uhmmm… era il barbiere di Siviglia, che era andato a prendere il latte e per paura che i suoi clienti andassero via, aveva messo quel cartello e, sua moglie, sempre vigile e attenta, se ne accorse e gli fece la paternale… inszomma, volevo dire la maternale (Mater semper certa…), sapendo che lui se ne sarebbe fregato, e gli avrebbe risposto: la donna è mobile, qual piuma al vento, muta d’accento – e di pensiero. Sempre un amabile, leggiadro viso, in pianto o in riso, – è menzognero. È sempre misero chi a lei s’affida, chi le confida – mal cauto il core! Pur mai non sentesi felice appieno chi su quel seno – non liba amore!”

Inszomma, quando sento “com’è” mi a_ri_rotolo per terra sempre dalle risate…

Com’è? 08/11/2009

Sarò per caso (…) un caso perso?

Oggi mi sento un po’ così, non so, mi sembra che mi manchi/a… (io ti manco, tu mi manchi, lei mi manca, noi non ci manchiamo, voi non ci mancate, essi si vedrà… ) …dicevo, ho come l’impressione che una costola mi sia stata tolta e, boh… non se la starà mica spolpando uno scoiattolo… come quella volta che l’omino mi disse: strada facendo vedrai che non sei più da solo, strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo e sentirai la strada far battere il tuo cuore… vedrai più amore… vedrai… e allora gli ho risposto: io troppo piccolo fra tutta questa gente che c’è al mondo, io che ho sognato sopra un treno che non è partito mai e ho corso in mezzo a prati bianchi di luna per strappare ancora un giorno alla mia ingenuità e giovane e invecchiato mi son detto tu vedrai,vedrai… vedrai… evvabè, più o meno, questo sproloquio lo facevo circa… ‘nnaggia, adesso faccio mente locale…

Sarò per caso (…) un caso perso?

Io perdo tu perdesti egli può darsi che perderà, noi sono sicuro che perderemo, voi chissà se perderete, essi senz’altro perderanno.

Sarò per caso (…) un caso perso? 05/10/2009

Come canne al vento

L’altra sera stavo per mettere un po’ d’ordine tra la moltitudine di cose che ho scritto in questi ultimi tre anni e mi ritrovo a leggere uno dei miei soliti e (un tempo) inevitabili“Disorientamenti Letterari”, (termine coniato un bel giorno da Elle, mentre ne leggeva uno…)

Leggo che ti rileggo e… evvabè, lo scrivo lo stesso… dunque, la prima cosa che mi piace fare, che poi forse sarebbe meglio chiamarla terza, perchè la prima veramente sarebbe stata un altra, e quindi non insistete, perchè sapete benissimo che poi me lo dimentico e non faccio altro che girarci intorno, per cercare di ricordarmelo, a proposito, la sapete l’ultima? E già, perché tra la prima, la seconda e la terza non c’è poi molta differenza, mentre l’ultima è sempre la benvenuta, soprattutto se la racconti nel bel mezzo di una conferenza stampa, sai di quelle che si fanno spesso tra capo e collo che poi Vattelaapesca cosa vuol dire, senz’altro diverso daVattelaapescà e sì, perché sono talmente tanti i modi di dire che alle volte vien voglia di mandare tutti a quel paese e non chiedetemi quale è perché non saprei proprio cosa rispondere…

Mannagg… questa cosa mi fa venire in mente quando nel 1932, nei meandri delle pieghe più nascoste dell’abito blu con strisce verdi e rosse di Stefano Quintino, detto il bello della contrada Filibustieri, che generalmente quando non giocava in casa, andava al supermercato che a quei tempi non esisteva neanche, perché se c’era il pizzicagnolo era già una gran cosa e, dicevo… nei meandri c’erano conservate, una piegata sull’altra, delle lettere scritte su carta pergamena, di un bel colore giallo, con delle striature tendenti all’amaranto, con inchiostro verde fermento, colore assai noto ai pittori dell’epoca, in onore ai Vespri Peloritani, che più o meno si erano svolti in quell’anno, tra una rivoluzione culturale ed una gastronomica… e, dicevo… c’erano queste lettere che lo Stefano Quintino – della dinastia dei Quintini Etruri, che venivano dai Balcani ed erano approdati a Ustica, dopo essere passati da Pantelleria, con una capatina a Bolgare alti e stretti -aveva scritto alla sua fidanzata di allora, certa Giulietta delle Riserve Capitoline, figlia di Norimberto del Ciglio di Strada, da non confondere con Ludovigo del Lago dei Cigni che era tutt’altra cosa… e, dicevo… orco, non me lo ricordo più…

… scusate ho deviato un po’… stavo dicendo che la prima cosa che mi piace fare è andare al mare… uhmmmmm… continuo dopo con la seconda cosa che mi piace fare o forse la terza, boh… ma la sapete l’ultima?

Beh, se siete riusciti a leggere fin qui, vuol dire che siete miei lettori affezionati (e molto ma molto, ma molto pazienti…), ma credetemi, non scrivo sempre così, ma alle volte capita… ‘nnagg… se capita!!!

Forse…

Come canne al vento 07/03/2011

Liberamente tratto da…

Era stato come una specie di guizzo che, Gerolamo, detto anche l’asso del falcetto taglia erba, neanche avesse dovuto passare notte e giorno insieme a Pistagliarella di Coverciano, che nel caso sarebbe stato altro che un problema, perché quest’ultimo prima di prender sonno aveva il vizio di cantare Calabresella Bella in onore della sua femmina taurina, nonché mucca delle valli del Brosento posteriore, dietro la Centricarella settentrionale, che quando faceva il latte amava sentire quella canzone, aveva improvvisamente provato o forse era meglio dire che aveva sognato, ad occhi aperti ovviamente.
Si guardò intorno, ma non vide nessun paio di zatteroni anni ’80 made in Taiwan rifinite a mano a Castrovillari dell’Isonzo, angolo Centocelle di Moldavia, sopra, sotto, non ha nessuna importanza e mentre pensava, improvvisamente si accorse di avere due occhi che lo fissavano con un non so che di interrogativo, come quella volta che si era trovato a Bugnasco Calabro nel bel mezzo di una festa paesana, sai di quelle dove ci sono le processioni, la Vara con i Santuzzi devoti, e la gente che piange e si dispera, ma solo quelli che aspettano di vincere il concorso comunale per titoli ed esami per la copertura a tempo indeterminato di numero dieci posti di segretario alle manifestazioni pubbliche con delega a termine alle pari alternative che di giorno in giorno si presentavano agli occhi di chi nemmeno voleva sapere e forse neanche quella, con scadenza il 30 settembre 2015 e poi, poi c’era la banda con le Majorette – tipica ragazza che pratica con disinvoltura una disciplina di spettacolo con minimo 12 elementi dai sei ai sessantaseianni , che sfila sempre insieme alla banda musicale o anche a più bande messe assieme a seconda dei casi, che ballano con incedere elegante – e mentre guardava tutte ‘ste belle cose, si accorse che qualcuno stava parlando con lui.

“Svegliati Gerolamo, a cosa pensavi? “

Silvana gli stava urlando nelle orecchie con occhio gàrrulo e fronte corrucciata, tant’è che lui, facendo finta di nulla rispose: “ Ma cosa vai a pensare? Mi ero solamente un attimino, come dire, giusto così  tra una cosa e l’altra estraniato e se vuoi saperla tutta, ma proprio tutta tutta, stavo pensando a te, di portarti a cena fuori in quel bel ristorantino che a te piace tanto, sito sull’Aurelia settentrionale, con i tavolini in ebano della Groellandia con fiamme rosse e gialle di Frassino della foresta nera girando a destra prima della cascata del Niagara, sedie Luigi tredicesimo con sedile imbottito con piume d’oca, però solo la parte del collo andaluso che è poi la più morbida e gustosa, rivestite con stoffa damascata Carrupipese tendente al porpora con macchie gialle, viola, blu oltremare ed anche lato montagna, a seconda se si guarda di sera, di giorno, il pomeriggio e all’imbrunire o al cascar del sole. Uhmmm, eh, inszomma inszomma, cosa credevi?”

“Beh, come sei carino” urla tutto d’un fiato Silvana. “Se vuoi mi metto quel vestitino che a te piace tanto e che fa dudududugiùdu”

Liberamente tratto da Wiki_arthur.

Evvabè, come sarà andata a finire?

Liberamente tratto da… 05/06/2013

Marzapane

Oh che bontà!

Ma mi domando e dico secondo voi, guardando questa foto meravigliosa – come dire che quando mi ci metto non sono proprio malaccio – cosa vi viene in mente?

Senz’altro se quella frutta è vera o è di marzapane. In Sicilia, cioè dalle mie parti, il marzapane lo chiamano “Frutta di Martorana” che se fatta a regola d’arte è buonissima. L’avete mai assaggiata?

E giusto così per dire, senza per questo voler cambiare discorso, mi viene in mente che una sera d’estate,  mentre la gente accaldata dopo una giornata assolata prendeva un po’ di refrigerio mangiando al bar dell’Angelo un gelatino al limone con sopra la ciliegina sotto spirito, rosso arancione e giallo canarino, arriva di soppiatto senza fare alcun rumore Giuseppe, si siede sulla panchina del vicolo numero 147 della borgata dei Sangiovanesi e guardandosi con fare circospetto tutt’intorno si accende una sigaretta che tra l’altro l’aveva presa dal pacchetto dell’amico Ernesto che poco prima l’aveva comprata al bar dell’angolo, giusto dove c’era Cosima Benedetta dell’ordine certificato delle sorelle Sesta Coppa GH, con l’aggiunta della S (SUPERIOR) con doppie frange e sostegni laterali, per compensare certe cadute libere che ogni tanto potevano capitare soprattutto se tra il dire e il fare s’intraprendeva una corsettina serale, detta anche dei Vespri Carmelitani, fatta con passo sostenuto tra le vie deserte del centro cittadino passando per via Ansimando con le Correnti d’Aria, Piazza delle Correnti già avvenute e procedendo per via Armando Garibaldi, che non era per niente parente dell’eroe dei due mondi, che poi se devo essere sincero, non ho mai capito di quale mondi si trattasse, perché in ogni caso, la Sardegna insieme alla Sicilia erano sotto la dominazione delle popolazione Ongare senza alcun ritegno, che si distinguevano per certi particolari copricapo fatti con corna di bisonte impauriti, cacciati nelle notti di luna calante, perché se si sbagliava la tornata, c’era il rischio di rimanere a bocca asciutta e…

…mannaggia, scusatemi, mi sono fatto prendere dai miei disorientamenti letterari che ogni tanto prendono il sopravvento, ma in effetti è solo una scusa per prendere tempo, visto che le idee in questi giorni sono un po’ ballerine, nel senso che vengono, vanno a fare un giro e non ritornano più, le birichine.

E comunque torno, altro che se torno e nel frattempo, buona serata e per domani, buona giornata e per dopodomani, beh, l’ho detto che torno, altro che se ritorno.

Oh che bontà! 13/11/2013

‘giorno!

E così dopo Natale e Capodanno arriva l’Epifania, che come anche chi non ci crede di sicuro, tutte le feste le porta via. Che poi al pensiero mi viene anche da ridere, visto che di feste, durante queste feste, non è che ne abbia viste tante, ma tant’è che la crisi c’è, così giusto per fare una bella rima, come quella volta al Colosseo, un giorno come un altro, forse festivo o forse no – ma questo cosa vuoi che importi? – che Ernesto era riuscito a farsi dare da Camilla un appuntamento al buoi, nel senso che non conoscendosi non avevano neanche utilizzato la classica rosa coltivata alle falde del Monte Orticaria, ma solo se dopo una luna piena e un acquazzone tipico di quelli estivi, fosse venuto fuori un bell’arcobaleno dai tipici colori splendidi e ruggenti (???), tipico di quei luoghi se solo si ha la voglia e la pazienza di crederci, che tra le altre cose mi fa venire in mente quella volta a Castelgaglioffo, tipico paesino delle Alpi Apuane a metà strada tra Crocette e Abbade del Marco, che sorge a 312 metri sul livello del mare, girato l’angolo a destra non prima di aver fatto quel solito curvone che s’intravede giusto in fondo al viale, nel vicolo dei Campanari c’era una casetta piccola piccola dove il Morellino di Scansano andava a suonare la fisarmonica, e sì perché a quell’epoca e non vi dico quale, altrimenti poi mi contestate la veridicità delle notizie storiche, capitava di trovarsi nella centralissima piazza della Repubblica ad aspettare che Maremma lo Stralabbico, detto anche Grillo del Feudo delle arance tagliate con le sorbole del Perugino, si decidesse a raccontare di quella volta che a Sirolo, tipica spiaggia dei Balcani superiori, conobbe la sua bella, che poi, a dire il vero lì son tutte belle e, infatti, uno di questi giorni mi sa che ci faccio un salto, a fare direte, così solo per vedere, rispondo e chissà se c’ha ragione quel detto che chi di bello incomincia è a metà dell’opera e mi sa che per essere solo il 2 di gennaio io abbia incominciato bene – non vi pare? –  tra un disorientamento letterario e l’altro, una lettera che va di qua e una che si riattacca un po’ più in là, la voglia di ricominciare disorientando_mi_ci c’è tutta, ma se ci fosse il mare sarebbe ancora meglio e, beh, se non sono stato chiaro, la prossima volta ve lo spiego meglio, appunto.

Evvabè, mannaggia, Buon Inizio!

‘giorno! 02/01/2014 

Cosi-Arthur

Così, giusto per dire!

Oh mannaggia Patrizia c’hai ragione e tanta tanta anche. Pensa che ieri sera sono andato al cinema per vedere un bel filmetto e chi t’incontro? Ma sì. quel bischero del Mario, non so se te lo ricordi, sì. Mario quello che andava in giro con una Ford Mustang del ’65 color amaranto tendente al violaceo super spinto, 4.6 V8 allestimento Gt con dettagli Shelby, con interni in pelle di capra rovesciata e autoradio 2din Alpine mp3 con sinto Tv, navigatore, impianto Bosebal e telecamera bioculare posteriore, cerchi in lega 20”, fari led custom anteriori e posteriori – che non so cosa voglia dire a dire il vero – antifurto volumetrico e perimetrale con antisollevamento a sirena spiegata, insomma, come puoi vedere con tutti i confort, così giusto perché lui la usava solo e comunque per rimorchiare.

Ma t’immagini mentre scendeva dalla macchina con i suoi stivaletti tacco alto 12 e punta rinforzata in cuoio ripassato almeno una ventina di volte nell’olio di foca fatto macerare nelle botti di rovere della Mauritania nelle notti di luna piena che, all’ululato del lupo Siberiano una volta si e un paio di volte no, si rimescolava con enormi cucchiaioni di legno che solo per tenerli fermi veniva l’osteoporosi multipla che poi costringeva il malcapitato ad andare a curarsi nelle Valli del Consertovellino, proprio dalle parti di Roncola Vellutata girato l’angolo a destra dopo un cartello di affittasi che era rimasto lì dal tempo dei tempi come dire ai posteri l’ardua sentenza???

Ebbene sì, era appena un pochetto strano. Appena mi ha visto ha fatto finta di svoltare l’angolo e, in effetti, contrariamente a quel che diceva sempre, era con una signora d’altri tempi, mantello lungo di raso azzurro e scarpe scamosciate color ciclamino, che poi era tutto quello che si riusciva a vedere in effetti.

E così mi è venuto in mente quella volta che nel negozio di frutta e verdura, tra una melanzana e una zucchina di terra stagionale, il verduraio mi aveva messo dentro al sacchetto anche un paio di albicocche acerbe, dicendo che erano così buone che volendo potevano durare almeno un paio di settimane, sempre che non mi fosse venuta la voglia di consumarle prima.

Già, ti starai domandando perché ti racconto tutte queste cose?

Ma sì dai, non l’hai ancora capito? Il problema è che tra una disorientata letteraria e l’altra prendo un po’ di fiato, giusto per preparare, come sempre, qualcosa di bello da pubblicare per Pasqua .

‘nnagg…!!!

Così, giusto per dire! 15/04/2014

Continua…

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