Oops!!!

Penso che la cosa più difficile sia entrare nella vita delle persone, che non vuol dire conoscerle, ma farne interamente parte, dividere con loro tutto ciò che c’era “prima”, per poi farlo diventare “dopo”.

Così, un pensiero, giusto per dire!

*** Beh, di là – nel blog fotografico – ho riproposto una vecchia foto e qui, insomma, un vecchio pensiero con un mio “graffio” – come l’ha chiamato il mio caro nipotino Dino – Il tempo, mannaggia, il tempo!

Un buon rimedio per… ?

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A proposito, ho una cura strepitosa per il giradito, vi può interessare?

Allora, prendere un ettolitro di acqua calda ma non bollente, scioglierci dentro due etti abbondanti di polvere empirica importata dal Mare dei Caraibi, una pasticca di menta piperita possibilmente effervescente ma non troppo, delle foglioline di alloro di Lampedusa colte esclusivamente in una notte di luna piena, bicarbonato di sodio senza conservanti come nelle ricette della nonna Giulia, aglio, cipolla, sedano, lattuga, cornetti, lamponi freschi, pomodorini pachino, ma quelli di CastrorealeLunga sono i migliori, spine di trota affumicata conservate in un vasetto scuro a prova di luce e un bell’etto di baccalà del mari del nord essiccato al sole della Sicilia Bedda, una canottiera di lana e una di cotone, preferibilmente bianca, un grembiule con la faccina di un porcellino e una mostarda, né dolce, né piccante.

Mescolare con cura il tutto, non senza essersi messi prima la canottiera di lana e verso la fine quella di cotone. Finita la mescolanza, immergere il dito dentro all’impasto che deve avere un aspetto denso ma non troppo e dopo tanta, tanta, tanta pazienza, se il giradito non è guarito, rivolgersi a una casa di cura per le cure del caso.

Astenersi perditempo. Continua a leggere “Un buon rimedio per… ?”

Martina Buzio: “Come è il panorama?”

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E’ la prima volta che mi cimento nella recensione di un romanzo e, lo faccio con un po’ di emozione. Il libro è di una cara amica, Martina, che tanti di voi conoscono, compagna di una bellissima avventura, quella di “The Best Magazine”.

“Come è il panorama?”

Il suo primo romanzo, un esordio fatto in punta di piedi che nessuno si aspettava; scritto l’estate scorsa d’impeto, come se quelle parole fossero state da fin troppo tempo chiuse in un cantuccio e la voglia di spuntar fuori, un bisogno che purifica, un sollievo per l’anima.

Non voglio entrare nel merito del racconto, toccante per certi versi, forse autobiografico o forse no, vorrei parlare piuttosto del suo modo inconfondibile di raccontare con leggerezza, che già conoscevo e che da sempre ho ammirato, parole semplici che l’autrice ci regala in pagine belle che ci accompagnano dalla prima all’ultima, in un battito di ali.

Leggo e così l’ascolto.

E’ un po’ come star lì seduti in un comodo divano uno accanto all’altro, un locale accogliente con le sue luci soffuse e l’ombra tenue e profonda, lei che senza esitazione, con un sorriso, prendendomi per mano mi porta in quel suo mondo fatto di emozioni a me sconosciuto. Parla della vita, e riesce a dipingerla in tutta la sua vera, gioiosa e tragica umana realtà.

Tante scene sovrapposte come in un quadro, fatto di visioni limpide e sfumate allo stesso tempo, tenera e a volte ironica come può esserlo una Fiorentina purosangue, ci mostra l’anima di donna sensibile e di fotografa attenta, coglie il particolare nell’attimo in cui si rappresenta, senza incertezze, sfarzo o costruzione alcuna, così come è, semplice come lo è un tramonto, dove l’unico bagliore è di un sole che gioca a nascondino tra montagne scure che disegnano nel cielo linee nette e sicure.

“Come è il panorama?”

La bella copertina del libro parla di quel tramonto, nel libro se ne parla, in una purezza senza equivoci, che a guardarlo mette un po’ di brividi, per la sua bellezza, forse solo perché è vero.

Un bel libro, davvero, da leggere.

Il suo sito: Martina Buzio

Potete acquistare il libro nelle migliori librerie on line e non solo.

Evvai!!!

* L’immagine che noi riflettiamo…

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E così nell’attesa di nuove ispirazioni ( sì lo so, ogni tanto lo dico, mannaggia, perdono, perdono, perdono… ), vi ripropongo un brano che avevo scritto nel numero di sett./ott. 2010 nella mia rubrica “l’Opinione” di The Best Magazine_#6,  e che mi è venuto in mente leggendo su Repubblica un articolo dal titolo molto emblematico ” Ama il tuo corpo: la diversità è un punto di forza” dove gli autori alla fine concludono ” Magari invece di mirare solo al miglioramento fisico, nel 2016 dovremmo concentrarci sul cambiare i nostri atteggiamenti e comportamenti proprio per quanto concerne la diversità e l’accettazione di noi stessi”. Continua a leggere “* L’immagine che noi riflettiamo…”

Tra un ferro del 12 e l’altro…

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Ieri WhatsAppando un po’ e un po’, ho sentito un’amica blogger con la quale in passato, poi non tanto remoto, ho scambiato un pezzetto di vita.

In effetti, lei mi ha visto nascere tra queste pagine ed era sempre un vero piacere leggere i suoi commenti, alcuni davvero profondi, incisivi e attenti, tant’è che più di una volta, dopo, mi sono stati d’ispirazione per scriverci dei pezzi, ai quali sono particolarmente legato.

Se dovessi fare un’analisi attenta di questi ormai sette lunghi anni di blog, verrebbe fuori un bilancio positivo, sia per tutte le persone che ho conosciuto e le belle amicizie nate nel frattempo, ma soprattutto per quella carica di umanità che loro hanno avuto la capacità di comunicarmi, rendendomi consapevole e ricco al tempo stesso.

Ma navigando, le sorprese non finiscono mai, e magari s’incontra qualcuno che parla di cose che non conosci, e che per tutta una serie di motivi, non sarà mai il caso di approfondire. Ma il suo modo di porle le rende così appetibili che non si può fare a meno di leggerle. Continua a leggere “Tra un ferro del 12 e l’altro…”

Hai torto Caro Vecchioni, la Sicilia non è un’ Isola di Merda.

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E’ così che l’ha definita Vecchioni invitato all’incontro dal titolo “Mercanti di luce” alla facoltà d’ingegneria di Palermo.

Io, come scrisse una volta Luigi Pirandello, sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall’aspra terra natìa circondata dal mare immenso e geloso.

“A me dà fastidio chi parla male della Sicilia, ma ne parla male perché il giudizio non è tale, è mal motivato, è piuttosto un qualcosa di non corrisposto, un risentimento. ”

(Manlio Sgalambro)

Sogno o realtà?

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Non ci sono momenti migliori o momenti peggiori determinati, magari, da situazioni critiche, oppure da particolari scontenti, fatto sta che ogni tanto sento dentro di me una strana voglia di cambiare (che poi, forse, non è neanche la parola giusta…), come se tutto ciò che mi circonda mi stesse stretto, o mi sentissi inadeguato nel viverla, oltre che nell’affrontarla.

Badate bene, non è una fuga da responsabilità o da realtà scomode da affrontare, assolutamente no, anzi, devo dire che per carattere di fronte alle difficoltà, soprattutto le peggiori, do il meglio di me stesso; è invece una sorta di disagio che avverto come se non mi trovassi in quel momento nel posto giusto, come se tutto ciò che faticosamente ho costruito e del quale, a volte, vado fiero, dovesse per una sorta di strano marchingegno ricominciare daccapo.

Capita in momenti del tutto inaspettati, magari come ieri, mentre passeggiavo in riva al lago da solo al mattino presto con un sole pigro che si specchiava nell’acqua e che sembrava finta per quanto era immobile. Sarà stata forse l’aria fredda che entrava nelle ossa, che libera e purifica, sarà stato il cielo azzurro e limpido che veniva voglia di toccare, oppure, forse è quel sentirmi dentro un po’ come uno zingaro, sempre e perfettamente a mio agio in qualsiasi luogo, come se il mondo fosse la mia casa e l’emozione di esserci, una grande liberazione.

E gli affetti, le persone che mi sono care, direte? Porterei tutti con me e come un perfetto padrone di casa, farei vedere ad ognuno le cose nuove da gustare, con il sorriso, con la voglia di scoprirle un po’ per volta, senza però la sensazione di dover ricominciare.

Sogno o realtà?

Chissà, forse un po’ l’uno, forse un po’ l’altro, o forse è soltanto voglia di viverla questa vita, standole al fianco, senza per questo rincorrerla.

*** Uno con tutto quel mare.

Canneto

“Quando tira ponente nel cuore…”

… l’anima si riscalda, perché vado alla ricerca di quel soffio che rimescola il mio modo di sentire e allora guardo il mare come per ritrovare me stesso che, nel frattempo, si era perso senza poter guardare il mare. Quante volte mi sono chiesto cosa avesse da raccontarmi, il mare, quante lotte, quanto dolore, magari quante gioie, quante verità in quel silenzio assorto e solitario; non aspetta altro che essere ascoltato, il mare, allora vedi sguardi che si perdono lontano, canti con voci fioche e rauche di terre nostalgiche e abbandonate, parole sussurrate per paura di far troppo rumore, parole che parlano d’amore, d’amore per il mare. In una notte d’estate, alla luce di una lampara, lasciandomi cullare dal dolce rumore delle onde che accarezzano la barca, alla ricerca di un pesce da pescare, guardo la luce riflessa e in mezzo, tutto quel luccichio, sembrano occhi che mi guardano, che hanno solo voglia di raccontare il mare; poi penso a quel pescatore Santiago, in lui tutto era vecchio, la pelle bruciata dal sole, le rughe come solchi profonde sul viso, le grosse mani tozze e piene di tagli, tranne i suoi occhi, che malgrado il tempo, erano rimasti azzurri, azzurri come il mare; ed è così che i miei occhi si sono persi in un orizzonte che non c’era, da solo sul pontile in un fresco mattino d’estate guardando il mare, più guardo e più sembrava di riuscire a vedere ancora tanto mare. Se penso a qualcuno lontano, lo penso in riva al mare e allora, è quel mare che ci separa e poi ci unisce, la risacca delle onde in riva al mare poi, poi seduto in riva al mare di sera, quando il sole si tuffa per diventare tutt’uno con il mare, sento di esserci dentro anch’io, uno con tutto quel mare.

Immaginate una casa con un tetto piano e una terrazza sopra rifinita come fosse un merletto pitturata di bianco con mani grossolane di calce viva, solo una grande, grossa porta di legno, con sopra tante mani di pittura sovrapposte che si vedono, l’una all’altra, dipinta malamente d’azzurro ed anche un po’ scrostata, e davanti la spiaggia di sassolini bianchi, piccoli, levigati e lisci, e verso la battigia, sempre più fini, con tante conchiglie colorate, che s’intravedono mischiate tra di loro; immaginate l’alba, aprire quella porta, vedere il mare così piatto che sembra quasi finto, i riflessi di luce che si specchiano nell’acqua, lontano due barchette che ritirano le reti, l’aria frizzante al punto che avere indòsso un maglioncino e tenere le braccia intorno al petto è solo voglia di sentire un po’ di caldo, affacciarsi e rimanere senza respiro, per quanto è bello e puro ciò che vedi; immaginate che sulla spiaggia, davanti alla casa, c’è una piccolissima piazzola fatta di sassi sistemati alla rinfusa, con sopra un tavolo lungo in ferro battuto arrugginito, con il piano di cristallo con delle macchie opache forse del tempo, sedersi per consumare un buon caffè, guardarsi negli occhi e senza dire parole sorridere al mattino felici di esser lì e allora, niente più affanni, niente più voglia di scappare, il sole sorge lentamente e lentamente anche il sorriso s’illumina d’immenso, rimanere seduti e non aver voglia più d’alzarsi, scoprire d’aver vissuto quel momento ma d’esserci dentro come se fosse nuovo.

Immaginate!

E dopo tanto comunicare, voglio concedermi un attimo di nostalgia pensando al mare. Sì, come direbbe qualcuno, un nostalgico ritorno.

Esprimersi e comunicare.

Mani

Leggevo l’altro giorno un bel post di Manu e tra un commento e l’altro, a proposito di comunicazione, le dicevo che secondo me non si può comunicare senza esprimersi e viceversa, mentre invece lei riteneva fossero due aspetti opposti. E a supporto della sua teoria, mi portava alcuni esempi: i blog senza commenti comunicano o si esprimono? Io credo entrambe le cose. I libri, i film? Quanto un regista vuole, alla fine, comunicare? E il messaggio che ci arriva, corrisponde alle intenzioni dell’autore?

Innanzitutto parto dal presupposto che in qualsiasi manifestazione l’espressione è sinonimo di comunicazione, nel senso che ci si esprime inizialmente per soddisfare un bisogno interiore, nel quotidiano un bambino che piange per esempio.

Nell’arte, l’intuizione creativa nasce da un’emozione forte e qualunque sia il mezzo per esprimerla, comunica comunque un messaggio, anche se non necessariamente corrispondente a quello che l’artista aveva pensato, sognato, sentito.
Continua a leggere “Esprimersi e comunicare.”

E già, ‘nnagg…!!!

 

Ci sono dei momenti durante la giornata in cui la mia creatività o presunta tale viene stimolata in modo particolare, e uno di questi è la pausa pranzo, se sono da solo in genere vado in un centro commerciale e tra una forchettata e l’altra, guardandomi intorno ovviamente, soprattutto la gente seduta ai tavoli vicini, faccio delle considerazioni che spesso mi portano, dopo, a scriverci delle cose, come in questo caso d’altronde.

Oggi davanti al mio tavolo c’era unì’allegra famigliola e seduto su di una sedia più grande di lui, un bambino che, composto, cosa abbastanza strana visti i tempi d’oggi, mangiava il suo bel piattino di lasagne.

Avrà avuto quattro o forse cinque anni, biondo con i capelli tagliati cortissimi, tant’è che sembrava quasi uno straniero, se ne stava buono buono senza chiedere nulla e finito di mangiare il primo, dopo aver chiamato senza urlare la mamma, la “informa” che ha ancora fame. Nel farlo toglie dalla tasca un fazzoletto di carta e si soffia il nasino. Poi lo rimette in tasca.

‘nnagg…, ho sorriso tra me e me e inevitabilmente mi sono rivisto da piccolino, un bambino a modino che mai e poi mai avrebbe dato del “tu” ad un adulto, pur essendo in casa anche quello che all’occorrenza intratteneva con le sue acrobazie genitori, zii, nonni e parentado vario.

Quanta acqua è passata sotto i ponti, direbbe qualcuno di mia conoscenza, consapevole di aver passato un’infanzia serena, mi domandavo come sarei stato se fossi nato in questa epoca con davanti – non sempre e non per tutti – tutto ciò che un bambino può desiderare, visto che oggi spesso i genitori fanno a gara per esaudirli questi desideri, senza magari chiedersi se sia giusto o meno.

Un tempo la mancanza di qualche “optional” – oggi un ragazzino senza l’Iphone ultimo modello si sente tagliato fuori – si viveva serenamente, no che non ci fossero i capricci o delle richieste fuori dal normale, ma si era abituati a non pretendere più del dovuto, e passato il momento magari con qualche lacrima silenziosa, si andava oltre, accontentandosi alle volte di ciò che si possedeva.

Ma non voglio fare recriminazioni, né tanto meno giudicare; guardavo quel bambino oggi e lo pensavo proiettato così com’era nella mia generazione: un po’ modino, senza pretendere troppo, probabilmente a volte un po’ capriccioso, probabilmente a volte con qualche richiesta fuori dal normale.

Come dire che in fondo anche se si è figli dei propri tempi, tutto dipende sempre da come si è educati e da chi abbiamo intorno a noi.

‘nnagg…!!!