Toccare

Una mostra laboratorio tattile allestita dall’Unione Italiana Ciechi, nella quattrocentesca chiesa di S. Bartolomeo in un paesino in provincia di Bergamo, Albino.

La chiesa, restaurata in modo esemplare, molto bella al suo interno, testimonia con i suoi affreschi di quanto fermento artistico e spirituale ci fosse all’epoca. Da ammirare, il martirio di S. Bartolomeo della bottega del Marinoni, il polittico di Pietro Bussolo e l’opera di maggior valore, l’altare ligneo dorato, restaurato di recente.

La mostra, è un’istallazione “work in progress”, di un gruppo di artisti. “Toccare”, inteso come la percezione strettamente legata all’emozione di un qualcosa che si tocca ma non si vede, quindi che nasce da un moto interiore. E il cammino, al buio e a piedi nudi, aiuta a sviluppare sensazioni che altrimenti chi è abituato a vedere, non conosce.

Era tanto che volevo mettere insieme immagini e filmati girati per l’occasione e finalmente ci sono riuscito. Beh, è passato un annetto nel frattempo, ma come ben sapete, ultimamente i miei tempi si sono ammorbiditi, diciamo così. Quindi, visto che dura anche poco, buona visione.

Pittura fresca!

‘nnagg… sentite per caso odore di pittura?

E già, ci vuole ogni tanto una tinta nuova alle pareti. Ma (…), sento una vocina che dice:  non dovevi parlare della mostra di Andy?

‘nnagg… avete ragione, ma dopo tanto pensare – si sa che se si pensa troppo poi non si conclude nulla – ho pensato, appunto, di rimandare ogni discussione che comportasse un aggravio di pensiero  che, con il caldo che c’è, ci sta alla grande.

Ma siate fiduciosi. Come ho scritto una volta, “intanto penso, rifletto, nel farlo, vedo scorrere immagini che cambiano colore, come su di una girandola che luccica, mossa dal soffio di un alito, più per inerzia che per altro, alla ricerca di un motivo o solamente per capire.”

Già, alle volte le lattine di pittura aiutano.

Appunto!

Mode? Boh!

“Ha molestato una ragazza». E il video del pestaggio diventa virale sui social.

E già, ormai qualsiasi cosa finisce sui social. C’è chi è sempre pronto per farlo: aggressioni, insulti, privacy violata, perfino i latitanti – poi presi anche questo – non riescono a trattenersi, e così postano foto con selfie appassionati, insomma, la mania di protagonismo impazza, ma per cosa mi domando?

Quando ho aperto il blog, e non è poi passato tanto tempo, ho trovato un mondo che aveva voglia di partecipare, sì, il bisogno di essere protagonisti in storie comuni, dove al massimo si parlava male della suocera, ma anche dove il conoscersi, la condivisione, con un pizzico di azzardo che coinvolgeva i sogni, erano l’obiettivo principale. Oggi, blog a parte che proprio per questo sono un po’ in “crisi”, nei social, più o meno quasi tutti, ma per fortuna non ancora per tutte le persone, c’è il gusto dell’esserci anche a costo di fare del male agli altri; un attimo di notorietà, followers a non finire, tronfi nel ritenersi unici, forse.

Che triste realtà che ci circonda!

Evvabè, buon fine settimana e, per favore, almeno il sabato e la domenica, approfittando di un bel sole primaverile, lasciate in pace i Social. Tanto c’è tempo per ricominciare.

Il lunedì!

Ps: il prossimo post sarà dedicato all’arte: Andy Warhol.

L’Aquilone…

E già, l’aquilone… non c’è nulla di duraturo o d’immortale, se non nei pensieri di chi non ha voglia di dimenticare; certo, alle volte si vive solo per un alito, ma quel che resta poi è molto di più e non parlo solo di ricordi che nel tempo sbiadiscono se solo non si coccolano con cura, parlo di quell’immagine che resta impressa nella memoria, indelebile, l’immagine di un viso, di un sorriso, di gesti o di mani che si toccano, l’immagine che non conosce il trascorrere del tempo e che da sola racconta più di qualsiasi altra cosa.

L’aquilone… pensandoci (…), non ho mai corso con in mano un aquilone. Ne ha visti tanti – come questa estate – di mille colori e forme, volare leggeri nell’azzurro del cielo, gli occhi all’insù senza mai perdere un battito di quelle ali, la morbida discesa che dopo una virata improvvisa, riprende forza per poi risalire con più vigore, fiero di esserci ancora e di poterlo dire.

Quel filo che lo lega è come il tempo, che è in ogni minuto che passa, in ogni sensazione che vive, in ogni angolo dei desideri, in ogni frammento delle emozioni, è tutte le volte che si ha voglia di pensare a come viverle ma, anche solo pensarle, è tanto.

 

Sorridiamo, auguri di Buona Pasqua!

Non è certo dei migliori come periodo, ma come giustamente scrive mio padre in questa poesia che alcuni di voi conoscono già, una mano e una carezza possono fare miracoli.

E allora, Buona Pasqua a tutti voi, con il cuore.

Il Merlo ferito

Ho visto un merlo con la gamba rotta,
strillava furente il poverino;
l’ho preso in una mano,
l’ho accarezzato,
e lui riconoscente si è calmato.

Santi

Riflessi!

Tempo fa parlando di arte, dicevo che mi sentivo confuso di fronte a certe performance che con l’arte non c’entravano nulla, oggi, cambiando completamente prospettiva, parlo di questa mia crescente inadeguatezza che provo di fronte a un mondo che non riesce a trovare una via d’uscita.

Egoismo, individualismo, egocentrismo e soprattutto indifferenza, sono le patologie che parlano di una solitudine sociale che sempre di più fa parte di un nuovo modo di essere, di esistere, a cui ognuno di noi nega l’appartenenza, fino a che la rabbia nasce, cresce e si alimenta di violenza dall’aspetto patinato, farcita di belle parole.

L’indifferenza è pericolosa, è una malattia contagiosa che inaridisce gli animi; si vive accettando il meno peggio, perché lo si considera il male minore e in questo, politica e sociale vanno di pari passo. La paura è il coinvolgimento, dover perdere del tempo per interessarsi di cose che riguardano altre persone, perché in caso contrario, diventa tutto una seccatura, che non soddisfa nessun interesse personale.

Oggi è tutto un litigio, in televisione si litiga per fare audience, per strada si litiga per un posto al parcheggio, i politici litigano per il loro predominio, sembra che litigare sia diventato uno sport nazionale e chi riesce a fare la voce più grossa, ha il sopravvento sugli altri.

Si insegna l’odio e la maldicenza, invece che la tolleranza, si predica il rispetto delle regole, che immancabilmente vengono disattese e allora, cosa possiamo aspettarci di buono se l’esempio ci porta da tutt’altra parte?

Forse solo la speranza che chi genera violenza, prima o poi venga emarginato. Ma non con altra violenza. Mai!

Sono mesi che sentiamo parlare di cattivi menzogneri, di cattivi Italiani, sono mesi che assistiamo ad una campagna politica rancorosa e ingiuriosa, dove non si discute più delle idee, ma si attacca la persona solo perché sta dall’altra parte; tutto questo, può mai portare a qualcosa di buono?

Bisognerebbe recuperare i valori che, alla prevaricazione contrappongono il rispetto della vita umana, qualsiasi sia il colore della pelle. L’uomo, oggi, è sempre più ostaggio di una realtà annacquata che pone le sue basi sull’effimero. Tante promesse che non sempre trovano riscontro. Ideali e prospettive concrete si contrappongono al bisogno di percorrere la strada più facile, millantata da un business che non guarda in faccia nessuno, il cui vero scopo è di creare illusioni, perché è più difficile dire che la fatica, l’impegno, la professionalità, il rispetto siano i presupposti essenziali per andare avanti.

Personalmente più che provare pessimismo, provo paura per ciò che può accadere e la paura non è mai una buona compagnia.

Oops!!!

Penso che la cosa più difficile sia entrare nella vita delle persone, che non vuol dire conoscerle, ma farne interamente parte, dividere con loro tutto ciò che c’era “prima”, per poi farlo diventare “dopo”.

Così, un pensiero, giusto per dire!

*** Beh, di là – nel blog fotografico – ho riproposto una vecchia foto e qui, insomma, un vecchio pensiero con un mio “graffio” – come l’ha chiamato il mio caro nipotino Dino – Il tempo, mannaggia, il tempo!

Ri_pensandoci…

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E sì, qui lo dico e qui (non) lo nego, a costo di farlo sapere al mondo intero, se avessi avuto un figlio, avrei voluto una femminuccia.

Oggi ero al mio solito centro commerciale mangiando il mio solito piatto di tagliatelle e davanti a me, nell’altro tavolo, c’era un ragazzo di circa trent’anni, con barba, baschetto da intellettuale con la faccia simpatica che mangiava con la sua piccola, un batuffolino di circa tre anni con gli occhiali, capelli lunghi, maglietta bianca e un visino con due occhetti furbi furbi, che non vi dico. Non stava ferma un attimo, gironzolava intorno alla sedia del padre che, amorevolmente, appena lei finiva il suo piccolo panino, gliene dava un altro.

‘nnagg… com’erano belli!

Inutile dire che quando vedo scene del genere m’intenerisco. Vedere quel trottolino appiccicata addosso al padre mi fa pensare chissà quali momenti non vissuti ahimè, ma che forse mi mancano tanto proprio per questo.

Certo, c’è il rovescio della medaglia da prendere in considerazione: nell’altro tavolo c’erano due ragazze sedute con due ragazzi, adolescenti, che, tra una patatina e l’altra se la ridevano di gusto. Ebbene, pensare che dopo l’avrei dovuta dividere con quel tipo foruncoloso e con la voce baritonale, che mangiava anche con la bocca aperta e rideva come un allocco, beh, la cosa non è che mi facesse tanto piacere, anzi, dippiù, dippiù. Tra i due, lei era senz’altro la più sicura, probabilmente un modo per misurarsi, ma questa è un’altra storia

Chissà, magari sarei stato un papà accomodante, oppure, preso da sacro furore Siculo, un papà geloso e ossessivo; boh, fatto sta che a ripensarci, una femminuccia l’avrei voluta davvero, forse anche un po’ smorfiosetta, ma quel tanto che basta, giusto per stringerla un po’ tra una coccola e l’altra.

Evvabè, ‘giorno, ‘sera, ‘notte, ‘nnagg…!!!

Poesia!

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Soffre

Soffre il bimbo che varca
la soglia della vita,
soffre la mamma
mentre che lo crea,
soffre il nonno
in un letto d’ospedale,
soffre pure l’anziana donna
che invano attende
la figlia che non viene.
E il Cristo soffre in cima alla sua croce.
E soffrono i bambini violentati
e pure quelli che non hanno fame.
Tutti han di che soffrire a questo mondo;
pure la vita soffre quando muore.

Santi

Questa poesia,  mio padre Santi l’ha scritta d’impulso il 12 maggio 1996 in ospedale, dove era stato ricoverato per un infarto, il giorno prima della sua morte, quasi lo sentisse. In suo onore, nel progetto della tomba, ho previsto uno spazio ben visibile, dove ho trascritto la poesia, in modo tale che queste semplici parole potessero far riflettere , anche solo per un attimo, chi andava a trovarlo. L’ho voluta condividere con voi, perché è della vita che ho voglia di parlare, di questa vita che spesso consumiamo senza uno scopo e senza troppe regole.

In effetti, se ci pensate, tutto si svolge come in un film: si nasce, si cresce, per crescere bene, è importante conoscere e imparare e dopo aver imparato, crearsi degli obiettivi, e per realizzare gli obiettivi, combattere per vincere, e una volta che hai combattuto e vinto, diventare qualcuno, altrimenti non sei nessuno e, tutto ciò che hai fatto, non è servito a niente. (… ). Esagero, può darsi, anzi, senz’altro, ma quando apro i giornali del mattino è di storie simili che leggo. Leggo di gente che si affanna alla conquista del potere senza cercare compromessi, senza creare alternative, leggo di giovani che per la fama di un giorno entrano in un supermercato, sparano all’impazzata e ammazzano gente innocente.

Leggo di soprusi, d’ingiustizie, di prevaricazioni, di maldicenze, di malinconiche cronache locali e di queste cose banchettano i giornali, sanno che la gente non n’è mai sazia; sembra quasi che non esista più niente di normale. Una volta si diceva che la famiglia ti trasmette dei valori importanti e che per tutta una vita te li porti dentro. Oggi, dove sono questi valori? A quali valori diamo importanza? Ai valori del profitto, ai valori della prevaricazione, ai valori dell’inutile, del fatuo, dell’apparire, del virtuale. Continua a leggere “Poesia!”