Un serial spaller

Oggi non è nessun anniversario, ma ti scrivo lo stesso perché casualmente, a causa di un commento in spam, sono andata a finire su questo articolo, “E di nuovo anniversario”: l’ho letto tutto, e mi ha fatto effetto questo tuffo nel passato: ah, come sono diverse le cose quando si rivedono a distanza!

Mi ha fatto effetto rileggere quanto fossi arrabbiata, ma poi è sopraggiunta la tenerezza leggendo tutti commenti (81!) perché tanto, gratta gratta, alla fine l’affetto è venuto fuori e si leggeva tra le righe, da una parte e dall’altra.

Ho ritenuto vari commenti degni di nota, ma tra tutti uno mi ha fatto sorridere, quello in cui un commentatore coniò per te il termine “serial spaller”, che dai, secondo me è azzeccatissimo e al contempo affettuoso (che poi, ricordi quando misi le tue spalle come testata del blog?).

Un altro commento però mi ha colpito in pieno petto, quello di una nostra comune amica, che pure lei piena di risentimento dichiarava che mai avrebbe messo una pietra sopra a come era stata trattata. Nei tempi a seguire,  io avrei trattato una persona in modo analogo e, a rileggere le sue parole, a rileggere come si è sentita… beh, tornando indietro non lo farei.

Non che avessi torto, ma la reazione… pubblica, e nei confronti di una donna timida, così schiva, che non ha mai voluto neanche gli auguri in pubblico… beh Arthur, ho sbagliato.

La verità è che il mio avatar non è casuale, e ho pure tante belle qualità ma, quando mi arrabbio, diciamocelo, Hulk “me spiccia casa”.

Certo, la perdita dei nostri cari, la coscienza di quanto tutto al mondo sia effimero e precario, la crisi che stiamo vivendo e che grazie al cielo ti sei risparmiato (quante lacrime davanti ai camion dell’esercito che trasportavano dalla tua Bergamo centinaia di bare in assoluta solitudine!), ricontestualizza tutto.

Davvero, la vita è un soffio, non dovremmo mai dimenticarlo e la ricetta della vita, spesso breve e fuori da ogni possibilità di controllo, dovrebbe essere un mondo di solidarietà, comprensione, sostegno reciproco: il paradiso e l’inferno sono dentro di noi.

Riflessi!

Tempo fa parlando di arte, dicevo che mi sentivo confuso di fronte a certe performance che con l’arte non c’entravano nulla, oggi, cambiando completamente prospettiva, parlo di questa mia crescente inadeguatezza che provo di fronte a un mondo che non riesce a trovare una via d’uscita.

Egoismo, individualismo, egocentrismo e soprattutto indifferenza, sono le patologie che parlano di una solitudine sociale che sempre di più fa parte di un nuovo modo di essere, di esistere, a cui ognuno di noi nega l’appartenenza, fino a che la rabbia nasce, cresce e si alimenta di violenza dall’aspetto patinato, farcita di belle parole.

L’indifferenza è pericolosa, è una malattia contagiosa che inaridisce gli animi; si vive accettando il meno peggio, perché lo si considera il male minore e in questo, politica e sociale vanno di pari passo. La paura è il coinvolgimento, dover perdere del tempo per interessarsi di cose che riguardano altre persone, perché in caso contrario, diventa tutto una seccatura, che non soddisfa nessun interesse personale.

Oggi è tutto un litigio, in televisione si litiga per fare audience, per strada si litiga per un posto al parcheggio, i politici litigano per il loro predominio, sembra che litigare sia diventato uno sport nazionale e chi riesce a fare la voce più grossa, ha il sopravvento sugli altri.

Si insegna l’odio e la maldicenza, invece che la tolleranza, si predica il rispetto delle regole, che immancabilmente vengono disattese e allora, cosa possiamo aspettarci di buono se l’esempio ci porta da tutt’altra parte?

Forse solo la speranza che chi genera violenza, prima o poi venga emarginato. Ma non con altra violenza. Mai!

Sono mesi che sentiamo parlare di cattivi menzogneri, di cattivi Italiani, sono mesi che assistiamo ad una campagna politica rancorosa e ingiuriosa, dove non si discute più delle idee, ma si attacca la persona solo perché sta dall’altra parte; tutto questo, può mai portare a qualcosa di buono?

Bisognerebbe recuperare i valori che, alla prevaricazione contrappongono il rispetto della vita umana, qualsiasi sia il colore della pelle. L’uomo, oggi, è sempre più ostaggio di una realtà annacquata che pone le sue basi sull’effimero. Tante promesse che non sempre trovano riscontro. Ideali e prospettive concrete si contrappongono al bisogno di percorrere la strada più facile, millantata da un business che non guarda in faccia nessuno, il cui vero scopo è di creare illusioni, perché è più difficile dire che la fatica, l’impegno, la professionalità, il rispetto siano i presupposti essenziali per andare avanti.

Personalmente più che provare pessimismo, provo paura per ciò che può accadere e la paura non è mai una buona compagnia.