Saper vedere.

Ieri entro in un bar per bere un caffè e mentre aspettavo il mio amico, guardando la porta che c’era appena dietro la cassa, mi chiede: “Che legno è secondo te?”

Mi avvicino di qualche passo, guardo attentamente la porta e con la mano cerco di sentirne le venature e mentre che lo faccio, mi sento dietro le spalle apostrofare dal padrone del bar:

“Vuole anche le chiavi di casa visto che c’è? No, perché, beh insomma, se vuole entrare magari può anche andare a vedere le camere, il televisore che ho nel soggiorno, può accomodarsi sulla mia poltrona preferita.”

Mi giro e meravigliato lo guardo; lui mi guarda e con un sorriso un po’ tirato, riprende con la cantilena di prima.

Sinceramente non sapevo cosa pensare e preso alla sprovvista, dopo un velocissimo scambio di sguardi con i miei amici anche loro stupidi per quelle parole, rispondo a mia volta: “No, grazie, mi accontento di vedere la porta di casa sua.”

Mi guarda fisso, gira le spalle, e si mette a preparare i caffè.

Ecco, mi domando, perché quell’arroganza? Quel tono, quel sarcasmo, erano fuori misura, tra le altre cose la porta in questione era proprio lì a portata di mano, e quindi, perché?

Saper vedere le cose, saper vedere le persone, saper vedere se stessi in mezzo agli altri, com’è difficile!

Già, è forse la cosa che più d’ogni altra sto imparando a fare in quest’ultimo anno passato nel virtuale; niente gesti, niente sguardi, niente sospiri silenziosi, l’eco di pianti o di risate, solo parole, fiumi di parole, dove ogni virgola, ogni pausa parla dell’altro lontano mille miglia, tanto che dopo un po’ sembra anche di vederlo, di coglierne i tratti, di un viso che si è soltanto raccontato.

E allora, beh, eccomi anch’io qua, l’avventura incomincia, o forse, per quanto mi riguarda, è meglio dire, l’avventura continua, pronti, un attimo che mi metto in vetrina, sotto a chi tocca!